XIV: Predazzo - Maso del Pinzan - La Soposa - Monte Mulat -
Bait de le Vedele - Val di Viezzena - Zaluna - Predazzo
(a piedi)

Verificata la bontà della mia condizione generale nella precedente gita del Labirinto, due giorni dopo decido di intraprendere un'escursione ben più impegnativa dal punto di vista fisico, malgrado la 'zavorra' costituita dal braccio ingessato al collo. Il Monte Mulat, altura boscosa sovrastante Predazzo, mancava ancora al mio palmarès: dato che, sulla carta, la gita non presentava particolari problemi tecnici, ho pensato che sarebbe stata una buona idea affrontarla ora. Chiaramente non posso guidare, dunque mi servo della corriera. Sono da poco trascorse le nove quando comincio a camminare nel centro di Predazzo, fra belle case antiche spesso decorate da affreschi popolari. Individuata la via da cui poi comincia il sentiero 659, affronto subito un'ascesa ripidissima, lungo la quale devo cadenzare il passo. Però mi sento bene e le energie non mi mancano; il raffreddore è ormai sparito del tutto e dunque posso respirare a pieni polmoni l'aria frizzante del mattino. Guadagno quota con rapidità dentro una folta abetaia. La giornata è variabile dal punto di vista atmosferico e non fa caldo, tuttavia l'erto sentiero mi sta già facendo sudare abbondantemente. Supero la zona del Maso del Pinzan; come previsto non vi sono difficoltà né problemi di orientamento, ma... ho parlato troppo presto: a un certo punto mi ritrovo davanti a un imprevisto che potrebbe condizionare irrimediabilmente la gita. C'è un'ampia area dove è stato eseguito un cospicuo disboscamento: grossi rami e interi alberi sono sparsi un po' dappertutto. Non scorgo più alcun segnavia e, quel che è peggio, questi ostacoli naturali mi impediscono di procedere. In condizioni normali, aiutandomi con le braccia avrei scavalcato agevolmente una simile distesa legnosa, ma ora mi ritrovo a malpartito. Posso usare solo il braccio destro e non devo assolutamente perdere l'equilibrio, pena, magari, un infortunio peggiore... Mi fermo e cerco di ragionare. Individuo, a logica, il punto in cui il sentiero verosimilmente riprenderà al di sopra dell'area disboscata. Provo ad aggirare gli alberi più grossi, e dopo qualche esitazione riesco infine a superare lo sbarramento. Ho perso un po' di tempo, ma ce l'ho fatta, pur in condizioni fisiche menomate! Per fortuna non incontro altri problemi, anche se la salita rimane fisicamente impegnativa. Il braccio all'interno della doccia è ormai fradicio di sudore, e mi sembra che il gesso pesi un quintale. Pazienza: ce l'ho legato al collo, dunque il fastidio è sopportabile. In prossimità de La Soposa, a quota 2000 metri, il bosco lascia il posto a una radura prativa al di là della quale lo sguardo può correre sulle Pale di San Martino, che oggi, a dire il vero, rimangono un po' immerse nella foschia. Supero o aggiro alcune anticime, taglio in orizzontale un costone che richiede un briciolo di cautela in più, finché, non lontano da me, scorgo la croce di vetta.

Bel rustico con affresco a Predazzo

L'ultimo strappo prima
della cima del Monte Mulat

La mia fatica sta dunque per terminare, quand'ecco che faccio un inatteso, piacevole incontro. Giunto su un dosso, a una trentina di metri noto la sagoma di un animale. Sembra un cane, ma c'è qualcosa di diverso: la taglia medio-piccola, il pelo fulvo e le orecchie grandi a forma di triangolo mi fanno capire che si tratta di una volpe! Con studiata lentezza provo ad afferrare la macchina fotografica, ma in un batter d'occhio la bestiola è già scappata, rifugiandosi chissà dove. Un ultimo strappo e sono in vetta al Monte Mulat, a quota 2150: per superare i quasi 1150 metri di dislivello da Predazzo ho impiegato appena due ore e mezzo, mentre le guide indicano un tempo di 3,30-3,40. Sono dunque legittimamente soddisfatto della mia prestazione, tenendo poi conto dell'impaccio procurato dal braccio ingessato.

In vetta, nonostante il
braccio ingessato!

La croce sulla cima del Monte Mulat

La solitudine e la più totale tranquillità mi avvolgono nelle loro morbide braccia, mentre il vento mi culla dolcemente. Il fresco mi induce a indossare in fretta la giacca delle tuta, poi posso pensare a mangiare. Diverse nuvole si rincorrono nel cielo, ma la giornata non è poi così brutta, pur essendo pregiudicata la visione nitida delle molte montagne circostanti. Devo quindi fissare l'occhio sulle varie catene e attendere con pazienza un perlomeno parziale diradamento, però alla fine riconosco tutto: il Catinaccio, il Sassolungo e la Vallaccia dalla parte della Val di Fassa; il Latemar, il Cornon e i Lagorai verso la Val di Fiemme. Firmo il libro di vetta, poi mi riposo ancora, scatto alcune foto e giro un paio di videoclip.

Il gruppo del Latemar dal Monte Mulat

Il gruppo della Vallaccia e la
Costa di Viezzena dal Monte Mulat

La mia traversata riprende scendendo sul lato opposto del Mulat, lungo la cosiddetta Costa di Viezzena, ossia un percorso di crinale che, se condotto fino in fondo, porterebbe appunto in cima alla Viezzena (che io ho già salito nel 1989). Belle praterie si stendono a perdita d'occhio, ingentilite da una lussureggiante vegetazione: tra fiori e funghi di ogni tipo è un autentico tripudio di colori, e in particolare domina l'Amanita muscaria, che come tutti sanno è un fungo velenoso, però stupendo dal punto di vista estetico.

Due magnifici esemplari
di Amanita muscaria

Una Carlina acaulis, con le tipiche
foglie spinose disposte a raggiera

Abbandono la Costa di Viezzena in prossimità della Malga delle Vacche e giro a destra. Poco dopo giungo al Bait de le Vedele, dove incontro le prime persone della giornata: due donne che presumibilmente stanno lì. Chiedo informazioni sul prosieguo del 659 oltre la loro radura, e mi vengono indicati alcuni paletti bianco-rossi infissi nell'erba. Non mi sfugge un leggero squadramento operato sul sottoscritto, ma capisco che non capita tutti i giorni di incontrare escursionisti solitari col braccio ingessato al collo... Imbocco la meravigliosa Val di Viezzena, in fondo alla quale posso già scorgere le poche case di Zaluna. Il tempo è decisamente migliorato e il verde si fa più acceso. Alla mia sinistra il Rio di Viezzena canticchia allegramente, e io con lui.

La Val di Viezzena verso Zaluna

Gli ammalianti colori del Rio di Viezzena

Affronto la lunga discesa senza furia e non ho alcun problema; arrivato a Zaluna, scavalco la Statale per Bellamonte e raggiungo la sterrata che gli corre parallela, leggermente più in basso. Rientro infine a Predazzo: è ancora presto per il pullman che mi riporterà a Moena, dunque ho tutto il tempo di comprare la consueta cartolina per la mia collezione e di andare in panificio a prendere una pasta, che poi consumo nella piazza del paese ripensando alle vive emozioni che ho provato quest'oggi.

[Dolomiti 2004]