Nihil Project è un "collettivo controculturale" (così recita la bio) che s'è posto lo scopo di indagare lo Yoga druidico (?), così da creare punti di contatto fra Oriente e Occidente. L'altisonanza dell'intento trova concretizzazione in "Samhain", che rappresenta "un sentito omaggio alle radici pagane dell'Europa". L'assunto apparirà discutibile per taluni, ma lasciamo da parte queste considerazioni e addentriamoci nel merito artistico.
Tutto ruota attorno ai polistrumentisti Antonello Cresti e Andrea Gianessi, abili a chiamare a sé un folto gruppo di collaboratori piuttosto prestigiosi. Però, come spesso avviene in questi casi, l'apporto esterno non appare decisivo, tant'è che le redini compositive rimangono saldamente nelle mani del duo. Il CD si apre in modo paradigmatico con "Astrodome Siddhi", traccia acida e rarefatta che profuma di certa storica psichedelia impregnata di umori levantini, vedi gli Amon Düül II di "Phallus Dei"; trascurabile il ruolo della chitarra di Claudio Rocchi. Ci si sposta verso territori nordici (celtici, nella fattispecie) e si sale di tono con "Samhain": special guests, fra gli altri, Christian Burchard degli Embryo e Arturo Stalteri. Il pezzo convince, eccezion fatta per la ritmica programmata. Molto aerei e plananti gli accenti teutonici di "Beauty Is Difficult", prima degli esperimenti
avantgarde di "Imbolc", che evolvono in un'aggressività ben dosata: qui l'ospite è Daniele Bianchini dei Jumbo. Si stacca dal contesto (e, guarda caso, si fa apprezzare) la rabbiosa prima parte di "Ragnarock", con una grande interpretazione di Steve Sylvester; peccato che il pezzo poi si perda in un ironico cabarettismo che c'entra davvero poco. Strutturalmente più leggera e melodica, ma in definitiva probante nella sua semplicità, è "& The Angels Went In Two By Two", e buone sono le sfumature jazzate di "Radha(r)", con Fabio Bottaini al piano, Orio Odori al clarinetto e Franco Baggiani alla tromba. La lunga, conclusiva "Be Here Now" funge da compendio di quanto detto, e fra atmosfere free ed etnicismi assortiti (il didjeridoo, l'harmonium indiano di Arturo Stalteri) pare di assistere a una versione riveduta e corretta della Third Ear Band.
Fricchettone, leggermente pretenzioso nelle sue parti recitate, tuttavia amabile nella sincera devozione a un certo underground, "Samhain" (s)offre un songwriting non sempre all'altezza, dato che si procede un po' a sbalzi tematici che andavano meglio amalgamati nelle loro transizioni. Per questo il disco è sì piacevole, ma rimane lontano dalla dimensione del capolavoro destinato a durare nel tempo.
Contatti:
www.nihilproject.org.

Francesco Fabbri - giugno 2005

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