Dopo la meravigliosa… "appropriazione indebita" degli stilemi ladini da parte di Antonella Ruggiero in "Cjantâ Vilotis", ecco che sotto l'egida della Libera di Roberto Colombo esce un nuovo progetto destinato a far molto parlare di sé.
Sonja Venturi, origini moenesi e bella voce, calda ed espressiva, con "Son ladina (e no l saeve)" è in realtà al terzo CD, ma non si può non ricordare la sua partecipazione anche alla pietra miliare dei
Marascogn "L poet e la vivana".
Questo disco propone un buon pop melodico di sicura presa e indiscutibile raffinatezza, condotto dall'affidabile mano di Colombo che, oltre a produrre, suona tastiere e piano; tecnicamente inappuntabili i musicisti coinvolti: Paolo Costa (basso), Ivan Ciccarelli (batteria), Marco Colombo (chitarre), e tutti gli altri. Comunque varie le sette composizioni qui raccolte: predominano gli accenti malinconici in "El bel del doman", a firma di Luciano Jellici del Garber e Fabio Chiocchetti, impreziosita dall'inconfondibile voce della Ruggiero. Analoghi languori in "A ti…", scritta dalla stessa Venturi; special guest Dana Gillespie, che ritroviamo peraltro nella successiva "Via pura": il tono si fa ora più lieve e allegro, a cominciare dalla simpatica ironia del testo di Chiocchetti ("scusame, cognoscede la 'Via Pura'?", laddove quella non è una strada, ma un'espressione idiomatica moenese che significa 'fa lo stesso, pazienza'). Qui l'eclettismo musicale del lavoro si concretizza in tocchi country & bluegrass. Trasuda lietezza e baldanza "El giat de Roncac", con una spigliata ritmica ai confini del soft rock; si torna in territori introspettivi col mio pezzo favorito, "Dolasila", anch'esso scritto da Chiocchetti: grande la forza suggestiva, cui concorre anche l'Hammond. Nostalgici richiami e briose rifiniture in "La piövia" (musica dell'ex-Marascogn Mario Färber), molto
ethnic-oriented; quantomai intensa l'interpretazione dell'"Ave Maria" di Bepi de Marzi.
Giova rimarcare che il cantato della Venturi si adatta a pennello tanto agli episodi più drammatici, quanto a quelli più giocosi. Magari la cifra totale dell'opera è meno 'avventurosa' rispetto, che so, a un
Gianfranco Grisi, tanto per citare un'altra produzione scaturita dalla stessa temperie culturale. Nondimeno fra i meriti da ascrivere a "Son ladina (e no l saeve)" vi sono l'ottima scelta di sonorità, l'incisione eccellente e il generale clima di grande garbo e buon gusto, e infatti il CD si ascolta e si riascolta sempre con piacere. Un lavoro che, se debitamente pilotato, potrebbe sdoganare il mondo ladino presso il grande pubblico.
Contatti: www.istladin.net.

Francesco Fabbri - giugno 2010

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