XV: Fontanazzo - Val di Dona - Camerloi - Ponsin - Camerloi - Dociuril - Val d'Udai - Mazzin
(a piedi)

Alla gita precedente sono seguiti alcuni giorni di maltempo. Le previsioni meteorologiche, però, danno per oggi, 1 settembre, una nuvolosità in rapido diradamento nel corso delle ore. Certo è che, quando mi sveglio al mattino, il cielo è del tutto coperto, senza il benché minimo squarcio di sereno. Però si tratta di nubi alte e abbastanza chiare, dunque non troppo minacciose. Che fare? Ben presto prevale in me il desiderio di partire, confidando nell'esattezza delle previsioni. Il braccio lussato va sempre meglio, e per questo avevo provveduto nei giorni scorsi ad autoridurmi l'ingessatura: con un coltello seghettato, pazienza e... un po' di sudore freddo, mi ero artigianalmente liberato il polso, ricavandone grande sollievo, devo dire. Ma il gomito, ovvio, deve rimanere ancora bloccato; non potendo guidare, anche stavolta prendo i servizi pubblici. Vuoi per la bassa stagione, vuoi - soprattutto - per le incerte condizioni atmosferiche, la corriera su cui salgo è quasi vuota. Fra le poche persone presenti noto un unico gitante, "coraggioso" e solitario come me. E' giocoforza l'attaccare discorso, così da ingannare il tempo del viaggio e scambiarci pareri sulle reciproche escursioni. Lui, un pesarese sui cinquant'anni e un bel curriculum montanaro alle spalle, sta andando nella zona dell'Ombretta: essendo molto vicina alla Marmolada, sarebbe meglio frequentarla con tempo stabile, poiché le cospicue altitudini catturano come calamite le nuvole. Gli faccio dunque i miei auguri, poi scendo a Fontanazzo, dove comincia il sentiero 577 che risale la Val di Dona, ovvero l'unico intaglio laterale del gruppo del Catinaccio che fin qui non avevo mai percorso. La mulattiera è comoda ma subito ripidissima. Il freddo e l'umido mi entrano nelle ossa, quindi provvedo a scaldare i muscoli camminando spedito. Guadagno quota rapidamente, inoltrandomi in un fitto bosco che a un certo punto si apre in una bella radura dove trovo una baita e un tabernacolo. Più in alto, non di rado il fondo della stradina presenta un acciottolato che ben si inserisce nel contesto naturale. Procedo senza soste; la vegetazione si sta progressivamente diradando e lo sguardo si apre, o, per meglio dire, si aprirebbe: le nuvole mi coprono tuttora qualunque visuale sul panorama circostante. Giungo in fretta ai 2200 metri dell'ampia spianata di Camerloi, ingentilita da un paio di cascatelle formate dal Rio di Dona e punteggiata da vecchie e caratteristiche baite. Di una, in particolare, mi attira un parapetto artisticamente lavorato.

Baita con artistica ringhiera
presso Camerloi

Un tratto acciottolato lungo la Val di Dona

Il crinale del Ponsin è lì, alla mia destra; fra la basse nubi ogni tanto emerge la croce di vetta. Come previsto, non c'è un vero sentiero che porta in cima, ma solo delle tracce che, dove mi trovo ora, risultano pressoché invisibili. Seguo allora la logica alzandomi il più possibile verso il Passo delle Ciaregole, e devio poi a destra fino a raggiungere il crinale. Sono immerso nella nebbia più fitta e non vedo a un palmo dal naso. Per fortuna non ci sono veri pericoli, e mi basta seguire i saliscendi prativi senza farmi prendere dalla fretta. La visibilità si riduce ancora, ed è adesso valutabile in una decina di metri, non di più... La croce scompare spesso, pertanto devo procedere a intuito. Ma, alla fine, quasi all'improvviso si materializza il promontorio della vetta! In pochi minuti raggiungo la grossa croce, e mi fermo per riposarmi dalla veloce cavalcata. E' inutile precisare che sono in totale solitudine; mi sento davvero molto soddisfatto per avercela fatta, malgrado la zavorra del gesso al braccio. Dai 2283 metri del Ponsin si dovrebbe godere un bel panorama, però non chiedetemi oggi cosa vedo da qui, perché la risposta sarebbe facile: il nulla assoluto! Ogni tanto, giù in basso, le folate di vento ascensionale liberano degli squarci sulla Val di Fassa, e gli agglomerati delle case mi fanno intuire i paesi di Fontanazzo, Campestrin, Mazzin, Pozza e Pera, ma in alto la situazione è veramente... nebulosa, e non riesco neppure a distinguere la sagoma del vicino gruppo del Sassolungo. Pazienza; ho già fatto tantissime gite con orizzonti nitidi, e ora sono felice di vivere emozioni diverse. Il bianco abbacinante che mi circonda è quantomai singolare, e il perdere i punti di riferimento ha il suo fascino. Pare di vivere dentro un film gotico, e chissà che dalla nebbia non si materializzi qualcosa... Mi tornano in mente varie scene del mio amato cinema di genere, intanto che mangio; poi do un'occhiata all'orologio: è quasi mezzogiorno, e mi domando in maniera prosaica se le previsioni meteorologiche non abbiano definitivamente 'toppato' per quest'oggi, vista l'inalterabilità della situazione. Scatto qualche foto, poi ripercorro all'indietro il crinale.

La croce del Ponsin avvolta
in una fittissima nebbia

Panorama nullo dal Ponsin

Sotto di me, dai prati si alzano i frequenti fischi di una marmotta. L'erba non è molto alta e non vi sono troppi anfratti nel terreno: aguzzo gli occhi e scorgo il simpatico roditore nella classica posizione di vedetta. Ritornato presso le baite di Camerloi, faccio un veloce inventario delle mie energie, del tempo trascorso e delle condizioni atmosferiche. Ebbene, a dispetto dei 900 metri di dislivello già superati mi sento in forma; è ancora presto e, in più, finalmente il cielo va rasserenandosi. Non ho quindi un attimo di esitazione e mi lancio verso la mia seconda vetta della giornata: il Dociuril, poco più basso del Ponsin e ubicato dalla parte opposta rispetto alla Val di Dona. Raggiungerne la sommità è cosa piuttosto agevole, in quanto basta rimontare un paio di scarpate erbose e poi seguire il crinale che in breve culmina nel punto di maggiore altitudine. "Due cime nello stesso giorno in perfetta solitudine e con un braccio fuori uso tenuto al collo: l'impresa non è da poco!", dico a me stesso.

Il Dociuril dal crinale del Ponsin

Sul Dociuril, seconda vetta della giornata!

Anche il cielo, bontà sua, pare volersi complimentare: squarci sempre più grandi di azzurro concedono alla mia vista di spaziare sulle montagne circostanti. In maniera abbastanza nitida ecco che riesco adesso a riconoscere la Crepa Neigra, il Collac e il Gran Vernel, mentre il Sassolungo e la Marmolada, pur distinguibili, hanno la vetta ancora avvolta dalle nubi, e lo stesso vale per il Sella; notevole, invece, il colpo d'occhio sui più vicini Dirupi di Larsec e sul dirimpettaio Ponsin. Mangio e mi riposo, poi scatto delle foto e giro un paio di videoclip, mentre il sole riesce a farsi largo nel blu.

Il lungo crinale del Ponsin
dalla cima del Dociuril

In vetta al Dociuril. Sullo sfondo,
fra le nuvole, il gruppo del Sella

Ma comincio a pensare all'itinerario di rientro: grazie al fatto di aver utilizzato la corriera, non sono vincolato a tornare lungo il percorso dell'andata, e decido così di fare una significativa variante. Sceso il crinale del Dociuril, imbocco la stretta e incassata Val d'Udai. Il sentiero è molto ripido e, nelle mie condizioni, risulta davvero impegnativo. Il conoscerlo già mi aiuta, ovvio, ma vi garantisco che, in un paio di passaggi con roccette, il fare acrobazie per non usare il braccio sinistro non è stato poi così elementare... Da un certo punto di vista, anzi, sento che quest'anno ho dovuto dar tutto me stesso qui, più ancora che nelle due alte vie attrezzate dei Monzoni e della Vallaccia! Ad ogni modo, senza paure inutili e soprattutto senza quella fretta che sarebbe davvero cattiva consigliera, oltrepasso con tranquillità i tratti 'topici', avendo pure il tempo di ammirare le belle foreste e le rocce verticali del Larsec, da cui precipitano alcune cascate: una di esse è oltremodo spettacolare, dato il considerevole salto che supera. Quando arrivo a Mazzin, il sole ormai radente accende di un verde quasi dorato i prati sotto il Ponsin.

Pomeriggio inoltrato sui prati
sopra Mazzin. Sullo sfondo il Ponsin

Un'alta cascata nella Val d'Udai

E' ancora presto per il pullman; ne approfitto per passare all'Ufficio Turistico a prendere qualche poster, poi do un occhiata ai banchetti del mercato. Mi rilasso infine sull'erba e mangio un pezzo di cioccolata, attendendo il servizio che mi riporterà a Moena.

[Dolomiti 2004]