Estremo. Teso, disperato. Garden Wall è definitivamente un progetto che non ricerca facili e comode scorciatoie per compiacere l'ascoltatore, ma al contrario intende prenderne a calci le proprie labili certezze, fino a violentarne l'inconscio. Il quinto disco del combo friulano prosegue speditamente nel solco evolutivo tracciato dal precedente Chimica, offrendoci un sound cupo e taglientissimo dominato dalle chitarre distorte, ideale complemento della carismatica voce del leader Alessandro Seravalle.
L'inizio rumoristico-industriale di "Lead" è già chiarificatore della dimensione claustrofobica in cui verremo precipitati; ad esso segue un furioso e dissonante attacco frontale, col supporto di una ritmica parossistica. Il cantato di Seravalle, una sorta di Peter Hammill ancor più teatrale e stravolto, si integra alla perfezione nello schizoide songwriting, che spesso prevede passaggi placati e addirittura lirici, per poi ripartire con una rabbia ancora maggiore. E' possibile conciliare thrash metal e avanguardia contemporanea? Ascoltate il delirio racchiuso negli oltre 9 minuti di questa track, dopodiché ne sarete convinti. Un violino simil-tzigano dona a "Hatred" inusitate sfaccettature etniche, mentre un "largo" sofferto e suggestivo è stroncato dal consueto "ripieno" castigante. Notevoli gli incastri ritmici di "Anniversary", forse il mio pezzo preferito in virtù di un "crescendo" degno dei King Crimson e soprattutto di un passaggio centrale epico e dark al tempo stesso, grazie all'organo in sottofondo. Nella durissima "Bisturi" un break per pianoforte sa farsi apprezzare, e lo stesso vale per "Deinococcus Radiodurans", dove poi si rilevano vocalizzi quasi alla Stratos. Più brevi ma non prive di interesse "Obsession" e "Christmas Eve": nella prima trova spazio un'apertura cosmico/psych, nella seconda, più classicamente power metal, un azzeccato violino mediorientale. Le chitarre acustiche di "Negation of Becoming", su una base à la Gentle Giant, lasciano poi il posto ad un tenebroso connubio fra basso e pianoforte, e a un assolo di chitarra quasi jazzy: senz'altro uno dei momenti migliori del disco. Chiude "Dreams' Slayer", sapiente conferma dell'iperespressionismo firmato Garden Wall.
Sotto la scorza dell'intransigenza, emergono Zeuhl music, Rock in Opposition e molto altro ancora in questo ottimo lavoro i cui 70 minuti forse alcuni preferiranno prendere a piccole dosi: dal canto mio ribadisco l'ammirazione per l'intelligenza e la creatività del gruppo. E allora "dimenticate i colori", la realtà è un'eminenza nera che non fa sconti a nessuno.

Francesco Fabbri - giugno 2002

Con la dirompente forza di un uragano tornano fra noi i Garden Wall di Alessandro Seravalle, in assoluto uno dei personaggi più acuti e sensibili del panorama alternativo nostrano. Towards The Silence è la logica continuazione progettuale di quanto espresso in Forget The Colours, e, se possibile, va addirittura oltre, risultando un autentico cazzotto in faccia a chi, nella musica, cerca tenere rassicurazioni. A metà fra l'incubo e la lucida follia, Garden Wall dunque spiazza ancora, e con la delicata ferocia che gli è propria avvince senza ritegno.
"Caesura" è traccia subito paradigmatica: su una brutale base che combina King Crimson e Tool si innestano i vocalizzi teatrali di Seravalle, abile a passare da un potente registro hammilliano a preziosismi degni di Stratos. Veramente carica di malessere è poi "Luna", col suo aggressivo riff tra post-grunge e nu-metal e le medianiche narrazioni in varie lingue. Qui come altrove si nota la modernità nella ricerca timbrica, vedi il rullante 'sonoro' sul modello dei Metallica di "St. Anger"; lo storico combo di San Francisco è, almeno in parte, tenuto in considerazione nelle sfuriate
thrashy di "Bottom", i cui dieci minuti e mezzo dichiaro di gradire in modo speciale in virtù dei cambi di atmosfera, vedi i veloci assoli jazzati semiacustici dell'ospite Alex Stornello e le rarefazioni space che interrompono l'assalto frontale. Dunque in Garden Wall nulla è melodicamente scontato, e a Seravalle & soci interessa prima di tutto sperimentare: lo si evince dalle dissonanze e dalla ritmica frastagliatissima di "4" (i grandi, misconosciuti Ixt Adux sono dietro l'angolo), dalle curiose schitarratine quasi funky di "Inadeguato", dal tappeto di synth che stempera le spigolosità di "Tome'", e dal robotico, minimale kraut-rock di "Der Stille Entgegen".
E' tuttavia importante rimarcare che il disco è, nel suo complesso, omogeneo, e ciò è indice di chiarezza d'intenti. Seravalle e i suoi accoliti Camillo Colleluori (batteria), Raffaello Indri (chitarre) e Pino Mechi (Chapman Stick) hanno quindi colto nel segno; resta ora da vedere quale pubblico conferirà l'adeguato feedback. Seravalle si era giustamente lamentato delle 'ristrettezze mentali' di certi
canonic-progsters, aggiungendo di aver riscontrato una maggiore attenzione da parte dell'ambiente metal. Pur sconsigliabile ai deboli di cuore (e di spirito), Towards The Silence è altamente raccomandato a tutti gli amanti di un sound avventuroso e senza paraocchi.

Francesco Fabbri - aprile 2005

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