XIII: Moena - Passo di Costalunga - Labirinto del Latemar -
Radura di Mezzo - Passo di Costalunga - Moena
(a piedi)

Dopo la lussazione del gomito sinistro patita nell'escursione precedente, le mie gite hanno subìto uno stop di dieci giorni. Ma non è stato tanto quell'infortunio a bloccarmi, quanto una più banale faringite e laringite febbrile che mi è saltata fuori proprio in concomitanza della pausa forzata. Probabilmente avevo strapazzato troppo il mio fisico, che a un certo punto non ne poteva davvero più. Infatti, per un paio di notti prima dell'incidente m'ero svegliato con un respiro vagamente asmatico: segno che c'era già un'infiammazione latente a livello dei bronchi, che peraltro durante la giornata sembrava sparire. In seguito alla caduta, forse gli anticorpi si sono automaticamente convogliati nella zona del trauma, lasciando sguarnita l'area gola/polmoni. E così i primi giorni di convalescenza non sono stati certo piacevoli, e li ho trascorsi a casa o facendo brevi giri per Moena, con naso intasato, dolore alla gola, voce abbassata e febbre che saliva nel corso della giornata. La sera e la notte erano momenti penosi, non riuscendo a riposare anche per via del gonfiore al braccio che, almeno inizialmente, era piuttosto intenso. Più di una volta ho avuto la tentazione di allentarmi la doccia gessata che mi pareva comprimere troppo il braccio, ma se avessi operato in tal modo sarei poi dovuto tornare all'ospedale per un nuovo controllo, come mi era stato detto. Dunque ho stretto i denti cercando di sopportare, tenendo il più possibile il braccio in alto così da permettere il deflusso del sangue ristagnante. Il raffreddore è stato poi così acuto da togliermi completamente il senso del gusto per quasi una settimana. A un certo punto, però, non ce la facevo più a rimanermene fermo in casa, ed è così che, passata la febbre, ad appena cinque giorni dall'infortunio ho ripreso gli allenamenti, ovviamente col braccio ingessato al collo! Le prime corsette sono state un po' blande, complice l'articolazione che sentivo ancora piuttosto 'ballerina', ma pian piano ho aumentato tempi e ritmi. Al decimo giorno, infine, anche se non respiravo benissimo col naso, ho deciso di ripartire in gita, scegliendo un itinerario molto semplice dal punto di vista tecnico. Avevo spesso sentito parlare del Labirinto del Latemar, ma per vari motivi non avevo mai intrapreso quest'escursione che, invece, ho trovato parecchio varia e interessante. Desiderando renderla un po' più lunga, opto di partire a piedi direttamente da Moena, percorrendo il bel sentiero 519 che, ormai, conosco quasi a memoria. Superato lo strappo sopra il paese, raggiungo il grande masso chiamato Sass da le Strie, dove la leggenda popolare vuole che, se si accosta l'orecchio a una sua cavità, si sentono le streghe filare. Fitti boschi di aghifoglie mi fanno ombra dal sole che, quest'oggi, si fa abbastanza sentire. Alla mia sinistra domina il Sass da Ciamp, propaggine orientale del Latemar che, da qui, assume una forma del tutto diversa rispetto a Moena. La vegetazione via via si apre in pascoli e prati che in prossimità del passo si fanno sempre più ampi e luminosi. Malgrado sia costretto a respirare più affannosamente del solito, a causa del raffreddore ancora in atto, tiro avanti senza grosse pause. Il buon ritmo mi conduce al Passo di Costalunga in un'ora e mezzo, al posto delle due ore "ufficiali": sono soddisfatto di me, le gambe e il fiato mi assistono e dunque non ho perso l'allenamento, come invece temevo. Dopo un doveroso colpo d'occhio alla Roda di Vael e alla cresta del Masaré, che chiudono a sud il gruppo del Catinaccio, mi avvio verso la zona denominata Prati del Latemar, che presto abbandono per inoltrarmi nuovamente nel bosco.

Il Sass da le Strie

Il Passo di Costalunga con la
Roda di Vael e la cresta del Masaré

Varie strade forestali si intersecano, ma con la guida alla mano riesco a non perdermi, complici anche gli abbondanti e pittoreschi cartelli indicatori, come quello con una sirena posto all'imbocco del "Sentiero delle Leggende" che porta alla Radura di Mezzo. Man mano che penetro nella foresta il buio si infittisce e il fondo si fa melmoso... "Qui fra Sassi delle Streghe, Labirinti e Radure di Mezzo è tutto molto tolkieniano!", penso io. Dopo circa tre quarti d'ora, ecco un nuovo cartello: c'è Miss Marple che segnala l'inizio del "Sentiero Agatha Christie", quello che appunto si addentra nei meandri del Labirinto. Da uno spiazzo ho una splendida visione d'insieme del Latemar, col Cornon, lo Schenon e le frastagliate Torri: giro un breve videoclip, poi entro nel Labirinto. Il tortuoso percorso (comunque ben segnalato: non ci si perde, e se lo dico io...) risale con un incredibile, affascinante dedalo la zona dei massi precipitati circa due secoli fa dallo Schenon. Si gira prima di qua, poi di là, si passa sotto grosse pietre incastrate, ci si incunea in stretti passaggi: davvero non c'è un attimo di noia in questo originale percorso!

Il cartello con Miss Marple che
guida  all'ingresso nel Labirinto

Enormi massi incastrati, sotto ai
quali passa il sentiero del Labirinto

Si può anzi dire che a ogni svolta succede qualcosa di nuovo. Magari non ci sono i morti ammazzati di Agatha Christie, questo no, però dietro qualunque curva potrebbe esserci una sorpresa. All'improvviso, infatti, mi si parano davanti due coniugi tedeschi di mezza età che stanno procedendo in senso inverso. Come mi vede, lei assume un'espressione piuttosto sbigottita, forse perché non aveva percepito il mio passo felpato o, più probabilmente, perché non capita tutti i giorni di incontrare in montagna alpinisti col braccio ingessato al collo! Sorride e mi dice qualcosa, ma io non capisco un'acca di teutonico e mi limito a scherzare a gesti, facendomi "toc toc" sul gesso. Procedo senza problemi: ogni tanto c'è da scavalcare qualche masso un po' più grande degli altri, ma l'utilizzo delle mani, come prevedevo, è assolutamente superfluo. La salita non è affatto ripida e anche il dislivello generale è contenuto, essendo valutabile in circa 200 metri dal Passo di Costalunga, a cui però io devo aggiungerne altri 550 da Moena. Il punto più alto del Labirinto è collocato più o meno a quota 1910, ed è lì che ne approfitto per fermarmi a mangiare. Riesco a trovare un punto in cui posso sedermi senza ferirmi troppo il deretano e che, nel contempo, mi permette di godere il bel panorama che la giornata serena di oggi mi offre.

Uno stretto passaggio lungo il Labirinto

Il punto più alto del Labirinto, con
splendida vista sulla catena di Vael

Mi rifocillo con calma, anche perché la mobilità del braccio sinistro è ovviamente limitata. La vista è di quelle indimenticabili: di fronte a me domina la splendida catena di Vael, con la maestosa e impressionante "parete rossa" della Roda di Vael in particolare evidenza; tale sottogruppo del Catinaccio via via si appiattisce nell'altopiano dello Sciliar, al di sotto del quale scorgo l'abitato di Nova Levante, già in provincia di Bolzano. Se mi volto dalla parte opposta, il controluce sul Latemar è semplicemente incantevole. Mi trovo proprio al di sotto della strapiombante parete dello Schenon da cui s'è originata la frana. Cerco di esaminarla nel dettaglio, e per qualche breve attimo mi coglie una sottile paura: "Ma siamo poi certi che non potrebbero esserci nuove frane?...". Il Latemar, si sa, è un gruppo perfetto dal punto di vista fotogenico, ma non altrettanto per quanto riguarda la stabilità della roccia, che infatti è friabile quasi dappertutto. Per quanto tempo sopravviveranno ancora le bizzarre e frastagliatissime, ma oltremodo delicate e instabili Torri del Latemar? Oggigiorno, poi, l'uomo sta purtroppo violentando senza pietà l'ambiente, accelerando o provocando direttamente certi cataclismi naturali che, senza interventi esterni, succederebbero magari chissà quando. Siamo davvero sicuri che i crolli avvenuti quest'anno in diverse zone delle Dolomiti siano solo frutto della normale evoluzione geologica?...

Lo Schenon del Latemar, da cui
due secoli fa si è staccata la frana

Visione dall'alto della frana
che viene risalita dal Labirinto

Allontano da me questi tristi pensieri e riprendo il cammino. Dopo un breve tratto in discesa, un angusto passaggio fra due grossi massi segna l'uscita dal Labirinto.

Suggestivo controluce
sulle Torri del Latemar

L'uscita dal Labirinto

Il sentiero passa ora nel bosco e degrada verso la Radura di Mezzo. Non vi trovo elfi e gnomi, ma il luogo è ugualmente suggestivo: si tratta di una bella spianata erbosa con vista ideale sullo Schenon, ora più lontano.

Il cartello con la sirena che
guida alla Radura di Mezzo

La Radura di Mezzo

Da qui, in breve tempo per stradine forestali mi ricollego all'itinerario fatto all'andata prima di imboccare il Labirinto, e rientro agevolmente al Passo di Costalunga. Mi fermo per il rituale acquisto della cartolina ricordo, quindi giù, con destinazione Moena. L'escursione, pur non conducendo su nessuna vetta, mi è rimasta cara per i bei panorami e la singolarità del percorso del Labirinto. Utilizzando la macchina fino al Passo di Costalunga, la gita richiede meno di tre ore ed è dunque accessibile anche a chi è digiuno di montagna, o addirittura a famiglie con bambini.

[Dolomiti 2004]