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XVI: Pozza di Fassa - Val San Nicolò - Lagusel - Sella de la Palacia - Monte Pecol - Baita Ciampié - Val San Nicolò - Pozza di Fassa (a piedi)
Malgrado il non indifferrente sforzo fisico sostenuto nell'ultima escursione, il giorno dopo decido di ripartire subito. I motivi sono diversi: innanzitutto mi sento bene e il tempo è molto soleggiato; poi è già il 2 settembre ed è probabile che per quest'estate non avrò ulteriori possibilità di fare gite, anche perché l'indomani mi toglieranno il gesso dal braccio e paradossalmente i primi giorni mi sentirò un po' a disagio in quanto meno protetto. Infine, grazie all'uscita odierna stabilirò il mio record personale di escursioni moenesi in una sola estate: sedici, appunto. Non ho quindi esitazioni, e la mattina mi reco alla fermata delle corriere per prendere il servizio delle otto e mezzo. Oggi la situazione sul pullman è totalmente opposta rispetto a quella di ieri: complice il bel tempo e, soprattutto, il mercato che si tiene a Pozza di Fassa, c'è un tale assembramento che mi sembra di essere sul 17 a Firenze! Scendo proprio a Pozza e, trascurati i banchetti all'imbocco di Meida, mi incammino lungo la strada che si addentra nella Val San Nicolò. Essendo asfaltata e percorribile alle auto private, almeno fino alla località Sauch, normalmente non mi capita di risalirla a piedi; oggi, tuttavia, sono contento di farlo, potendo così osservare luoghi, colori e particolari che altrimenti mi sfuggirebbero. Accanto a me, il Rio San Nicolò gorgheggia allegramente, adattandosi con bianche schiume alle rocciose irregolarità del suo letto, che spesso lo costringono a dividersi in più cascatelle. Man mano che procedo, la vista si apre sempre più sui bei boschi e sulle montagne che incastonano questa valle, giustamente famosa e rinomata. All'altezza di Sauch, mi porto sulla parallela "Strada dei Russi" (toponimo dovuto, come sempre, ai trascorsi militari della zona), e ben presto incontro, sulla destra presso Mezzaselva, il bivio per il Lagusel. Il sentiero ora si restringe e si inerpica con maggiore decisione, ma le mie energie sono tuttora tante e salgo spedito. In prossimità di una grande fascia detritica, evidentemente dovuta a una vecchia frana, si gode di un bel panorama sul vicino Buffaure. Ormai manca poco al Lagusel; un cancello di legno segnala l'accesso ai pascoli che costeggiano l'incantevole conca del laghetto.
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I pascoli presso il Lagusel
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Le spumeggianti acque del Rio San Nicolò
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Guardo i tempi:
dal cartello di Mezzaselva, pur includendo le pause per le foto,
ho impiegato appena 35 minuti, ovvero l'esatta metà del tempo indicato
sul suddetto cartello. Una baita (chiaramente rifatta, ma con gusto)
attira la mia attenzione, grazie alla sua bella ringhiera; poi mi
porto sulle sponde del lago e lo aggiro da tutte le parti, divertendomi
a notare come le varie inclinazioni della luce, a seconda del punto
di osservazione, donino tinte completamente differenti all'acqua
e al paesaggio circostante. E così il limpido laghetto sembra essere
blu, verde o giallo, in relazione a ciò che vi si specchia dentro.
L'amenità e il silenzio del luogo, rotto solo dai campanacci delle
mucche, mi invitano a sostare a lungo in contemplazione.
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L'incredibile varietà di sfumature di colore sul Lagusel a seconda del punto di osservazione
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Scatto varie
foto, poi ricomincio a salire. Con uno strappo mi porto sul sentiero
che unisce la Forcella del Pief alla Sella de la Palacia, ed è verso
quest'ultima che adesso mi dirigo. In poco tempo ci sono, ma sopra
di me, alla mia sinistra, vedo biancheggiare una croce su un'altura.
Tiro fuori la cartina e controllo: si tratta del Monte Pecol, alto
2302 metri, una cinquantina in più del punto in cui mi trovo. Logicamente
non posso fare a meno di salire questa vetta per me nuova, e l'impegno,
lungo un breve crinale con buone tracce, non è certo di quelli severi.
Sono in cima e ho già 1000 metri di dislivello nelle gambe, ma non
mi sento particolarmente provato, forse perché la vista che mi si
offre in questa splendida giornata è di quelle davvero indimenticabili:
in senso orario ho, nitidissimi, l'intero gruppo del Catinaccio,
il crinale del Sas de Adam con dietro il Sassolungo, poi la parete
sud della Marmolada, il Collac, il Col Ombert, Cima Uomo e la cresta
del Costabella, per finire col gruppo della Vallaccia... E' tutto
favoloso! Il tiepido sole settembrino mi culla con dolcezza, mentre
provvedo, con studiata calma, a consumare il mio pranzo al sacco;
quindi giro un videoclip e scatto le molte foto che l'occasione
merita.
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Splendida vista sul gruppo del Catinaccio dalla vetta del Monte Pecol
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Il gruppo della Marmolada e il Col Ombert dalla cima del Monte Pecol
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Dopo un paio
d'ore mi rimetto lo zaino in spalla e riprendo il cammino. Tornato
alla Sella de la Palacia, la scavalco e mi porto sul versante opposto,
che a stretti tornanti scende ripido nella parte alta della Val
San Nicolò. Raggiungo la "Strada dei Russi" e la attraverso; una
ponticello di legno mi permette di passare al di là del rio e di
ritrovarmi sulla carrareccia principale della valle: non mi resta
che girare a sinistra e iniziare il lungo rientro che decido di
effettuare senza la minima fretta, così da godere ancora dei radiosi
scorci che caratterizzano la zona. E infatti la magnifica luce di
questo pomeriggio mette assai bene in risalto ogni particolare:
gli steccati e le baite lungo la stradina, il verde tenue dei prati
e quello più scuro degli alberi, i rilievi erbosi del Buffaure e
del Sas de Adam cui fanno da contraltare le bianche rocce calcaree
del Costabella, mentre la triangolare cuspide del Col Ombert chiude
a est la valle. Mi fermo alla Baita Ciampié per comprare la canonica
cartolina cui appongo il timbro del rifugio, quindi continuo la
dolce discesa verso Pozza, immortalando con la mia fotocamera un
altro luogo caratteristico come la Cappella del Crocefisso.
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L'incantevole Val San Nicolò; sullo sfondo il Col Ombert e la Cima dell'Uomo
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La Cappella del Crocefisso lungo la Val San Nicolò
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Cima Undici e Cima Dodici paiono ora sorgere dal nulla al di sopra del bosco; se invece aguzzo lo sguardo verso il più lontano gruppo del Catinaccio, riesco a distinguere comodamente il Dociuril e il Ponsin, che ho salito ieri... Mi sto forse lasciando prender troppo la mano dagli splendori del posto (che io sia colpito da una sorta di "sindrome di Stendhal montanara"?...) ed è bene che ritorni in me: un'occhiata all'orologio mi fa capire che rischio di perdere la corriera. Dunque mi affretto verso la fermata di Pozza, che per fortuna riesco a raggiungere proprio pochi istanti prima che transiti il servizio che mi riporterà a Moena.
[Dolomiti 2004]
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