XIII: Val Monzoni - Forcella del Pief - Forcella dell'Ort - Passo delle Selle -
Punta delle Selle - Passo delle Selle - Rifugio Taramelli - Val Monzoni
(a piedi)

Non essendo particolarmente stanco dopo la pedalata al Lago di Cece, l'indomani riparto subito per una nuova avventura. D'altronde il nitido azzurro del cielo mi invita a non lasciarmi sfuggire l'occasione, e a conti fatti ho visto giusto, dal momento che quella odierna si rivelerà essere in assoluto la giornata con le migliori condizioni meteorologiche di tutta l'estate: neppure una nuvoletta, neanche al pomeriggio inoltrato! Il mio itinerario si snoda in uno dei luoghi più incantevoli di tutte le Dolomiti, compreso fra la Val San Nicolò a nord, la catena del Costabella al centro e il gruppo dei Monzoni a sud. C'è anche l'intermezzo di una via attrezzata che, per quanto breve, arricchisce la varietà dell'impegno escursionistico richiesto. Lasciata la macchina in Val Monzoni laddove comincia il (giusto) divieto di transito agli automezzi privati, proseguo a piedi. Sono le otto e mezzo e il freddo è pungente: il termometro incluso nel mio altimetro segna appena 6 gradi! Tengo quindi la giacca della tuta, mentre risalgo la valle con una certa speditezza, il che non mi impedisce di gustarmi i molteplici incastri delle luci e delle ombre dentro al bosco. Al Pont de Ciamp ecco il bivio: devo lasciare la Val Monzoni e deviare a sinistra per il n° 641. La pendenza adesso si fa sentire, però la bassa temperatura mi toglie in gran parte il senso dell'affaticamento. Quando sono più in alto mi si apre un magnifico scenario, con i bei boschi sormontati dalle scure rocce dei Monzoni. Ancora qualche serpentina e arrivo ai 2186 metri della Forcella del Pief, dalla quale posso ammirare gli ameni prati della Val San Nicolò, in cui è incastonato, poco sotto di me, l'incantevole Lagusel. Già intravedo la freccia per il prosieguo della mia gita, ma intanto ne approfitto per tirare un po' il fiato. La prevedibile escursione termica fa sì che adesso sia già più caldo, per cui ripongo la giacca e rimango in maglietta. Poi provvedo a legarmi: già, comincia adesso il sentiero attrezzato "Gino Badia", che mi permetterà di scavalcare la catena del Costabella attraverso la Forcella dell'Ort. Prima di partire, però, non posso fare a meno di fotografare il suggestivo connubio offerto dal laghetto del Pief, dalle vicine baite e, sullo sfondo, dai rilievi erbosi del Sas de Adam e del Sas de Porcel.

Salendo verso la Forcella del
Pief. Sullo sfondo i Monzoni

L'idilliaco paesaggio
intorno al laghetto del Pief

Ma ora è il caso di proseguire. La deviazione, a destra, guida lungo le pendici occidentali del Sas del Pief, che prima si risalgono e poi si aggirano in costa. Sulle carte il sentiero è segnato come "per esperti"; è sufficiente tuttavia un minimo di attenzione per non avere particolari problemi. Dopo un ampio giro, ecco che uno stretto passaggio guida in un sito caratteristico e altamente suggestivo: il circo dell'Ort. Si tratta di un'ampia conca di evidente origine glaciale, del tutto invisibile dal basso; è dunque azzeccata la definizione di Colli e Boninsegna ("Le valli dell'Avisio") come di un "luogo perfetto e segreto". Davvero vi si percepisce il palpito di una montagna quantomai solitaria e selvaggia! La conca, da qui, sembra completamente chiusa dalle promanazioni ovest della catena del Costabella. "Come sarà mai possibile scavalcare oltre?...", chiedo a me stesso. Risalgo con un po' di fatica il pendio sassoso nel suo punto centrale, sempre seguendo i segnavia.

Il solitario e selvaggio circo dell'Ort

La faticosa risalita del circo dell'Ort

Giunto ormai a ridosso delle pareti, l'arcano si scioglie un po' alla volta: c'è un canale roccioso che, in alto, pare sbucare in un'angusta fenditura della montagna. Per avvicinarlo devo però rimontare un ultimo strappo su sentiero ripido e ingombro di minuscolo ghiaino. La manovra è comprensibilmente malagevole, però alla fine raggiungo l'attacco del tratto ferrato. Mi assicuro con cordino e moschettone alle funi metalliche, le quali aiutano non poco a superare il ripido canalone con un tracciato vario e interessante. Benché non esposti, alcuni tratti sono abbastanza verticali, però ricchi di appoggi per i piedi.

Un passaggio lungo il sentiero
attrezzato "Gino Badia"

Sentiero attrezzato "Gino Badia": la mia
mano e il moschettone lungo la fune metallica

Dieci, forse quindici minuti di agevole arrampicata all'ombra, poi all'improvviso c'è una visione contrastante: da uno strettissimo pertugio esce una lama di luce. Tale spaccatura è appunto la Forcella dell'Ort (2502 metri), e raggiungerla per poi affacciarsi sul versante opposto dona una sensazione incredibile: si aprono infatti panorami assolutamente nuovi, ma soprattutto il corpo, ancora contratto e infreddolito dalla ferrata al 'buio', viene improvvisamente investito dalla luce e dal calore del sole!

Lo strettissimo passaggio
della Forcella dell'Ort

La suggestiva lama di luce
che filtra dalla Forcella dell'Ort

Un'ondata benefica mi attraversa da capo a piedi; è ormai mezzogiorno e dunque è il momento della pausa lunga della giornata. Tacitato lo stomaco, mi diverto a constatare come dalla striminzita forcella si possano vedere montagne differenti, variando di poco il punto di osservazione: come nel mirino di uno strumento ottico, riesco a traguardare ora il Sassolungo, ora la Roda di Vael. Se invece mi giro su me stesso, lo... schermo panoramico è di quelli indimenticabili: dal Passo delle Selle, andando verso ovest, si distinguono tutti i rilievi dei Monzoni: Punta delle Selle, Punta Alochet, Rizzoni, Cima Ricoletta, Cima Malinverno, via via fino al valico della Costella, dove le rocce effusive lasciano il posto a quelle chiare del gruppo della Vallaccia. Sopra di me, alcuni curiosi pinnacoli strapiombanti incutono un certo timore. Mentre sono immerso in estasi contemplativa, dal versante delle Selle arrivano tre gardenesi non più giovanissimi. Si affacciano oltre la Forcella dell'Ort per dare un'occhiata al tratto ferrato, e non possono trattenere la meraviglia e la preoccupazione esaminando il dirupato e verticale canalone. Notando il mio cordino con moschettoni ancora legato in vita, mi chiedono informazioni sulla difficoltà di quel sentiero attrezzato, specificandomi che dovrebbero programmarvi una gita con una cinquantina di persone sui 60-70 anni. Rispondo che il percorso non è difficile, e che magari da qui è solo la verticalità a intimorire un po'; in realtà la roccia è percorribile. Aggiungo che, semmai, dato il cospicuo numero di persone che si troverebbero contemporaneamente sulla via, fra l'altro un po' attempate, un'insidia potrebbe essere costituita dalla caduta dei sassi. Per questo, e anche per avere minori imbarazzi dal punto di vista tecnico, meglio percorrere la ferrata in salita, così come ho fatto io. Completata tale spiegazione, due alpinisti, che hanno appunto risalito il 'mio' versante, sbucano alla forcella. Sono anch'essi della Val Gardena, e, incredibile ma vero, conoscono i tre che già sono con me! I due sono molto gioviali e alla mano e, avendo saputo che io sono moenese da parte di madre, cominciano a parlarmi nel loro dialetto. Ma io capisco bene solo il ladino di Moena e della Val di Fassa, mentre quello gardenero, infarcito com'è di parole di diretta derivazione tedesca, è per me incomprensibile! Li avviso subito del problema e dunque chiacchieriamo in italiano. Quello che, fino a pochi minuti prima, era un luogo solitario e fuori dal mondo, s'è istantaneamente trasformato in un salotto di disquisizioni alpinistiche! Poi i cinque ripartono, mentre io resto ancora a godermi la splendida giornata. Un po' a malincuore, ma alla fine anch'io riprendo il mio itinerario. Scollino dalla parte opposta: c'è da discendere un ripido ma facile pendio, addossato alle pareti rocciose. A causa del sole la ghiaia è bianchissima, accecante.

Il Sassolungo 'traguardato'
dalla Forcella dell'Ort

La Forcella dell'Ort
dal versante delle Selle

Giunto nella valle sottostante, devo adesso risalire un breve tratto per poi ritrovarmi al Passo delle Selle. I resti della Grande Guerra sono cospicui: baracche in rovina, muri, trincee... Proprio sul passo è stata collocata una croce formata dal sostegno di un cavallo di Frisia su cui è stato avvolto del filo spinato. Ai suoi piedi, una statuina della Madonna.

Resti di una baracca della Grande Guerra
in prossimità del Passo delle Selle

La croce di filo spinato con la statuina
della Madonna al Passo delle Selle

Al contrario della Forcella dell'Ort, questo valico è molto aperto e dunque sferzato da un vento notevole: devo vestirmi. La vista sull'intero gruppo del Catinaccio è incredibile, mentre, per quanto riguarda la dorsale ovest del Costabella da me appena scavalcata, da qui si fa ormai fatica a distinguere la Forcella dell'Ort: solo chi, come me, l'ha già affrontata, può ancora intuirla... Purtroppo, la bellezza del luogo dove adesso mi trovo è in parte rovinata dal disordinato vociare della gente. Infatti sono diverse le comitive di gitanti, la cui nazionalità è ahimè sempre la stessa: dispiace dirlo, ma se in montagna trovi persone rumorose e schiamazzanti, puoi scommettere che si tratta senz'altro di italiani. Costoro, nella quasi totalità dei casi, non hanno capito nulla di cosa significhi il vivere la montagna. Si comportano qua con la stessa maleducazione che userebbero sulla spiaggia di Rimini, e per me questo è imperdonabile. Ben raramente si spingono in alta quota, accontentandosi di fermarsi ai rifugi a mangiare polenta e luganeghe, finendo spellati come tanti allocchi... Salvo, poi, lamentarsi per iscritto sulle riviste di turismo! Personalmente io ho capito l'antifona già da molti anni, e considero i "rifugi" solo per quello che vale il senso stretto della parola: punti d'appoggio da utilizzare esclusivamente in caso di emergenza, o al massimo per comprarci una cartolina col timbro. Tornando alla mia gita, per togliermi dalla cagnara e poter ammirare le montagne in santa pace, decido allora di raggiungere la vicina Punta delle Selle, da me peraltro già salita l'anno scorso, essendo il primissimo tratto dell'Alta Via "Federspiel". Sono le 15 e voglio mettere alla prova la mia efficienza fisica: punto il cronometro e parto. Un breve percorso di cresta e alle 15,05 sono già ai 2593 metri della vetta, la maggiore altitudine della giornata. Da qua posso finalmente godere una visuale perfetta e indimenticabile: a partire da est e in senso orario, distinguo con rara nitidezza Pelmo, Civetta, Bocche, Pale di San Martino, Vallaccia e Catinaccio. Tutto, a trecentosessanta gradi, è assolutamente meraviglioso!

Sulla Punta delle Selle. Dietro di me le scure rocce
di Bocche e quelle chiare delle Pale di San Martino

Il gruppo del Catinaccio dietro alle
propaggini del Costabella dal Passo delle Selle

Ma è tempo di rientrare. Al Passo delle Selle continua a tirare un forte vento, per cui non indugio oltre e mi avvio in giù lungo la valle. Il giorno dopo avrò la gara podistica "Anter le Lum" a Pozza (vedi pagina dedicata a Cristian Zorzi): dunque, laddove la pendenza e il terreno me lo permettono, tengo un passo a metà fra la marcia e la corsa in souplesse, malgrado gli scarponi e lo zaino non siano certo ideali allo scopo... Dopo esser passato alla destra del laghetto delle Selle, ormai quasi prosciugato, il sentiero conduce al Rifugio Taramelli, nel cuore di una zona davvero notevole dal punto di vista geologico. Da lì, non mi rimane che discendere per intero la Val Monzoni, trascurando ogni deviazione, fino a ritrovarmi, intorno alle 17, al punto di partenza della mattina.

[Dolomiti 2005]