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VI: Canazei - Passo Sella - Plan de Gralba - Passo Gardena - Corvara in Badia - Passo Campolongo - Arabba - Passo Pordoi - Canazei (in mountain bike)
Qualunque
cicloamatore, almeno una volta nella vita, sogna di fare il
mitico "Giro dei Quattro Passi", altrimenti detto "Sella Ronda"
in quanto prevede appunto la circumnavigazione dell'intero gruppo
del Sella. L'itinerario si svolge su quelle stesse strade (ottime
e perfettamente tenute) che vediamo in TV in occasione del Giro
d'Italia, e che risultano sovente determinanti ai fini della
classifica generale. A dire il vero, nessuno dei quattro passi
raggiunge pendenze "impossibili": atlante automobilistico del
Touring alla mano, si evince che normalmente si è fra il 7%
e il 12%, e solo in un tratto verso il Passo Sella si supera
il 12%. A spaventare è piuttosto la continuità dell'impegno
richiesto, dato che, nei circa 65 chilometri del giro completo,
i tratti di pianura sono pressoché assenti; ma soprattutto annichilisce
il dislivello totale, superiore a 2000 metri! Tale cifra, almeno
nelle scorse estati, aveva sempre cancellato in me ogni proposito
bellicoso... Nel mio curriculum erano già compresi Sella (una
volta) e Pordoi (due volte), ma senza il coraggio di "scollinare"
dalla parte opposta. In questo magico 2005 sentivo che era arrivato
il momento buono per osare: magari con calma, magari mettendoci
tutta la giornata o almeno buona parte di essa, però era il
caso di tentare l'impresa. E di farlo evitando l'alta stagione,
quando, a causa del numero pazzesco di automobili e pullman,
si corrono seri rischi di finire travolti! Sono dunque le otto
di mattina del 20 luglio quando, a Canazei, tiro fuori la bici
dal bagagliaio della macchina e mi preparo per partire. Poco
dopo, mi parcheggia accanto la macchina di un 'collega'. E'
un signore che ha qualche annetto più di me, dal carattere molto
vivace ed estroverso. Subito mi chiede: "Fai i quattro passi?".
"Sì, almeno ci provo... E lei?". Mi risponde testualmente: "«Lei»
è mia moglie: diamoci del tu!". Mi adeguo volentieri, e scambiamo
qualche battuta. Gli dico che farò il giro cominciando dal Sella
in modo da affrontare in discesa il tratto fra questo e il Gardena,
che presenta - almeno a mia memoria... automobilistica - qualche
tratto un po' ripido che sarebbe sgradevole fare in su, per
giunta al termine della faticaccia. In realtà, come vedremo,
anche il Pordoi dalla parte di Arabba è tutt'altro che uno scherzo!
Il mio interlocutore mi dice allora che farà anche lui il giro
nello stesso senso. Lo saluto e parto, manifestandogli la mia
intenzione di andare piano e, di conseguenza, la certezza che
mi avrebbe raggiunto di lì a poco. Il cielo sereno e il freddo
pungente (il termometro lungo la strada segna appena 7°!) annunciano
che quella di oggi sarà una giornata molto bella, però mi rendo
conto che, almeno all'inizio, devo restare ben coperto. La strada,
fuori Canazei, subito sale con decisione. Le energie in corpo,
oltre al desiderio di riscaldarmi, facilmente mi porterebbero
a strafare, ma capisco che è bene star calmo e ponderare la
globalità del tracciato, scegliendo un passo giusto e costante
da mantenere anche in seguito. Fatti alcuni tornanti non sento
già più il freddo, per cui provvedo a togliermi la giacca della
tuta. E dopo non molto, scorgo alle mie spalle il 'collega',
anche lui in mountain bike. Come prevedevo mi ha raggiunto,
ma, ecco la sorpresa, solo per proseguire il giro insieme con
me! Saliamo dunque in compagnia i tornanti del Sella. Ho l'impressione
che il mio compagno potrebbe staccarmi in qualunque momento,
ma preferisce mantenersi a ruota, dicendosi addirittura fortunato
di aver trovato un partner con un ritmo regolare come il mio.
Fra un colpo di pedale e l'altro c'è allora il tempo per le
presentazioni: scopro allora che Mario ha 61 anni, è di Brescia
e si trova in vacanza in Val Rendena. L'ascesa verso il Sella
continua senza problemi, e il tempo magnifico ci fa godere indimenticabili
scorci sulla Marmolada col Gran Vernel. Man mano che si sale,
il fantastico gruppo del Sassolungo si staglia con sempre maggiore
imponenza, mentre, più in lontananza. emergono le inconfondibili
sagome del Collac e della Crepa Neigra. E dopo una dozzina di
chilometri dalla partenza siamo alla quota 2244 del Passo Sella,
la maggiore della giornata. Quasi 800 i metri di dislivello
da Canazei, ma mi sento benissimo e avverto con chiarezza di
aver bruciato poche energie.
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La Marmolada dal Passo Sella
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Il gruppo del Sassolungo dal Passo Sella
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Io e Mario
ci rivestiamo e facciamo alcune foto, quindi affrontiamo la discesa
verso Plan de Gralba. Prima del paese, il bivio: a sinistra si andrebbe
a Ortisei, mentre noi dobbiamo proseguire a destra, verso il Passo
Gardena: altra salita da superare, quindi ci fermiamo per toglierci
la tuta. Mario, con grande gentilezza, mi offre una barretta energetica.
E' un tipo davvero gioviale, e si diverte a salutare calorosamente
tutti i ciclisti che stanno facendo il nostro giro, nel medesimo
senso o in quello opposto. Ci colpisce un'anziana, solitaria signora
di S. Cristina, diretta anche lei verso il Passo Gardena e in grado
di mantenere, per lunghi tratti, il nostro ritmo. Le faccio i complimenti
per la sua forma fisica e lei, forse ringalluzzita dalle mie parole,
addirittura ci stacca! A dire il vero io e Mario potremmo anche
andare più forte, ma saggiamente preferiamo restare sotto i nostri
limiti, con un buon margine di sicurezza. Saliamo infatti a una
velocità in ogni caso inferiore ai 10 km/h: meglio così, il giro
è ancora lungo e, in più, comincia a fare caldo. I panorami sono
poi di quelli irripetibili, quindi è meglio non aver fretta. Giungiamo
al Passo Gardena, metri 2121, quando la mattinata è già inoltrata:
una lunga fila di macchine è parcheggiata ai bordi della strada.
Mi chiedo cosa succederà mai qui intorno a Ferragosto! Voglio comprare
la consueta cartolina ricordo. Entriamo in un negozio e adocchio
subito quella che fa al caso mio: c'è scritto "Giro del Sella -
Nel cuore delle Dolomiti", e ci sono varie immagini delle montagne
interessate. Anche Mario la prende; apponiamo il timbro del luogo,
poi usciamo a fare delle foto. Da qui si possono ammirare altri
magnifici scorci: a parte il massiccio del Sella, però da un'angolazione
ovviamente diversa rispetto a prima, dominano gli aguzzi Pizzes
da Cir; più in lontananza, invece, le Tofane.
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Il lato nord-est del gruppo del Sella dal Passo Gardena
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I Pizzes da Cir dal Passo Gardena
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Ci aspetta
ora l'impegnativa discesa verso Colfosco, piuttosto ripida e piena
di tornanti. La facciamo con la dovuta cautela; Mario, fra l'altro,
ha dimenticato a casa il casco e si mantiene costantemente alle
mie spalle, forse per non ostacolarmi le traiettorie, ma anche qui
la sensazione è che, se solo volesse, lui potrebbe allungare con
facilità. I tradizionali freni "cantilever" della mia Atala, datata
1993, fischiano abbondantemente sui cerchioni in acciaio; dietro
di me, invece, Mario è silenziosissimo coi suoi poderosi freni a
disco, così grandi da far invidia a Valentino Rossi! Mi sento comunque
tranquillo, e sposto con naturalezza il peso del corpo assecondando
le secche curve del tracciato. Giudico buon segno quest'assenza
di contrattura, sia fisica che mentale: significa che il trauma
della caduta e della lussazione del gomito dell'anno scorso è ormai
superato. Eccoci a Colfosco. Le magnifiche visioni del maestoso
Sassongher da una parte, e dell'incantevole Val de Mesdì dall'altra,
che intaglia profondamente il gruppo del Sella, ci costringono a
fermarci ancora. La giornata si mantiene sempre bellissima, e l'orizzonte
è perfettamente sgombro.
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Il Sassongher da Colfosco
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La Val de Mesdì da Colfosco
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Pochi chilometri
e raggiungiamo Corvara: siamo in Val Badia, e ci troviamo esattamente
nel punto più lontano da Canazei. Per rientrare a casa non ci sono
alternative: o altri due passi in bicicletta, oppure la corriera...
Mario entra in una tavola calda per farsi confezionare un adeguato
panino, che poi mette nello zaino. Ci aspetta ora il Passo Campolongo,
il più basso e in teoria il più abbordabile dei quattro, stanti
gli appena 320 metri di dislivello da Corvara. In realtà, com'era
largamente prevedibile, l'accumulo di chilometri, e soprattutto
di salite, comincia a farsi sentire sulle mie gambe. Non è ancora
vera stanchezza, però avverto chiaramente che i muscoli vanno indurendosi,
e che la pedalata non è più così sciolta. Inoltre il sole è ormai
alto nel cielo e il fresco della mattina è solo un ricordo. Devo
distrarmi un po', e per fortuna posso farlo chiacchierando col mio
simpatico compagno, che ora procede davanti a me. Concentro l'attenzione
sulla sua mountain bike, un modello iperavveniristico che non ho
mai visto prima. Mario mi spiega che si tratta di una bici interamente
in carbonio, e che se l'è assemblata da solo comprando il meglio
dei singoli pezzi reperibili sul mercato. Il tutto per una spesa
aggirantesi sui 2000 euro! Onore alla passione, oltre che... al
portafoglio. I 1875 metri del Passo Campolongo segnano la fine della
terza fatica della giornata. E' ormai mezzogiorno e la fame si fa
sentire; di comune accordo decidiamo che è il caso di fermarci a
mangiare. Fa davvero caldo e sento l'assoluto bisogno di scovare
un po' d'ombra in occasione della nostra sosta. Il paziente Mario
mi asseconda, e proseguiamo ancora per qualche chilometro alla ricerca
di un luogo adatto. Scendiamo dunque verso Arabba, e poco prima
del paese individuiamo una panchina tranquilla, ben riparata dalle
chiome degli alberi. Finalmente posso levarmi il casco e sedermi
su un qualcosa di meno duro e scomodo rispetto a un sellino sportivo!
Dai nostri zaini compaiono con rapidità le cibarie, cui facciamo
onore con grande appetito. Mario si conferma un tipo vulcanico e
mi parla dei suoi tanti hobbies: fra le altre cose, è anche radioamatore.
Inoltre mi rivela un particolare che denota una forza di volontà
non da poco, ovvero il suo passato di grande fumatore (tre pacchetti
al giorno!), vizio da cui è riuscito a liberarsi completamente.
Gli faccio i miei complimenti e gli accenno al fatto che io, invece,
non ho mai preso in mano neppure una sigaretta, e che la scelta
è stata purtroppo facile avendo visto morire di cancro mio padre:
aveva 52 anni ma si era ammalato ad appena 46, quando io ne avevo
14. Dopo pranzo, altre foto di rito e altri sguardi ammirati verso
i panorami. Siamo nel Livinallongo e, oltre ad Arabba che sta poco
più in basso, dal nostro punto di osservazione si distingue la scura
catena del Padon (roccia magmatica) a sud, mentre davanti a noi,
a ovest, incombe il Passo Pordoi, la quarta e ultima asperità. Prima
di ripartire provo a sollevare la bici di Mario: magia, peserà circa
la metà della mia Atala tutta d'acciaio! "Ecco perché sei più bravo...",
scherzo con l'amico, il quale, mezzo a parte, dimostra comunque
un allenamento all'altezza. Inforchiamo i velocipedi e ultimiamo
la discesa verso Arabba. Senza fermarci cominciamo la lunga e impegnativa
ascesa verso il Pordoi, che da questo lato prevede la bellezza di
33 tornanti! Vivo qui il momento peggiore della giornata: le gambe
sono legnose e mi sento 'imballato', in parte per la digestione
in corso, ma soprattutto a causa del gran caldo. E' il primo pomeriggio
e l'aria è del tutto immobile. Sudo abbondantemente e devo reintegrare
in continuazione i liquidi. Non mi perdo d'animo, ma capisco che
è necessario andare su tranquillo e regolare, se non voglio 'scoppiare'.
Mario sembra messo meglio, così gli dico di mantenere il passo per
lui opportuno, senza pensare a me: così mi stacca di alcune centinaia
di metri. Andando avanti, percepisco chiaramente che non sono le
gambe a mancarmi, piuttosto è il clima torrido a infastidirmi. Il
mio piccolo calvario termina all'incirca a quota 2000: la consapevolezza
che la salita sta per finire, e soprattutto la maggior ventilazione
dovuta all'altitudine, mi restituiscono d'incanto quelle energie
che prima credevo di aver esaurito. Ed eccomi ai 2239 metri del
Passo Pordoi, la mitica "Cima Coppi" di tanti Giri d'Italia! L'impresa
è dunque compiuta, e con Mario mi concedo l'ennesima e più che meritata
sosta. Vista la bella giornata, sul luogo ci sono parecchi ciclisti,
e in particolare riconosciamo una comitiva di ragazzi di lingua
tedesca che avevamo già visto al Passo Campolongo. Costoro si mettono
a far foto alla mia mountain bike (è davvero un pezzo così d'antiquariato?),
poi sembrano prendere di mira il sottoscritto. La mia mise
è effettivamente vistosa, d'altronde alla mattina, quando m'ero
vestito, avevo appositamente scelto un abbigliamento appariscente
così da celebrare con me stesso, nell'attualità oltre che nel ricordo
costituito dalle foto, questa giornata così bella. I giovinastri
sghignazzano e dicono fra loro cose che né io né Mario siamo in
grado di capire; l'unica cosa che afferro è "Axel Merckx", e allora
mi torna alla mente il figlio del grande Eddy Merckx con le sue
tenute da gara originali e sgargianti. Il gruppo ci fa capire a
gesti che vuol farsi una foto con noi. Uno di loro rimane dietro
la fotocamera; tutti gli altri vanno a posizionarsi alle nostre
spalle, cosicché io e Mario non possiamo vedere i loro gesti al
momento dello scatto. Il contesto è nettamente da presa di culo,
ma pazienza: io sono felice e appagato per il giro che ho appena
compiuto, e se c'è gente che si diverte con così poco, perché non
concedergli un attimo di allegria? Io e Mario ci spostiamo poi verso
il monumento a Fausto Coppi. C'è un'autentica processione di sportivi
che là vogliono farsi una foto: non resta che mettersi pazientemente
in coda. Quando arriva il nostro turno, il risoluto Mario fa sgombrare
il piazzaletto antistante, e alla fine ci scambiamo un paio di scatti
in perfetta solitudine.
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Ce l'ho fatta! Il mio arrivo al Pordoi, quarto e ultimo passo della giornata
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Il monumento a Fausto Coppi al Passo Pordoi
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I 12 chilometri di discesa per rientrare a Canazei ci sembrano adesso una formalità, nondimeno li affrontiamo con una prudenza quantomai doverosa, dati i molti tornanti da 'pennellare' con una lucidità che non può più essere quella della mattina. Mario si mantiene alle mie spalle, e sul tachimetro noto che ben raramente vado oltre i 50 all'ora. D'altronde i rettilinei sono brevi, e le curve, al contrario, molto secche. Qui un mezzo a due ruote è avvantaggiato rispetto a uno a quattro ruote, tant'è che non ci supera quasi nessuno, mentre invece riusciamo a sopravanzare quegli automobilisti che se la prendono un po' comoda. Verso le quattro siamo a Canazei: il mio 'computerino' segnala 67 chilometri percorsi, alla media - ovviamente bassa - di 12,12 km/h. Ma l'importante era farcela. Quello di Mario riporta anche il dislivello complessivo, e qui la cifra è senz'altro impressionante: 2150 metri! Gita stupenda e abbordabile anche dal cicloamatore di medio livello, a patto però di andare adagio e di avere un ottimo allenamento alle spalle, basato più sul fondo che sulla potenza, perché solo così è possibile superare quei momenti di crisi che i tanti chilometri di salita prima o poi fanno affiorare.
[Dolomiti 2005]
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