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Dopo la consueta trafila dei contests e delle esibizioni nel corso di happenings, per la Double Side Band è finalmente giunta l'occasione di un concerto tutto per sé. La maiuscola performance tenutasi a Montelupo ha confermato in pieno la bontà di fondo del progetto, il cui ardore ha portato a sviluppare, nel giro di appena un anno, un cospicuo repertorio originale, al quale vanno ad affiancarsi varie covers di qualità. Nella globalità, la Band appare davvero con una... Double Side, in quanto da un lato è indubbio e imprescindibile l'amore per un certo progressive rock d'antan, dall'altro non vi sono - giustamente - problemi nel contaminare ciascuna situazione con stilemi che, almeno in teoria, potrebbero suonare eterogenei rispetto al filone 'canonico'. Questo è stato palese fin dall'inizio del live-set che, annunciato da "L'Ultimo dei Mohicani", ha previsto in successione "Intro Pink Floyd" e "Billa", incastrate con naturalezza una nell'altra. E così, dopo sfumature di synth ai confini con l'ambient, è esplosa una dimensione prog rock anticonvenzionale, sempre attenta a ricercare pescando tanto nella fusion quanto nel funky, come confermato dalle già note "Jazzino" e "Settequarti", che dal vivo sono risultate assolutamente trascinanti. La forza delle composizioni strumentali firmate DSB risiede dunque nell'amore per la Musica tout-court, per la genuina voglia di fare supportata da elementi virtuosistici tutt'altro che disprezzabili, a cominciare dall'eclettico chitarrista Fabio Cioria: dalle sue corde escono tanto Steve Hackett quanto Pat Metheny, senza peraltro dimenticare incursioni nel campo hard o addirittura metal. I due tastieristi si completano idealmente a vicenda, in quanto al serafico e tecnico Francesco Piccini (tre anni di studi classici alle spalle) si unisce lo scatenato e viscerale Marco Lastri. Quest'ultimo si è poi dimostrato cantante più che dignitoso, rivelando anche buone doti di frontman, laddove ha intepretato le covers, tratte dal repertorio di PFM ("Impressioni di Settembre", "E' Festa", "Maestro della Voce") e Pink Floyd ("Another Brick in the Wall", "Wish You Were Here"). Accanto a queste, l'unico altro pezzo cantato è stato "Angelo", un toccante testo sull'essere genitori musicato dallo stesso Lastri. Ma si diceva delle suites. Non è da tutti reggere un minutaggio che ecceda un determinato standard; per i cinque DSB, invece, ciò rappresenta il logico sbocco di un processo creativo che parte dall'improvvisazione. Dunque sempre interesse e mai noia in "Atmosphere", dov'è costantemente multiforme e prezioso l'apporto ritmico di Fabiano Vezzosi al basso a cinque corde (ah, l'importanza di avere un bassista che sia prima di tutto un bravo chitarrista...) e di Riccardo Pucci (tecnico del suono all'Opera del Duomo di Firenze!), batterista da poco tempo ma con una naturale predisposizione verso tale strumento. Assegno la palma dell'eccellenza a "Operetta", maestosa e sinfonica nella prima tranche, poi placata in un'estasi minimal-ambientalista grazie al bel pianoforte di Piccini, qui emulo di Nyman ed Einaudi; ci si incattivisce a partire dal robusto Hammond di Lastri, in stile Emerson Lake & Palmer, finendo con inusitati accenti di metal gotico-epicheggiante à la Warlord... Tutto fantastico! Soluzioni altrettanto ariose e potenti nell'ottima suite conclusiva "Cordiali Saluti", dichiaratamente genesisiana negli intenti (vedi la maschera da Pierrot indossata da Cioria), ma dagli sviluppi semplicemente... DSB. Frammentaria nella più deliziosa accezione seventies, la proposta del gruppo ha trovato un altro punto di forza in un'acustica sempre nitida, logica conseguenza (se mai ci fosse bisogno di rimarcarlo) di un soundcheck all'altezza. A mezzanotte, dopo ben un'ora e tre quarti di musica vivace e divertente, i DSB si sono congedati dal pubblico, certo soddisfatto anche se non foltissimo, come da prassi del lunedì sera, e che comunque è andato aumentando nel corso dell'esibizione. L'entità DSB va certamente lodata e sostenuta: ne sentiremo ancora parlare!
Francesco Fabbri
- giugno 2006
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