Non sempre le cose belle della vita te le ritrovi spiattellate davanti agli occhi. Anzi, i cultori dell'underground musicale sanno da tempo quanto sia inutile cercare certi capolavori nel superstore megagalattico, ma proprio per questo la soddisfazione di poterli infine ascoltare è ancora maggiore.
"L lech, l bosch, l'ercabuan" fa parte a pieno titolo di tale novero. Generato da quella fucina di idee che è l'
Istitut Cultural Ladin, il CD lascia davvero a bocca aperta per la maiuscola straordinarietà di ogni singolo dettaglio. Prendendone in mano il libretto si viene subito conquistati dal magnifico tratto di Milo Manara, che ha saputo così bene interpretare le narrazioni popolari dolomitiche. Già, questo è il tema dell'opera: le leggende riguardanti il lago di Carezza e il gruppo del Latemar, il tutto shakerato col racconto di Dino Buzzati "Il segreto del bosco vecchio". Tale corpus è stato poi plasmato dalle sapienti mani di Fabio Chiocchetti, il quale ne fece inizialmente lo spettacolo "L segret del lech de l'ercabuan". La riproposizione firmata Gianfranco Grisi si snoda in quasi cinquanta minuti di autentica estasi sonora, in cui nulla è lasciato al caso.
Una fulgida gemma è ad esempio il baldanzoso tema di "Tel bosch de la Tomèra", che apre e chiude il disco: fra Kronos Quartet e Penguin Cafe Orchestra, già sono delineate alcune delle preziose peculiarità. Un carezzevole flauto simil-canterburiano domina l'"Arieta de la Vivènes". Quanto sono sofisticate e raffinate le melodie! Ma eccoci al primo pezzo dedicato a "L lech de l'ercabuan", il lago dell'arcobaleno: "L Strion e la Vivèna". I ghirigori pianistici di Grisi (che nel disco si cimenta anche alla concertina e al salterio) sono quantomai ammalianti, e l' eccellente voce di Noemi Iori ci trasporta in una magica, fiabesca dimensione. La malinconia de "La cianzon del Vent Ostran", accentuata dal mandolino, è contrappuntata dalla giocosa vivacità de "La cianzon del Tone Vagere", mentre sa di antico, di corti rinascimentali, di cavalieri, di epicità, il saltarello di "Sautarel di Morchies". Andando avanti, notevole la "Gavota de Pierùcol", dai bei ricami flautistici quasi barocchi; il concept si fa drammatico ne "La sentenza del Tribunal del Bosch", con gli epici, apocalittici accenti sviluppati dal connubio pianoforte-voce; tale registro viene mantenuto ne "La Stria de Majaré", seconda
tranche dedicata al lago dell'arcobaleno: ben interagisce, con Grisi e la Iori, il flauto di Monica Modena. I quasi sei minuti dello strumentale "Encanteisem" racchiudono soavi motivi, e la parte finale del concept ("I colores maraveousc") si segnala per le incantevoli armonizzazioni.
Gli ispirati testi di Fabio Chiocchetti sono perfettamente inseriti nel tessuto musicale di questo lavoro garbato, bilanciato in maniera ideale fra antico e moderno, fuori dalle effimere tentazioni di ciò che è in voga. Un disco assolutamente 'progressivo', che verrà amato dai fans di Pierrot Lunaire, Galadriel, Finisterre. Un'opera esemplare anche sotto il profilo formale: oltre ai già citati musicisti, troviamo Pino Angeli (chitarra), Alessandro Boni (mandolino, chitarra), Franco Giuliani (mandolino, bouzouki, chitarra) e Rossana Caldini (violino, viola); al banco di registrazione il solito Marco Olivotto, ormai una garanzia. Un disco elaborato, ma sempre assai fruibile: in ciò consiste la sua vera forza.
Contatti:
www.istladin.net.

Francesco Fabbri - marzo 2010

Nella fiabesca conca di Gardeccia, nel cuore del dolomitico gruppo del Catinaccio, lo scorso 22 luglio ho avuto modo di assistere a un avvenimento davvero eccezionale: la versione, in chiave teatrale, del magnifico concept di Gianfranco Grisi e Fabio Chiocchetti "L lech, l bosch, l'ercabuan".
Al fine di rendere per me ideale tutto l'evento, ho pensato di raggiungere Gardeccia in mountain bike, partendo direttamente da Moena. La giornata, almeno giù in valle, è assai calda e afosa, come da standard di tutto il mese. Cadenzo con regolarità il colpo di pedale lungo le rampe della strada, asfaltata sì ma ripidissima, specie nella parte iniziale e in quella finale. Arrivo comunque largamente in tempo, ossia poco prima delle 12,30: il gruppo sta provando. Malgrado non l'avessi mai incontrato di persona, subito individuo il Maestro Grisi: cespite di capelli simil-branduardiano, camicione bianco e discreta mole, parrebbe quasi una sorta di… Sai Baba in musica. Ma quando ci parli insieme, scopri subito di non avere a che fare con un distaccato santone, bensì, al contrario, con un personaggio estroverso e molto disponibile al dialogo, davvero simpaticissimo. Entro immediatamente in sintonia con lui, e mi descrive il suo percorso musicale, le sue aspirazioni e, perché no, anche le difficoltà legate al portare in quota un
happening del genere.
Dopo una doverosa pausa… manducatoria per tutti quanti (me compreso), alle 14 lo spettacolo ha inizio. L'aria dei 2000 metri è frizzante, e sopra di noi il sole non dardeggia più, ma nel contempo non c'è un temporale imminente: la situazione è perfetta. Rispetto al CD (che peraltro, nella genesi del progetto, viene dopo), la giusta scelta di introdurre la figura di un narratore/coprotagonista delle vicende esposte, assolve alla duplice esigenza di legare al meglio le parti musicali, e nel contempo di 'volgarizzare' (in senso buono) il racconto per la maggioranza degli astanti, grazie all'uso della lingua italiana. E qui va subito tributato un doveroso plauso all'attore Paolo Vicentini, capace di reggere con naturalezza e senza esitazioni i lunghi raccordi recitati in cui è egli da solo a occupare la scena, catalizzando l'attenzione sia quando interpreta il pastore innamorato della bella Vivana, sia quando si cambia d'abito e diventa lo stregone di turno. Mirabilmente eseguite le parti musicali dello show, che già conoscevo da quando recensii il CD. Il trasversale, onnivoro talento di Gianfranco Grisi è fuori discussione, e le sue trame al pianoforte caratterizzano con mano sicura i brani che via via si dipanano, col prezioso contributo delle tessiture dei compagni d'avventura dell'ensemble Neuma: Elvio Salvetti (chitarra), Alessandro Boni (mandolino), Franco Giuliani (mandolino, bouzouki, chitarra). Belle e brave le due donzelle presenti: Monica Modena, col suo flauto, dialoga al meglio con le armonie di Grisi, e il connubio non può che entusiasmare uno come me, fanatico del prog elegiaco della Locanda delle Fate. Un discorso a parte merita la cantante Noemi Iori, la quale, fassana di Alba di Canazei, in un certo senso gioca in casa: ottima la presenza scenica, sicura l'intonazione, costantemente gradevole l'interpretazione. Dopo Angela Chiocchetti dei
Marascogn, il folk ladino progressivo ha trovato una nuova, luminosa realtà! In confronto al disco, il sound moderatamente elettrico del gruppo subisce qualche ovvia semplificazione timbrica, ma ciò non si nota più di tanto.
Dopo un'ora esatta, le fate, gli stregoni e i musici si ritirano. Il pubblico applaude caloroso, soddisfatto della performance sulla cui bontà ha certo influito l'incanto del luogo, ma è l'operato dei diretti protagonisti ad averlo reso veramente magico. Mi trattengo un po' a salutare e ringraziare tutti per le emozioni donateci, e porgo i complimenti all'imprescindibile Fabio Chiocchetti per il suo eccellente lavoro coi testi. Poi inforco la bici: mi aspetta un'inebriante discesa a valle, e la consapevolezza che i miei sogni delle prossime notti saranno allietati dalle crode del Catinaccio, dalle leggende dolomitiche e da paradisiache melodie…

Francesco Fabbri - novembre 2010

(Chi, non presente, volesse farsi una piccola idea dello spettacolo, o chi, presente, intendesse rivivere quei bei momenti, può approfittare di questi quattro estratti che ho ripreso io stesso e poi caricato su YouTube:

www.youtube.com/watch?v=R-2AKegR0yY
www.youtube.com/watch?v=OPfZoJEyUT8
www.youtube.com/watch?v=a0r5EJ33dlg
www.youtube.com/watch?v=O8CX8RYBjsY

E' il caso di precisare che qualità video e audio sono assolutamente amatoriali.)

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