Vincitore del Rock Contest 1995, il quartetto fiorentino ha inciso questi dodici pezzi (pari a circa quarantacinque minuti) che tuttavia non hanno avuto una pubblicazione discografica ufficiale. Vi si può riconoscere una sicura devozione a certa new wave decadente degli anni '80 - Cure in primis, specie nel timbro delle chitarre - i cui accenti malinconici però non sfociano nel dark vero e proprio, preferendo la contaminazione con la psichedelia dei primi REM e talora aggredendo con modernismi (post) grunge. Ad ogni modo non un semplice esercizio di stile, vista la buona propensione melodica; sempre che al gruppo interessi, sussistono i margini per osare strumentalmente, in futuro, qualcosa in più. Positivo il concerto dello scorso 8 aprile al Flog di Firenze, in cui, sotto la denominazione 1979, è stato proposto un coinvolgente set di covers degli Smashing Pumpkins.

Francesco Fabbri - aprile 2000

Strano il destino dell'italico rock. Spesso carbonaro, quasi sempre costretto a dibattersi con le inevitabili esigenze del vivere quotidiano, presenta un ampio ventaglio di nomi più che validi che però, a un certo punto, paiono fatalmente svanire nelle nebbie del nulla. Ma spesso la Fenice risorge dalle sue stesse ceneri. Con orgoglio. Con vitalità. Neanche a farlo apposta, recentemente avevo trattato il caso degli Arpia: bisognava risalire al 1995 per trovare la loro ultima testimonianza discografica, prima del recente "Terramare". Anche per Magic Candle Corporation il 1995 fu un anno cruciale, con la vittoria nel prestigioso Rock Contest, a cui purtroppo non seguì un CD vero e proprio. Ma il combo non aveva mai realmente smesso di suonare, e tramite l'attività di coverband di Cure, Nirvana e Smashing Pumpkins, oltre che con prove più o meno regolari, si era mantenuto in allenamento. Ed ecco che giunge a un punto fermo, coronando tanti anni di sforzi: la release autoprodotta, dal titolo "The Happiest Day in Our Life", è finalmente disponibile.
Benché l'attività concertistica fosse già ripresa da qualche tempo, la serata al Viper Theatre era sentita in modo particolare dalla band, fungendo da presentazione ufficiale del CD. Il locale, di recente apertura ma sul cui palco hanno già avuto modo di esibirsi gruppi come i Saxon, si trova alla periferia fiorentina. Raggiungerlo non è tuttavia così semplice: da Via Pistoiese manca qualunque indicazione circa il concerto o l'ubicazione del teatro stesso. Giro a vuoto per un po', ma verso le 22 riesco a individuare il posto giusto. Non arrivo certo in ritardo. I presenti sono pochini, malgrado l'ingresso gratuito, e capisco che il live set verrà giocoforza ritardato. Alle 23 il gruppo si presenta: Riccardo Ventrella (voce e basso), Giacomo Aloigi (chitarra) e Matteo Rocchi (batteria) sono supportati da un tastierista e programmatore. Il pubblico è sì aumentato, ma non di molto, e così l'ampio auditorium sembra desolantemente semivuoto, specie nella zona sotto il palco. A Ventrella non manca l'(auto)ironia per affrontare il cimento in siffatta situazione, e così quando dice "Grazie per essere così numerosi... Mi sa che torneremo presto a fare la coverband!", suscita simpatia e risate negli astanti. Nondimeno, con grinta e determinazione i MCC interpretano il loro ruolo, alternando le proprie composizioni ad alcune cover di qualità. Il volume è loud ma ben definito, permettendo una sicura godibilità dell'evento. La cifra stilistica di quanto andiamo ascoltando è eterogenea, anche se alcuni capisaldi possono essere individuati. Non v'è dubbio che l'orientamento primario sia quello del post punk/new wave anni '80, in direzione più o meno oscura (Cure, Joy Division, Ultravox), ma frequenti sono i voli psichedelici di matrice sia storica - vedi Velvet Underground - sia più moderna, un po' sullo stile dei REM. E infatti, almeno nella mimica, Ventrella ricorda vagamente Michael Stipe, anche se la sua vocalità è più "dura" e grezza, avvicinandosi a quella di Kurt Cobain. Ciò svela l'altra grande passione della Corporazione della Candela Magica: il grunge del passato decennio, rinvenibile negli ipersaturi accenti chitarristici di Aloigi. Di tutto l'arco temporale del rock, il periodo che si scorge poco nel sound del gruppo è quello dei virtuosistici anni '70, eccezion fatta per alcune intro ambient/elettroniche a cavallo fra Brian Eno e Goblin, due punti fermi nel gusto di Aloigi. Scelta voluta o costretta? Posto che nessuno dei tre è un mostro di tecnica (comunque pregevoli alcuni assoli dello stesso Aloigi), mi sento di propendere per la prima ipotesi: il gruppo si dedica, com'è giusto, a ciò che maggiormente lo appassiona. Ho trovato emozionanti "Carmex", col suo ipnotico carillon, l'epica decadenza eighties di "Jurij Gagarin" e la trasognata, planante melodia di "A Leonard Cohen Afterworld". Sempre fra le caustiche e divertenti battute di Ventrella, il concerto ha termine dopo un'ora e mezzo di buon rock senza confini.
Dal punto di vista tecnico l'happening è risultato senza dubbio gratificante e riuscito. Sulla scarsità del pubblico hanno per conto mio inciso un paio di fattori. Non c'è dubbio che se questo stesso concerto si fosse svolto dieci o dodici anni fa, le risultanze sarebbero state assai differenti. Checché se ne dica, anche il pubblico underground è modaiolo e dimentica in fretta, se un nome non è presente con assiduità nel circuito. In secondo luogo, forse il Viper è ancora un po' in "rodaggio": non tutti lo conoscono e lo frequentano abitualmente. Per cambiare le cose servirà del tempo, ovvio, ma anche qualche banale indicazione stradale in loco non sarebbe sgradita...

Francesco Fabbri - maggio 2007

Nel primo CD ufficiale, Magic Candle Corporation non sovverte o ribalta né il proprio, né l'altrui passato, ma con intelligenza lo puntualizza e lo arricchisce. E così la devozione verso i criptici eighties transita attraverso le contaminazioni dei '90 per approdare infine a un sound definitivamente da Terzo Millennio.
Che i legami col pregresso non siano stati recisi lo si evince sin dal noto dark elettronico di "All Alone (In Her Nirvana"), sviluppato con un probante connubio fra i samples tastieristici e una cupissima chitarra
à la Iommi. A tracce dure e corpose si alternano momenti più pacati, quasi intimistici: ecco dunque la deliziosa "Carmex" (ripresa in una versione 'notturna' alla fine del disco), a metà fra la psichedelia di matrice Velvet Underground e certe atmosfere da colonna sonora. Analogamente etereo è un altro vertice del disco, ovvero quel "Crack In Space" che è certo più sperimentale rispetto alla media del lavoro: tale pezzo, peraltro, si indurisce nella seconda parte. Non c'è dubbio che al trio Aloigi, Ventrella e Rocchi piaccia molto anche il grunge: semi di Nirvana e, soprattutto, Smashing Pumpkins sono sparsi un po' dappertutto, vedi la tesa e cattiva "Skyscraper"; stupisce allora l'inserimento del quasi-divertissement "My latest Love Song", un attimo ludico e divertente in un contesto non proprio da allegroni, il cui manifesto paradigmatico è l'ottima "Jurij Gagarin".
Un'opera cupa e depressiva, eppure così positiva. Triste, eppure così vitale.
Contatti:
www.myspace.com/magiccandlecorporation; lutex.bb@tiscali.it.

Francesco Fabbri - marzo 2008

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