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IX: Rifugio Rezila - Malga Colvere - Solci Alte - Forcella di Lusia - Cima del Gronton - Lago del Gronton - Ciadinon - Malga Colvere - Rifugio Rezila (a piedi)
Le escursioni
che ricalcano i percorsi militari della Prima Guerra Mondiale,
lo si sarà capito, costituiscono una delle mie maggiori passioni.
Avevo già affrontato la ferrata del Gronton nel 1988, ma il
libro "Le valli dell'Avisio", di Dante Colli e Arturo Boninsegna,
propone un'idea quantomai intrigante, aggiungendo a quella via
attrezzata altri sentieri scelti ad hoc, così da stare sempre
sui vecchi itinerari militari. Il tutto è denominato appunto
Sentiero dei Kaiserjäger:
siamo nel gruppo di Bocche, senz'altro accostabile alla parallela
catena dei Lagorai non solo per via della scura roccia magmatica,
ma anche per le meravigliose sensazioni offerte da una natura
selvaggia, non ancora compromessa dall'uomo. Da Moena raggiungo
il Rifugio Rezila in macchina. Quando inizio a camminare sono
le 8,25 e il caldo è incredibilmente già notevole, malgrado
i 1761 metri di quota. Pochi metri dopo il rifugio c'è subito
il bivio: devo abbandonare la carrareccia principale, che porta
al Passo Lusia, e imboccare a sinistra il n° 625, che in lieve
salita conduce ai riposanti pascoli di Colvere. Ancora una breve
traversata in quota nel bosco, finché scorgo un'altra deviazione.
Le frecce non lasciano dubbi: a sinistra il 625 proseguirebbe
verso la località Ciadinon, che io toccherò al ritorno,
mentre invece prendo a destra il n° 634 (direzione Caserin -
Gronton). Qui la salita si fa decisa, e il procedere mi risulta
un po' faticoso a causa dell'afa. Siamo infatti in quei giorni
che si riveleranno essere i più torridi dell'anno, e lo sbilancio
idrico è confermato dagli abbeveratoi che incontro, tutti completamente
in secca. I segnavia guidano verso le belle radure prative delle
Solci Alte, in un vero tripudio di fiori colorati, fino a uscire
sul bordo superiore di un ampio circo sassoso. I segni della
Grande Guerra si fanno sempre più evidenti, con trincee addossate
alle rocce alla mia destra, poco prima di sbucare alla Forcella
di Lusia (o di Caserin), a quota 2362. Il colpo d'occhio sull'opposto
versante è magnifico, col Lago inferiore di Lusia in bella evidenza.
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Verso le belle praterie delle Solci Alte
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Il Lago inferiore di Lusia dall'omonima forcella
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Inizia qui
la parte più impegnativa della gita, che prevede la percorrenza
della cresta del Gronton sfruttando un sistema di cenge naturali
piuttosto larghe ma anche un po' esposte. Vi sono provvidenziali
infissi di sicurezza che ricalcano appunto quelli della Prima Guerra
Mondiale: benché semplice, si tratta pur sempre di una "via ferrata",
e come tale richiede prudenza. Mi lego dunque in vita il cordino
coi moschettoni, poi indosso il casco e i guanti. Senza soluzione
di continuità il fondo del sentiero attrezzato è composto da enormi
pietroni disposti a mo' di scalinata; il livello di manutenzione
degli infissi non è però ottimale, e soprattutto in basso la fune
metallica talora è mancante, e sono quindi costretto ad affrontare
alcuni passaggi senza protezione. Il tasso delle difficoltà è comunque
modesto, pertanto procedo senza intoppi, pur con l'ovvia cautela
del caso.
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Mi lego prima della ferrata. Alle mie spalle la prima cengia della via
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Un panoramico passaggio lungo la ferrata del Gronton
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Veramente notevoli
le vestigia di guerra: tra sfasciumi di baracche, muri di ricoveri,
camini gradinati e postazioni di tiro l'interesse storico di questo
vero e proprio museo a cielo aperto è incommensurabile! La via si
mantiene costantemente sotto il filo di cresta, sul lato settentrionale:
in questo modo gli austriaci rimanevano al riparo dal fuoco degli
italiani. Più in alto c'è da percorrere una cengia piuttosto aerea
ed esposta, ma anche decisamente ampia: con l'autoassicurazione
non si corre il benché minimo rischio.
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Due cenge molto esposte, ma facili, nella parte finale della ferrata del Gronton
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L'itinerario
segnato passerebbe sotto la Cima del Gronton, ma quest'oggi (a differenza
della mia prima volta del 1988) sento di non poter fare a meno di
raggiungerne la sommità. La digressione richiede peraltro pochi
minuti, e a mezzogiorno in punto sono ai 2622 metri della vetta.
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Postazione di tiro sotto alla Cima del Gronton
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Cima del Gronton: il sentiero segnato la aggirerebbe sulla sinistra
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Dal Rezila
l'impegno fisico è stato piuttosto severo; complice quindi il giusto
orario e il tempo stabile mi accingo a una lunga sosta. Il panorama
a tutto tondo è davvero magnifico, in particolare il colpo d'occhio
sui sottostanti, incantevoli Laghi di Lusia, ora visibili entrambi
(il superiore e l'inferiore); a sud si staglia l'intera catena dei
Lagorai, quindi, in senso orario, Cima Viezzena, la Val di San Pellegrino
con Moena e il Latemar sullo sfondo; poi i Monzoni e la catena del
Costabella, mentre a est la visuale è chiusa dalla possente mole
della vicina Cima Bocche. Mangio con calma e mi riposo; in seguito
mi sposto sui vari angoli della cima. Su un lato c'è un provvidenziale
ricovero - una tettoia con panchina e tavolino - quantomai utile
in caso di maltempo. Ritornando invece all'estremità opposta, riesco
a scrutare abbastanza bene l'avventuroso percorso che mi attende,
e che prevede la prosecuzione lungo la cresta del Gronton e la successiva
discesa nella larga conca a nord, laddove scintillano le acque del
piccolo Lago del Gronton. A dire il vero sono visibili alcune tracce
lungo il pendio detritico, ma non mi è possibile capire il punto
esatto della cresta dal quale occorre calarsi per poi raggiungerle,
e ciò sarà all'origine delle indecisioni che dovrò affrontare in
seguito. Per il momento non ci penso, e do un'altra occhiata alle
vette circostanti. Mentre lungo il mio sentiero non ho fin qui incontrato
anima viva, la sommità di Cima Bocche pullula di escursionisti,
evidentemente stimolati dalla bella giornata. Ma ecco due miei 'colleghi'
che hanno appena ultimato la ferrata; si tengono sul sentiero rinunciando
alla Cima del Gronton, quindi vedo che vanno per un po' avanti e
indietro lungo la cresta, ma alla fine riescono a scendere verso
il Lago del Gronton. Guardo l'orologio: è già un'ora e un quarto
che sono fermo ed è meglio ripartire, dato che non conosco bene
il tracciato successivo.
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Su Cima del Gronton. Sullo sfondo, in secondo piano, il gruppo del Latemar
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La possente mole di Cima Bocche dalla Cima del Gronton
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Ritorno sul
n° 634 e quasi subito arrivo al bivio (stavolta ben segnalato, a
differenza del 1988) che invita a scendere sul versante opposto,
cioè alla Forcella di Bocche. Alcuni scoloriti segnavia continuano
invece, per l'appunto, lungo la cresta del Gronton. Qui i pericoli
si fanno obiettivamente più rilevanti: le cornici si restringono
in modo drastico e, soprattutto, scompaiono di botto le protezioni
metalliche! Ci sono i chiodi lungo la parete, ma mancano le funi
che li collegano. E' necessario non soffrire di vertigini e non
lasciarsi prendere dalla foga. Comincio a non esser più tanto fresco
e in qualche momento avverto il bisogno di fermarmi per raccogliere
le idee: lo faccio in prossimità dei chiodi, assicurandomi col moschettone
direttamente dentro l'anello dei chiodi medesimi. Dopo un attraversamento
in quota a dire il vero non troppo lungo, alcuni residuati militari
mi ripagano alla grande dell'impegno: si tratta di trincee, camminamenti
e postazioni di tiro in eccezionale stato di conservazione, senz'altro
i più spettacolari di tutta la giornata. Esploro in lungo e in largo
questi luoghi, mi affaccio dalle feritoie, tocco i pietroni disposti
con incredibile maestria da quei poveri soldati, e ancora una volta
il mio commosso ricordo va a quella gente sventurata, mandata assurdamente
a morire di freddo e di stenti in zone tanto impervie... Poi cerco
di capire come fare per scendere. I segnavia bianco-rossi sono scomparsi
e da qui non mi è più possibile scorgere alcuna traccia sotto di
me. Provo a ricordare cosa avevo visto dalla Cima del Gronton, ma
non è così facile, anche perché qua la prospettiva è completamente
diversa. Per avere una migliore visuale mi porto su una cima (senza
nome sulle mie carte) contrassegnata da una piccola, rudimentale
croce in legno su cui è stato avvolto del filo spinato, ma anche
da qui non mi è possibile individuare alcun passaggio agevole. Il
mio è ora un confuso peregrinare in su e in giù, a destra e a sinistra.
Salto letteralmente da una trincea all'altra, da uno sfasciume di
baracca all'altro, ma senza esiti: il ripido, roccioso e detritico
pendio sottostante mi pare inabbordabile, e calarsi giù a caso significherebbe
andarsi a ficcare in situazioni oltremodo rischiose. Mi coglie una
certa inquietudine che arriva a sfociare nell'agitazione. "Non devo
perdere la calma; meglio fermarmi e riflettere bene", impongo a
me stesso. Mi siedo su un piccolo pianoro e provo a esaminare in
modo più scientifico la scarpata ai miei piedi. Finalmente indovino
un evanescente corridoio sassoso che pare di un colore appena diverso
rispetto al resto delle rocce. Per raggiungerlo mi abbasso e nel
contempo faccio un ampio giro verso ovest, finché scopro che la
mia intuizione era giusta: sono su una labilissima traccia che mi
permette di superare la cintura rocciosa con pochi passi di facile
arrampicata in discesa; più in basso il pendio detritico si fa meno
ripido e più percorribile, quantunque il presunto Sentiero
dei Kaiserjäger sia
di fatto inesistente... Scendo ancora e comincia la vegetazione:
la traccia scompare del tutto, inghiottita dall'erba alta, segno
evidente che qui non transita praticamente nessuno. Perlomeno è
impossibile che io mi smarrisca, dato che il Lago del Gronton è
ormai vicinissimo.
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Trincea con postazione di tiro sulla cresta del Gronton oltre il percorso attrezzato
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Avvisto diverse
marmotte; una di esse, bella paffuta, è piuttosto vicina a me, ma
si rintana subito. Ironia della sorte, proprio quando non ne sentivo
più il bisogno, ecco che per magia ricompaiono degli sbiaditissimi
segnavia bianco-rossi! Ma perché, dico io, spesso in montagna capita
che la segnaletica sia più accurata in basso, laddove neanche un
cieco riuscirebbe a perdersi, mentre in alta quota è totalmente
deficitaria? Il suddetto testo "Le valli dell'Avisio" indica che
il percorso è stato segnato nel 1984: beh, come minimo da allora
nessuno s'è più preso la briga di eseguire una manutenzione che
appare quantomai doverosa!
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Il piccolo ma pittoresco Lago del Gronton
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Guardo con soddisfazione la cresta del Gronton che ho appena percorso
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Ma tant'è: da qui in avanti non ho più problemi, e mi aspetta una lunga, solitaria discesa in mezzo a ombrosi boschi. Giungo presso l'ampia radura del Ciadinon, solcata dall'omonimo rivo, quindi devio a sinistra (ovest) fino a incrociare il n° 625. Tale sentiero corre più o meno in quota e mi riporta a Malga Colvere; da qui, lungo lo stesso percorso della mattina, rientro al Rifugio Rezila: pur comprendendo le soste, sono trascorse ben nove ore dall'inizio della gita. L'escursione è stata faticosa ma assolutamente remunerativa; sento di consigliarla a qualunque camminatore evoluto, dato che anche la ferrata del Gronton non crea veri problemi, beninteso se non si soffre di vertigini. Finché però non verrà fatta la manutenzione cui dianzi accennavo, raccomando tassativamente di non proseguire lunga la cresta del Gronton oltre la cima omonima: il filo si fa impervio, sottile e soprattutto pericoloso, mancando del tutto gli infissi di sicurezza. Anche il percorso di discesa verso il Lago del Gronton è insidiosissimo, finché non verrà adeguatamente battuto e segnalato. Ora come ora, è assai più saggio dar retta alle indicazioni principali che, come detto, invitano a un certo punto a scavalcare la cresta e a scendere alla sottostante Forcella di Bocche; da lì si può rientrare col n° 633 che, dai Laghi di Lusia, riporta al Passo Lusia; in ultimo si scende al Rifugio Rezila per la carrareccia. Peccato, giacché i resti meglio conservati della Grande Guerra sono al termine della cresta del Gronton, ma tutto sommato è meglio rispettare certe priorità...
[Dolomiti 2005]
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