Non è ovviamente il caso di nascondere il sole con la rete, e dunque sveliamo subito che Marco Lastri e il sottoscritto siamo colleghi su www.arlequins.it, oltre che amici. Tuttavia ciò non implica necessariamente una recensione "accomodata"; può anzi costituire un pungolo in più per esprimere un giudizio con serena obiettività. Il CD autoprodotto consta di dieci brani, composti ed eseguiti dal prode Marco in perfetta solitudine nelle vesti di tastierista e programmatore (con un'unica eccezione che vedremo): tale modus operandi ricorda Mike Oldfield, non a caso uno degli artisti che egli predilige. Le coordinate musicali entro cui si muove il lavoro sono abbastanza varie, tuttavia la title-track posta in apertura è già paradigmatica di una delle tendenze principali, ossia una vena cosmico-percussiva che si riallaccia ai Tangerine Dream o ai Kraftwerk del secondo periodo. L'accattivante pianoforte di "Fathers' Hearts" delinea invece una trama prettamente new age, pur permanendo un tappeto ritmico con un ruolo attivo nel contesto; ritroviamo tale modulo anche in "For My Mother". Totalmente diversa "Saturnday", col suo vivace jazz-funky che trasuda allegria, e la solarità è confermata da "Aquarius", il cui organo di sottofondo è contrappuntato da tastiere con timbriche new prog. Ancora ritmata new age è quella che si riscontra in "Xperiment", che shakera Vangelis e Tangerine Dream; semplice ma convincente il pianoforte di "Memories", strumento che ritroviamo, a tratti, nella lunga "Noems 1997", in cui affiora pure un campanellino di oldfieldiana memoria... Curioso il contrasto fra la base tastieristica cosmica e le distorsioni della chitarra di Lorenzo Corsani (unico ospite) che si rinviene in "For You, For Me". Chiude, a mo' di fiocchetto, la suggestiva "Postscriptum". Detto che il CD è ben inciso e discretamente suonato, le riserve che mi sento di esprimere riguardano le basi ritmiche, a volte un po' troppo invadenti, e la non trascendentalità degli arrangiamenti: peraltro tali connotati sono tipici dei generi di riferimento. Molto buono il lavoro svolto al pianoforte, e comunque Marco ha gusto e senso della misura, cosicché il disco si lascia ascoltare più che volentieri.

Francesco Fabbri - novembre 2001

Decisamente lontano da "E.A.R." nella concezione, il nuovo disco di Marco Lastri rappresenta il personale omaggio che il Nostro ha voluto tributare alla musica italiana, soffermandosi solo marginalmente sull'ambito prog, il che, peraltro, non è di per sé un male. Le otto covers contenute sono, nell'ordine, "Brivido" (Banco), "Diamante" (Zucchero), "Il Giorno di Dolore che Uno Ha" (Ligabue), "Generale" (De Gregori), "Ho Voglia di Innamorarmi" (Baccini), "Impressioni di Settembre" (PFM), "La Faccia delle Donne" (Stadio) e "La Notte dei Pensieri" (Zarrillo): il comune denominatore, come si vede, è l'abbondante dose melodica. Prima di tutto un plauso all'ingegnere informatico che è in Marco, capace di trarre il massimo dall'attrezzatura in suo possesso; scelta delle sonorità e dinamica generale risultano dunque più che buone. Le canzoni sono giustamente arrangiate in forma discreta: visto il contesto, lo straripare sarebbe infatti apparso inopportuno. Quanto alle parti vocali - altra novità rispetto allo strumentale "E.A.R." - Marco è intonato e ha un timbro gradevole, ma si avverte chiaramente che cantare non è ciò che egli fa d'abitudine, e la scelta coraggiosa di non applicare riverberi o altri effetti finisce per evidenziare alcuni limiti in tal senso. Nel complesso, quindi, i pezzi migliori sono quelli meno virtuosistici, e nello specifico piace la chitarra elettrica campionata de "Il Giorno...", il buon trattamento riservato a "Generale" (insisti col pianoforte, Marco!), la giocosità de "La Faccia...". Un divertissement con una gradevole atmosfera felpata da pianobar; attendiamo ora al varco il valoroso Lastri con le prossime composizioni originali.

Francesco Fabbri - gennaio 2003

A pochi mesi di distanza da "Rumori di Fondo", il gagliardo Lastri torna sul luogo del delitto con "The Rebirth", concept suddiviso in dieci nuovi pezzi (più due bonus tracks) che riprendono il discorso lasciato in sospeso con "E.A.R.", la cui ideazione risaliva ormai al 1998. Il lungo lasso di tempo intercorso ha consentito a Marco di maturare in maniera significativa le proprie intenzioni musicali, ferme restando certe peculiarità a livello compositivo. Giova verosimilmente a "The Rebirth" la maggiore stringatezza delle singole tracce, nelle quali via via si riaffacciano, modificati, alcuni temi e fraseggi che caratterizzano l'opera.
Dopo un'intro spaziale dal buon respiro epico, gli accenti monofonici di "In the Darkness" ci immergono nel cuore del lavoro: poche le tenebre, a dispetto del titolo, piuttosto una raffinata new age progressiva equidistante da Tangerine Dream, Vangelis e Changing Images. La rilassante trama pianistica di "Soliloquy" rivela capacità di emozionare senza ricorrere a inutili astrusità; tale pezzo contrasta coi successivi "Desperation" e "People of Lithium". Nel loop violento del primo affiora un altro mentore di Marco, ovvero Jean Michel Jarre: l'impasto sonoro, effettivamente più ricco che altrove, comunque non deborda e rivela anzi una naturale predisposizione verso architetture più complesse; lo stesso può dirsi del secondo, i cui pregevoli mutamenti di aromi contrastano con efficacia le martellanti ripetizioni sequenziali. "Brainwash" è un momento allegro e dal contagioso incedere new prog, mentre "Waiting" è più che altro una soffusa base per il distendersi della bella voce dell'ospite Letizia Vitale. Con "Internal Cold Fusion" ricominciano le schermaglie elettroniche, contrappuntate da un convincente organo, e c'è molto Vangelis nei luminosi giochi della title-track, che trasuda ottimismo e gioia di vivere. Chiude il concept l'outro e le sue diverse narrazioni sui due canali, una recitata da Marco, l'altra dalla seconda ospite Raffaella Di Bari. Quanto alle bonus tracks, notevole è "Una volta nella vita (capita di sentire il profumo dei fiori)", dedicata a Padre Pio: una minimale composizione pianistica, suggestiva nei richiami nymaniani; più leggera e malinconica "Venerdì notte", che non avrebbe sfigurato nel precedente "Rumori di Fondo".
Magari l'espressione tecnica è ancora perfettibile, tuttavia è positivo il ragionamento intorno a melodie non banali. Musica sincera e fatta col cuore: sì, il romantico Lastri va vieppiù convincendoci!

Francesco Fabbri - aprile 2003

Aggiornamento - aprile 2007: fra i mille impegni, musicali e non, che da sempre caratterizzano l'intensa vita di Marco Lastri, il Nostro sta finalmente trovando il tempo di dare un seguito alla sua carriera solistica. Eve: the Last Call to Eternity è ancora in fase di calibrazione, ma l'advanced-CD in mio possesso permette già di riconoscerne le peculiarità. Volutamente le basi ritmiche si sono fatte più dure e sintetiche, quasi kraftwerkiane; su tutto ciò vanno però a inserirsi ariose linee melodiche che contrastano e al tempo stesso si compenetrano in un tutt'uno originale e accattivante. Jarre e Tangerine Dream, Vangelis e Prodigy convivono nella creatività di Lastri, il cui 'marchio' è comunque ben riconoscibile nelle otto tracce. Si segnala, per ora, la varietà umorale della suite "Into the Forest of Life", lo squarcio di passione di "Leave me Alone" - un po' alla Oldfield - e le corposità progressive di "Green Eyes". Il progetto, ovviamente, è suscettibile di future modifiche e messe a punto; nondimeno gli aspetti succitati paiono definiti, così come l'accantonamento (temporaneo?) del pianoforte. Schemi teutonici e sentimento latino: ecco, in questo senso il nuovo CD ben rappresenta il buon Marco, dato che nella sua indole convivono precisione e impetuosità. Aspettiamo gli sviluppi!
Contatti:
www.marcolastri.net.

Francesco Fabbri - aprile 2007

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