VII: Moena - Campitello di Fassa - Pian - Rifugio Micheluzzi - Passo Duron e ritorno
(in mountain bike)

Il Sasso Piatto dal Passo Duron

L'Alpe di Siusi e i Denti di Terrarossa

Dopo tante escursioni a piedi, con la sola parziale eccezione di quella al Cimon di Val Moena, oggi ho voglia di una gita interamente in mountain bike. L'opuscolo distribuito presso gli Uffici Turistici della Val di Fassa consiglia di iniziare questo itinerario da Campitello, ma per dare un senso anche al chilometraggio complessivo della giornata parto in bici direttamente da Moena. Seguo comunque il percorso più agevole fino a Campitello, servendomi della Statale tranne che per il tratto Soraga-Pozza, dove la ciclabile consente di evitare lo strappo di San Giovanni. Dopo Campitello, raggiungo in decisa salita - però asfaltata - la panoramica frazione di Pian, da cui si gode una bella vista sulla Val di Fassa; subito dopo comincia lo sterrato. L'ampio sentiero si inerpica subito deciso: per un bel po' l'ascesa non concede tregua, e proseguendo, anzi, diventa sempre più impegnativa. Fatalmente le soste si fanno frequenti; ad un certo punto mi rendo conto che la mia velocità media è così bassa che mi conviene scendere e spingere. Do un'occhiata alle mie spalle, e noto che sta sopraggiungendo una ragazza in montura ciclistica d'ordinanza: anche lei sta spingendo a piedi la sua mountain bike. Quando mi affianca, le dico: "Accidenti se è ripida...". "Eh sì - mi risponde - in questi casi spingere è la cosa più ragionevole da fare!". Sono perfettamente d'accordo: inutile sprecare energie preziose in tratti in cui la progressione sui pedali sarebbe comunque lentissima. Proseguendo insieme, vengo a sapere che lei viene dalla Val Gardena, ha già affrontato il Passo Sella e sta tornando a casa attraverso il Passo Duron! Le faccio i miei complimenti, perché il Sella, dalla Val Gardena, presenta punti veramente pendenti. Lei sorride, e non sembra neppure stanca. Venticinque anni o giù di lì, fisico raccolto e potente alla Isolde Kostner, a cui in effetti somiglia un po' anche di viso, parla con la erre moscia tipica dei gardeneri. Arriviamo ai 1850 metri del Rifugio Micheluzzi, e finalmente la carrareccia spiana. Davanti a noi si apre la lunga e riposante - per gli occhi... ma anche per le gambe! - Val Duron, cui fanno cornice il Molignon (Catinaccio) e il gruppo del Sassolungo. Per diversi chilometri il sentiero presenta una salita pressoché impercettibile, tanto che posso chiacchierare tranquillamente con la mia occasionale compagna di pedalata. Lo scenario circostante è luminoso, bellissimo. Alla fine della valle, però, l'ascesa ricomincia. Notando che la mia andatura è leggermente più lenta, preferisco salutare la simpatica ragazza e continuare col giusto ritmo. A dire il vero, la pendenza non è così micidiale come fino al Rifugio Micheluzzi, tuttavia il fondo è molto sconnesso e, a causa della bassa velocità, spesso sono costretto ad equilibrismi per non mettere il piede a terra. Poi nelle gambe si va sommando tutto il dislivello precedente, e anche questo ha il suo peso. Nei tratti più ripidi preferisco scendere e spingere; poco più su, vedo che anche la gardenera sta facendo altrettanto. Tengo duro, ormai ci sono: eccomi ai 2204 metri del Passo Duron. Da Moena ho impiegato tre ore e mezzo, ma ne valeva la pena: posso ora ammirare, sull'altro versante, le verdi praterie dell'Alpe di Siusi, i frastagliati Denti di Terrarossa, le possenti Odle. Poco lontano da me ci sono dei cavalli al pascolo. L'idilliaco contorno mi invita a sostare, "celebrando" con qualche foto il raggiunto obiettivo. Dopo mangiato, il tempo va facendosi variabile: è il momento di rientrare, percorrendo in discesa gli oltre 1000 metri di dislivello che mi riportano a Moena, lungo un percorso che più o meno ricalca quello dell'andata.

[Dolomiti 2003]