V: Varena - Sentiero Naturalistico - Monte Cucal - Pozzole - Vaiola - Varena
(a piedi)

L'ascensione allo Schenon del Latemar ha comportato, per me, un notevole dispendio di energie psicofisiche; per la gita successiva sento dunque il forte bisogno di rilassarmi e di approfondire aspetti completamente diversi della montagna. Chi percorre in macchina la Val di Fiemme non può non notare il Monte Cucal, una piramide boscosa sulla destra orografica, esattamente a metà strada fra Tesero e Cavalese. Benché di modesta altitudine (1704 metri), tale mèta è senz'altro consigliabile a chi voglia respirare i profumi della Natura, ammirarne le forme e i colori più disparati, goderne scorci panoramici davvero degni di nota. Il tutto lontano dal vociante rumorìo dei luoghi turisticamente "in". Data la sua regolare conformazione, il Cucal è tranquillamente abbordabile da ogni lato. I sentieri sono comodi e numerosi: basta scegliere. Ma l'itinerario destinato a riservare le maggiori soddisfazioni è, con ogni probabilità, quello seguito da me, con partenza da Varena, grazioso e caratteristico paesino sopra Cavalese. Passato il campo sportivo, mi inoltro nel bosco e, quasi subito, dei cartelli segnalano l'inizio del Sentiero Naturalistico, un interessantissimo percorso dotato di vari "stop" con descrizioni esplicative. Non ho fretta, per cui mi soffermo volentieri a leggere tutto quanto, gustandomi dei particolari che, di norma, non ho modo di sviscerare nelle 'normali' escursioni. In debole salita, la stradina si inoltra nel verde. Dopo i larici, mi immergo in una folta pecceta: i secolari, altissimi abeti rossi rinfrescano il mio cammino, disegnando fantasiose ombre sul terreno e sugli oggetti circostanti. Ora mi trovo davanti a un masso erratico, ossia un blocco roccioso che il ghiaccio ha anticamente trasportato lontano dal luogo di origine. Finita la glaciazione, la grossa pietra è rimasta isolata a valle.

Nel bosco del Cucal: l'ossigenante pecceta

Il masso erratico lungo il Sentiero Naturalistico

Laddove il sottobosco è buio e umido, a predominare sono i vegetali più semplici, come equiseti, felci, muschi e così via, anche se è lecito supporre che il ridotto bilancio idrico degli ultimi anni, sempre più caldi, fatalmente altererà certi equilibri. Prova ne sia che una tabella del percorso indicherebbe il Rio Gambis, ma il ruscello non esiste: è completamente in secca! Proseguendo la moderata ascesa, arrivo al Ponte dei Francesi e all'originale tabernacolo nei suoi pressi, ricavato scavando una nicchia in un ceppo d'albero. A questo punto sono a un bivio: a sinistra imboccherei la stradina più veloce per la vetta del Cucal, a destra, invece, c'è la prosecuzione del Sentiero Naturalistico. Decido di continuare su quest'ultimo, almeno per un po'. E faccio bene, perché i cartelli indicano altre interessanti peculiarità, come l'interazione fra i meccanismi naturali e la mano dell'uomo. Vi sono ad esempio dei declivi che non possono essere facilmente classificati: troppo ricchi di alta vegetazione per sembrare "prati", ma anche troppo radi e spogli per passare per "boschi". Ebbene, si tratta di vecchi pascoli abbandonati: gradualmente la Natura se ne sta riappropriando, inselvatichendoli. Il sottobosco è cresciuto, diversificandosi; gli alberi, pur di altezze ancora modeste, sono già presenti in discreto numero. Si tratta di un fenomeno ormai comune a parecchie zone di queste valli, dato che la pastorizia, in special modo quella di alta quota e dunque più scomoda, va inevitabilmente scomparendo.

Ex-pascolo che sta tornando bosco

Il Rio Gambis in secca totale

Sulla comoda e pianeggiante carrareccia trovo infine un quadrivio, con abbondanti frecce segnaletiche: giro a sinistra, puntando adesso con decisione verso la sommità del Cucal. La stradina si restringe a mulattiera e si fa ripida. La bassa quota e l'umidità acuiscono la sensazione di gran caldo. Non ho incontrato assolutamente nessuno, finché un giovane e atletico biker mi supera, pedalando con buona disinvoltura su un pendio non così elementare, il cui fondo è, tra l'altro, profondamente inciso dal passaggio di un trattore: le tracce sono ancora fresche. Un bell'esemplare di Amanita rubescens mi distrae per un attimo dalla sudata, e a pochi metri dal culmine scorgo il veicolo agricolo. Il boscaiolo, che ha ormai ultimato il suo carico, è un gentile signore fiemmazzo disponibile al dialogo. Scopro così che quello dove ci troviamo è, nel dialetto della zona, "el Cücal" ("ü" francese), e che la zona è sempre scarsamente frequentata, in quanto poco valorizzata - così mi dice - da chi di dovere. L'uomo torna in giù col suo trattore stracolmo di rami già tagliati; un paio di grossi tronchi sono portati a strascico dietro al mezzo. Mi porto sulla larga vetta e guardo l'orologio: da Varena sono trascorse tre ore (escludendo le soste, comunque, il tempo effettivo della camminata si ridurrebbe perlomeno di metà), e dunque è il momento del pranzo al sacco. Oltre alla mangiata, già pregustavo il bel panorama sulla Val di Fiemme e sui Lagorai, ma, almeno per quanto concerne tale aspetto, rimango deluso: benché il cielo sia ancora sereno, l'altissimo tasso di umidità rende l'orizzonte tutto bianco, praticamente invisibile. Ogni particolare svanisce nel nulla, e solo a tratti riesco almeno a distinguere le sagome dei più vicini Cornacci e Corno Nero. "Il tempo è destinato a cambiare in fretta", penso fra me e me, facile profeta. Esploro per un po' tutta l'ampia cima del Cucal, una radura prativo-boschiva con vari cespugli di ginepro e diversi, vecchi tronchi d'albero abbattuti, buffi scheletri dalle forme più bizzarre.

Bell'esemplare di Amanita rubescens

Vetta del Cucal: uno dei tanti vecchi tronchi

Poi mi rimetto in cammino. Per un po' scendo lungo lo stesso sentiero percorso in salita, ma alla prima occasione devio verso est, riprendendo dunque il periplo alla base del monte che avevo interrotto in precedenza. Non si tratta della stessa carrareccia della mattinata; d'altronde, come detto, i sentieri del Cucal sono molteplici, ma è impossibile perdersi. Un trasferimento in quota mi fa raggiungere un altro posto che tenevo a visitare: sono in località Pozzole, poco sopra Stava. Proprio qui il 19 luglio 1985 si consumò uno degli eventi più tragici mai accaduti in Trentino, ossia il crollo dei bacini della miniera di Prestavel. In tali vasche veniva fatta decantare la fluorite; man mano che i materiali di scarto si accumulavano sul fondo, gli argini dovevano essere giocoforza innalzati. Ebbene, tali argini erano costituiti solo da terra compressa! Malgrado le ripetute denunce degli abitanti della zona, nulla di fatto cambiò, fino a quel giorno fatale in cui, all'improvviso, l'intera struttura cedette e un'enorme massa di acqua e fango rovinò su Stava e Tesero. Fu una strage, accentuata dal fatto che a quell'ora (le 12,18) tutti erano in casa a mangiare. Alla fine il bilancio contò 268 morti, in gran parte villeggianti ospitati negli alberghi di Stava. Ricordo bene che quel 19 luglio 1985 andai in gita in Val di Fassa; se per combinazione avessi fatto allora l'escursione di quest'oggi, con buone probabilità non avrei potuto più raccontarla... Visitai l'area una settimana dopo la sciagura e vi assicuro che l'impatto fu terrificante dal punto di vista emotivo: dappertutto un enorme senso di distruzione, e l'aria stessa puzzava di morte... Oggi, dopo vent'anni esatti, l'erba dei prati e anche un folto gruppo di alberi, appositamente piantati, hanno ormai cancellato i segni di quel disastro causato dall'imbecillità umana (per la cronaca, i processi si sono chiusi con le solite lievi condanne), ma a tener vivo il ricordo, che certo non si può e non si deve rimuovere, provvedono adesso un cartello sul luogo del crollo e, soprattutto, la Fondazione denominata Stava 1985, la cui sede è ben individuabile lungo la strada che risale la valle da Tesero.

Il Monte Cucal dalla località Pozzole

Prato sul luogo del crollo dei bacini

Chiudo questa triste, ma purtroppo significativa rievocazione e continuo la mia camminata. L'aggiramento del Cucal prevede ora un lungo trasferimento in quota, seguendo un'ampia carrareccia oltremodo panoramica sulla sottostante Val di Fiemme. Ridente e amena è la località Vaiola, con una bella baita, ma ad attirare costantemente la mia attenzione sono le molte, variopinte farfalle che mi svolazzano intorno senza posa. A un certo punto sbuco nella porzione finale del Sentiero Naturalistico, per me nuova: davvero imponente è un maestoso e annoso pino silvestre.

Un'appariscente farfalla bianca e nera

L'imponente pino silvestre
lungo il Sentiero Naturalistico

Come prevedevo, le nuvole in cielo si sono rapidamente accumulate. E' il caso di affrettare il passo. All'imbocco di Varena incontro uno scoiattolo (forse lo stesso che avevo visto salendo?), poi comincia a piovere. Poco male: ormai sono alla macchina, e concludo questa piacevole escursione alle tre e mezzo del pomeriggio.

[Dolomiti 2005]