Copertina, titolo e intro del disco traggono un po' in inganno circa gli ambiti tematici sviluppati dagli olandesi Fluxury. Parrebbe infatti di trovarsi di fronte a un progetto di musica cosmica, elettronica o new age, ed invece il gruppo privilegia un curioso prog tenue e sofisticato al tempo stesso, debitore il giusto verso certe suggestioni "leggere" dei Paesi Bassi. Ciò tuttavia non implica l'agitarsi nel commerciale più bieco o sfacciato, dunque la proposta mantiene sempre una sua dignità.
Queste, perlomeno, sono le intenzioni "a monte" che provo ad intuire; purtroppo la loro estrinsecazione pratica risulta deboluccia e presta il fianco a diverse critiche. Il problema maggiore riguarda le parti vocali: nettamente scarse quelle maschili nella loro incertezza ed assenza di incisività, appena passabili quelle femminili. La cosa si sopporterebbe se il disco fosse in prevalenza strumentale, ma disgraziatamente è proprio la partitura vocale ad avere un ruolo importante (per la serie "facciamoci del male"), come conferma il suo missaggio "in avanti". Le buone intuizioni ci sarebbero pure, e alcuni garbati e piacevoli acquerelli paiono rifarsi al Canterbury rimodellato dagli Utopian Fields, però il songwriting non raggiunge mai vette stratosferiche, anche perché la frammentarietà delle tracks (ben 22, molte delle quali durano appena 1-2 minuti...) inibisce strutture particolarmente ardite. Una maggiore vivacità si riscontra in "Lookup (tutti)", con accentuate dissonanze secondo moduli gentlegiantiani, e dove fa capolino una chitarra un po' più ardita; non disprezzabile anche la presenza sinfonica di "Snakecharmer setback", l'atmosfera di "All I see", la buona volontà di "Anonymous insomniac", la varietà di "In silence we trust". Tutto il resto - ed è tanto, visto che il CD dura oltre 70 minuti - annega nell'abbozzato e nell'incompiuto, vedi talune sonorità sintetico-sperimentali che appaiono goffe ed avulse dal resto. Alcune idee, in futuro, potrebbero essere meglio sviluppate, ma urgono interpreti diversi da quelli attuali (specie alla voce) e una maggiore maturità tecnica e compositiva.

Francesco Fabbri - giugno 2002

Il caso dei Fluxury dovrebbe essere didascalico per molti gruppi, debuttanti o meno. L'esordio "Lunar escape velocity" era tutt'altro che eccezionale, e infatti a suo tempo lo recensii muovendo alcune doverose critiche. Il folto combo olandese non s'è perso d'animo: ha lavorato duro, modificando, guarda caso, proprio gli aspetti deboli che avevo segnalato; infine, a distanza di qualche anno, è tornato nuovamente a chiedere il mio giudizio. Quanta differenza rispetto a certi artisti, soprattutto (dispiace dirlo, ma è la verità) italiani, con i quali, se solo t'azzardi ad avanzare un mezzo suggerimento costruttivo, è automatico ritrovarti 'cassato' dal successivo giro promozionale!
Il miniCD "Me, the enemy" funge da apripista per un
full-length CD di prossima pubblicazione. Ebbene, come già detto, rispetto al passato il progetto appare sensibilmente cresciuto, in quanto sfrondato dai vecchi dubbi e incertezze. Il primo particolare che balza all'attenzione è il riassetto delle parti vocali: cosa non da poco, visto che proprio lì si concentrava il grosso dei problemi. E così l'inusuale trama melodica della title-track ben supporta il valido, classico prog ivi racchiuso (vedi Fruupp e Gentle Giant), confortato da tempi dispari all'altezza. La breve "After the revolution", costruita attorno alla splendida voce di Patricia Beerens, combina quel piacevole e agile prog, tipico dei Paesi Bassi, agli accenti neocanterburiani degli Utopian Fields, mentre il corposo riff chitarristico di "Nothing's safe" svela passaggi tonali à la King Crimson, e gli stranianti cantati (di Marjoloein van Tongeren e Jos Witsenburg) ricordano i nostri Area e Deus Ex Machina. Il mio pezzo preferito è tuttavia "Light of other days": pur con i Gentle Giant di "Three friends" dietro l'angolo, ammalia la tenue melodia folkish, molto suggestiva (qui la vocalist è Thea van Rijen), ed azzeccati sono i controcanti maschili.
L'incisione è ancora abbastanza artigianale, ma ciò inficia poco o nulla il giudizio complessivo; d'altronde non è certo colpa del gruppo l'appartenere per ora alla categoria
low-budget. Il cammino è stato fatto nella giusta direzione: aspettiamo con fiducia gli sviluppi futuri.

Francesco Fabbri - giugno 2005

Dopo le più che buone premesse contenute nel miniCD "Me, the enemy", i Fluxury confermano in pieno i loro passi in avanti con questo lavoro sulla lunga distanza. Peraltro, tutti i pezzi della precedente release sono qui ripresentati: se ve ne interessa una disamina più approfondita, potete andare a leggervi la mia recensione di qualche mese fa. Occupiamoci dunque delle nuove tracce. "Safety first" riecheggia fin dal titolo l'ormai nota "Nothing's safe", e come in quella sono basilari le oscure dissonanze crimsoniane, condite da validi impasti vocali. Il breve strumentale "Surrender" sviluppa raffinate trame su un tappeto tastieristico ambient, e le dolci soavità di "Dust settled down" confermano che Fluxury non grida mai sgangheratamente, ma al contrario ama lavorare di cesello su strutture canterburiane e romantiche a metà strada fra Caravan e Camel, con intelligenti variazioni ritmiche. Il top è forse raggiunto nei dieci minuti di "Perishable goods", dove la tenue partenza è presto sfregiata da ottimi squarci di chitarra elettrica che a loro volta si placano in begli accordi di pianoforte, sfocianti in una frazione elegiaca che mi ha ricordato la Locanda delle Fate. Tale schema, poi ripetuto, è globalmente ben articolato. Citazione d'obbligo pure per l'altra suite "Heaven and hell", che risolve in chiave sinfonica e nel contempo accessibile - vedi Genesis - i temi ascoltati altrove, fornendoci dunque la prova tangibile che la struttura concept del lavoro non è pretestuosa, venendo applicata in modo degno all'apparato musicale e non solo a quello testuale.
Il salto di qualità dal punto di vista programmatico è già stato fatto; un'ulteriore evoluzione potrebbe verosimilmente aversi con una produzione più ricca, per cui auguro ai Fluxury che il mercato discografico si accorga di loro, perché se lo meritano.
Contatti:
www.fluxury.nl.

Francesco Fabbri - novembre 2005

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