III: Moena - Predazzo - Zaluna - Bellamonte - Castelir - Forte Dossaccio -
Paneveggio - Bellamonte - Sottosassa - Predazzo - Moena
(in mountain bike)

Poco stanco dalla precedente gita sui Lagorai, l'indomani, vista anche la bella giornata, riparto subito per una nuova escursione, che stavolta faccio in mountain bike. Parto da Moena e percorro la Statale fino a Predazzo (purtroppo non vi sono alternative, data la distruzione delle carrarecce sul lato sinistro della valle per la realizzazione della variante), poi devio in direzione Bellamonte, ma presto abbandono l'asfalto per immettermi in una ben più piacevole sterrata in mezzo ai prati. Quest'oggi la temperatura è salita nettamente rispetto ai giorni scorsi, e già ora, di primo mattino, fa abbastanza caldo. La carrareccia si inerpica con media ripidità, e dopo un po', in località Zaluna, si ricongiunge con la strada normale. Affronto in salita i tornanti che mi portano a Bellamonte, e poi proseguo fino alla deviazione per Castelir, che imbocco. Ancora un chilometro di asfalto, e scorgo sulla destra una stradina sterrata: è una vecchia mulattiera austriaca che si addentra in un bel bosco. La pendenza non è mai eccessiva, però il fondo è abbastanza malagevole per la mountain bike, pieno com'è di quei sassi riportati che caratterizzano le strade militari, lungo le quali dovevano transitare (senza affondare) anche pesanti carri, carichi di armi o viveri. Nei pressi di Cheta il panorama si apre su ampi prati, mentre davanti a me le Pale di San Martino si mostrano via via con sempre maggiore imponenza.

La radura di Cheta

La strada militare austriaca

Il melodioso canto di grilli e uccellini si sparge tutt'intorno, mentre continuo a salire in bici tenendo un ritmo costante, senza spremermi troppo col conseguente rischio di "scoppiare". Adesso il terreno è migliorato e l'incedere risulta meno problematico; la salita è continua, però non ci sono bruschi strappi. Dopo circa tre ore dalla mia partenza da Moena, ecco finalmente in cima al poggio la poderosa mole del Forte Dossaccio. Costruito dagli austriaci in posizione strategica fra il 1890 e il 1895, era munito di mitragliatrici, cupole girevoli e quattro cannoni sul tetto. Nella Grande Guerra, tuttavia, non venne di fatto utilizzato, tanto che nel 1916 si provvide a disarmarlo e a trasformarlo in un semplice deposito; al posto dei cannoni furono messi quattro grossi tronchi di albero, così, almeno in lontananza, il nemico italiano poteva credere che il forte fosse sempre militarmente attivo! Ma mi riservo di approfondirne la conoscenza più tardi: benché non mi senta troppo stanco, ho pur sempre superato 850 metri di dislivello da Predazzo, in più fa caldo e anche lo stomaco reclama. Mi siedo su un'ampia radura da cui si gode una splendida vista sulle Pale di San Martino e sugli interi Lagorai e mangio. Alla spicciolata, arrivano alcuni escursionisti. C'è chi prosegue subito e chi si trattiene un po', ma mai troppo a lungo, cosicché sono quasi sempre solo.

Le bastionate del Forte Dossaccio.
Sullo sfondo le Pale di San Martino

La parte anteriore del Forte Dossaccio

Toltami la fame, inizio una più accurata esplorazione del forte. Un cartello avvisa che la struttura è pericolante e che è vietato oltrepassare la staccionata in legno costruita intorno, in attesa di un imminente recupero a opera degli enti locali. Mi ci gioco qualunque cosa che, dopo tale ristrutturazione, ci sarà un biglietto a pagamento... Esamino il forte da varie angolazioni e in effetti mi rendo conto che le mura sono ormai fatiscenti. L'ingresso principale, con un ponte che passa sopra il largo fossato, è stato chiuso con un'inferriata munita di lucchetto. Ma il desiderio di vedere il tutto da vicino è troppo grande. Che fare? Certo non verrà nessuno a darmi una multa, dico io; per cui, intanto, scavalco la staccionata. Esamino il fossato e cerco di individuare il passaggio migliore per raggiungerne il fondo. In un punto i pietroni mi sembrano più scalinati e stabili, e abbastanza agevolmente mi ritrovo giù in basso, in mezzo all'erba alta. Mi avvicino alle mura del forte. Per entrare dentro dovrei arrampicare per un paio di metri fino a raggiungere una finestra, ma la mancanza di scarpe adatte e il timore di perturbare la già precaria stabilità dell'edificio mi fanno desistere. Oltretutto, le possenti volte interne del forte sono già visibilissime, per cui mi accontento di inerpicarmi sul muro fino a guadagnare la completa apertura della finestra, e finalmente posso scattare la foto che trovate qui sotto.

L'ingresso principale del forte

Il fossato a protezione del forte

Le possenti volte interne del forte

Poi mi riabbasso dentro il fossato, lo risalgo dalla parte opposta e torno alla mountain bike. Le indicazioni presenti su una cartina in mio possesso parrebbero segnalare che è possibile discendere sul versante opposto del poggio: tento il cimento, spinto anche dal desiderio di aggirare il forte per vederlo dagli altri lati. Ben presto, però, mi rendo conto che non c'è alcun sentiero, e sono costretto a scendere a piedi lungo un pendio ripidissimo che, oltretutto, a un certo punto pare interrompersi in un burrone. "In effetti suona strano che un forte, posto in cima a un colle con funzioni sia offensive che difensive, sia reso vulnerabile da un duplice accesso...", penso dentro di me. Non sto a indugiare un minuto di più, ritorno in cima e comincio la discesa lungo la carrareccia percorsa all'andata. A quota 1700 circa, imbocco un bivio ben segnalato sulla destra: la sterrata ha un fondo più che buono, e in poco tempo mi ritrovo a Paneveggio. Seguo la Statale che costeggia il Lago di Forte Buso e, nuovamente a Bellamonte, lascio la strada asfaltata girando a sinistra. Dal campeggio una ripida scorciatoia mi conduce sul sentiero n° 660 che poi si allarga e si spiana in corrispondenza della località Sottosassa. E' un luogo buio e chiuso, ma suggestivo: il torrente Travignolo è incassato fra alte rocce verticali, e alcuni punti sono stati attrezzati con chiodi e moschettoni per farne brevi vie adatte come palestra di arrampicata. Dopo un paio di ponti sul Travignolo, in breve sono a Predazzo.

Il bivio fra Zaluna e Sottosassa poco fuori Predazzo

Per tornare a Moena, come detto, non ho alternative alla Statale, e nel pomeriggio sono a casa con 58 chilometri complessivi sul mio 'computerino' di bordo.

[Dolomiti 2005]