A un profano il termine Encresciadum potrebbe apparire latino. Esso, invece (fra l'altro con l'accento sulla "u"), appartiene a quel prezioso e originale patrimonio linguistico e culturale che fa capo alla civiltà ladina. Il suo significato, come ben esplicitato nelle note del CD, è riconducibile a "nostalgia", intesa però nell'accezione più ampia dell'anelito verso l'infinito.
La premessa era necessaria per comprendere gli intendimenti che stanno alla base di questo progetto, nato e sviluppatosi sotto l'egida de
La Grenz, associazione moenese che promuove musica di qualità, e in particolare del suo presidente (nonché batterista) Enrico Tommasini e di Fabio Chiocchetti, già noto per la sua leadership dei Marascogn, qui autore dei testi e anche di qualche musica.
Non v'è dubbio alcuno che "A Dream and a Tale" sia destinato a stupire fortemente chi prima era avvezzo ad ascoltare la lingua ladina nel contesto tutto sommato 'canonico' e 'rispettoso delle regole' dei Marascogn. No: qui tutto è trasfigurato in una musica profondamente
altra, che possa e sappia d'incanto abbattere barriere di tempo e soprattutto di spazio; infatti il disco gravita in prevalenza in due ambiti: il jazz e… il Brasile. Ne scaturiscono undici tracce felpate, gradevolmente atmosferiche, che dimostrano il loro valore su due diversi piani di ascolto: scorrono bene in sottofondo, e nel contempo rivelano sofisticate sfaccettature a una disamina più attenta. Molto bravi tutti gli esecutori, sempre capaci e consapevoli nella fase solistica, tipicamente jazz: Pietro Tonolo (sax), Roberto Rossi (trombone), Paolo Trettel (tromba), Roberto Soggetti (pianoforte, autore delle musiche) e Marco Privato (contrabbasso), più la batteria di Enrico Tommasini che talora dona quel tocco un po' rock che ho gradito molto. Esaminando le parti cantate, che non hanno un ruolo secondario, è il caso di rivelare che il sottoscritto - ebbene sì - nutre un'epidermica idiosincrasia per tutto ciò che è brasileiro, caraibico e così via. E in "A Dream and a Tale" questa componente è in ampia misura dovuta alle partiture riservate a Silvia Donati, abituale interprete di Buarque e dotata sì di una voce profonda, espressiva e tecnicamente inappuntabile, ma la cui scansione del ladino trovo fastidiosa, tanto che, sulle prime, ho dovuto prendere il libretto e seguire i testi per rendermi conto che non stesse cantando in portoghese… Questione di gusti, ma per quel che mi riguarda ho gradito maggiormente i due pezzi strumentali: "Country Fair" è un ottimo jazz-rock à la Weather Report, con assoli fiatistici incrociati, mentre in "Promised Age" duettano anche il contrabbasso e il pianoforte, sconfinando quasi nel free. Fra le tracce cantate, segnalo "Maitinada a na steila" (composta da Fabio Chiocchetti), una malinconica, suadente serenata.
Non posso garantire che questo aconvenzionale, ma nobile figlio della globalizzazione sarà al top dei miei personali ascolti nei prossimi mesi, tuttavia ne riconosco il valore e le virtù che certamente possiede.
Contatti: www.lagrenz.org.

Francesco Fabbri - giugno 2009

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