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Ed eccoci al lavoro che, per ammissione diretta dello stesso Franco Ferrarese, è quello che meglio rappresenta gli attuali La Zag e in cui più si riconoscono. Sottotitolato The Age of Historical Folk e prodotto, come "Ancient Tunes for New Times", con l'Assessorato alla Cultura della Provincia di Bolzano, a prima vista sembrerebbe un ritorno allo spirito originario del suddetto CD, dato che in prevalenza vi sono contenute rielaborazioni di pezzi rinascimentali. La sostanza, però, è andata mutando nel tempo, e oggi i La Zag possono dirsi vicini a quel 'celtismo rock' che ha in Blackmore's Night il nome maggiormente in vista. Pur mantenendo la riconoscibile matrice del passato, il sound è dunque diventato più compatto e aggressivo, e altri accostamenti possono riguardare Skyclad e Fiaba, sfrondati tuttavia degli accenti metal. I La Zag hanno adesso raggiunto uno status davvero corale e paritetico, ed emerge in misura prepotente la definitiva maturazione dei due giovani virgulti Anna Florina e Anna Viola, il cui contributo appare qui prezioso, così come l'ingresso del bassista elettrico Luca Agostini. Gli assi vengono calati all'inizio del disco, e la title-track, composta da Franco, è lì a dimostrarlo, con i suoi accenti vigorosi contrappuntati da intelligenti distensioni; rimarchevole la presenza percussiva (courtesy of miss Anna Florina). Eleggo "Arbeau" a mia traccia preferita: grande la bellezza dell'insieme, e da brividi il cambio ritmico da metà in avanti! Ciò deriva in realtà dall'unione di più pezzi originali, cosa che avviene anche in "Saquapi", vincente nei garbati intrecci del flauto, del liuto e soprattutto del violino di Anna Viola. "A lieta vita" è un giocoso inno all'amore, cantato in italiano e in tedesco, mentre "Volte" è un altro scintillante esempio di Rinascimento trasposto nel Terzo Millennio. Il curioso connubio cornamusa-percussioni di "Branle de Poitou" profuma di una world music veramente senza confini, e dopo l'allegro florilegio flautistico di "Henry's Ballet" si perviene a un momento topico del disco, ovvero "Uriah", rifacimento di "Lady in Black" dei mitici Uriah Heep (LP "Salisbury", 1971). I La Zag si astengono dalla calligrafica riesecuzione e ci mettono dentro molto del loro: all'intro di basso maideniano seguono inusuali armonie, e a riallacciarsi alla nota melodia di Ken Hensley provvedono i fonemi multivocali. Instilla un contagioso entusiasmo "Branles de Bourgoigne", e anche la composizione di Franco intitolata "Memento Mori", malgrado il ripetuto monito, diviene paradossalmente una lode alla vita, quasi che il ricordo della morte debba fungere ad apprezzare di più il presente. Notevole la ghost-track alla fine del CD, un autentico tripudio di percussioni, ghironda e cornamusa. Sono dunque privi di difetti, questi La Zag? Proprio a voler cercare il pelo nell'uovo, si potrebbe eccepire qualcosa sotto il profilo vocale. Laddove i Blackmore's Night vantano un punto di forza in tale ruolo (Candice Night), come pure i Fiaba (Giuseppe Brancato) o gli stessi Marascogn (Angela Chiocchetti), nei La Zag cantano un po' tutti e lo fanno, sia chiaro, in maniera più che dignitosa, ma forse manca una presenza altrettanto carismatica. Non è tuttavia il caso di fare troppo i pignoli: godiamoci questo gruppo così vitale e simpatico, il cui valore è fra l'altro testimoniato dai passaggi televisivi (CasaRaiuno, Bell'Italia) e dalle esibizioni per personaggi di chiara fama, vedi Carlo Azeglio Ciampi o Michael Jackson: è tutto vero, sul sito ufficiale ci sono le foto a provarlo! E come suggello riporto la giustissima citazione di Mahler inserita nel libretto di "Hic Sunt Leones": "Tradizione non significa adorare le ceneri, ma tramandare il fuoco". Contatti: www.lazag.it.
Francesco Fabbri - dicembre 2005
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