Come tutti, conoscevo già Cristian Zorzi per averne seguito le imprese in TV in occasione delle gare ufficiali di sci di fondo. A parte ciò, l'avevo visto dal vivo due volte: la prima nell'agosto del 2001 allo Stadio del Ghiaccio di Alba di Canazei, quando, in una kermesse di inseguimento sprint, vinse in maniera netta su tutti i suoi compagni della squadra italiana. La seconda volta nell'agosto di questo stesso anno, avendo partecipato anch'io alla gara podistica "Anter le Lum" di Pozza di Fassa, che Cristian ha disputato e vinto. Giova, qui, aprire una parentesi per far capire l'abisso che separa un semplice amatore di medio livello, come il sottoscritto, da un campione di caratura mondiale qual è appunto Cristian Zorzi. Tentando l'improbabile (e improponibile) confronto, ecco qualche dato. Cristian ha 32 anni e io 42, ma questo poco importa, perché si sta esaminando una disciplina che richiede soprattutto resistenza; in più devo riconoscere che i miei risultati di oggi non sono davvero peggiori rispetto a quelli di dieci anni fa. Anzi: oggi sono molto più diligente e costante negli allenamenti, e nel periodo estivo mi dedico sette giorni alla settimana a corsa, mountain-bike e escursioni in montagna. Per Cristian Zorzi, invece, il podismo non può certo dirsi il suo sport elettivo, pur rappresentando la più ovvia forma di allenamento 'a secco' in vista della stagione invernale. La suddetta gara "Anter le Lum" si svolge in notturna lungo 6 Km abbastanza facili ma non del tutto pianeggianti; alcune scarse segnalazioni dell'itinerario hanno creato grattacapi e perdite di tempo a entrambi, specialmente a lui che, essendo in testa, non aveva punti di riferimento. Ebbene, rispetto al 2003 io sono stato felicissimo, addirittura orgoglioso del risultato conseguito, avendo migliorato il mio tempo di ben tre minuti e mezzo e raggiunto un per me lusinghiero 11° posto di categoria ("Veterani"). Se, però, si va a esaminare l'ordine di arrivo generale, la differenza è impietosa: 1° Zorzi Cristian, in 19'24"; 46° Fabbri Francesco, in 28'01"... Come a dire che occorre quasi un Fabbri e mezzo per fare uno Zorzi!
Purtroppo, a causa degli impegni lavorativi, non pratico più lo sci di fondo da oltre vent'anni; nondimeno questo sport mi è rimasto nel cuore, perché la meravigliosa sensazione che si prova nel procedere in solitudine nel bianco ovattato del bosco invernale è davvero indescrivibile. Lo sci di fondo, al contrario del chiassoso sci da discesa (che per quasi tutti, ahimè, rappresenta il "normale" sci) è disciplina autenticamente ecologica, che non stravolge - se non in minima parte - certi delicati equilibri, ponendo l'uomo in rapporto diretto con l'anima palpitante della Natura, alla (ri)scoperta della sua essenza più intima. Per tali motivi, quando mi capita di vedere in televisione una gara di sci di fondo, con questi atleti veri i cui corpi sono armoniosamente tesi nell'espressione del massimo sforzo, il tutto inserito nel bellissimo contorno di alberi innevati, rimango ogni volta rapito da un simile spettacolo.
Ero poi venuto a sapere che fra me e Cristian Zorzi, moenese come mia madre, intercorre un seppur lontano legame familiare. Per l'esattezza le nostre bisnonne erano sorelle, di conseguenza le nostre nonne erano cugine, mentre io e lui dovremmo dunque essere cugini di terzo grado. E' vero, di DNA in comune ce n'è poco (lo confermano i risultati sportivi...), però era comprensibile che io provassi il desiderio di conoscere di persona l'illustre parente. Il progetto iniziale prevedeva di disturbarlo per cinque minuti, giusto il tempo di stringergli la mano, scambiare qualche battuta e fare un paio di foto insieme, ma l'estrema gentilezza e disponibilità di "Zorro" (come lo chiamano tutti i tifosi) hanno dilatato l'incontro a un'oretta abbondante. E proprio per ringraziare Cristian della sua cortesia, ho pensato di tributargli questa pagina del mio sito, col resoconto del nostro rendez-vous. Non parlerò dettagliatamente dei suoi allori sportivi, d'altronde le sue vittorie in Coppa del Mondo, le sue medaglie alle Olimpiadi e ai Campionati Mondiali sono notizie di dominio pubblico; chi s'intende di sport sa già che Cristian predilige la staffetta e soprattutto la più recente specialità dello sprint, in cui riesce a esprimere al meglio la sua grande potenza.
Trovandomi ancora a Moena, domenica 5 settembre verso mezzogiorno decido di provare a telefonargli, sperando di beccarlo a casa dato l'orario e il giorno festivo. Affido l'incarico a mia madre che, a differenza di me, conosce tutti i nomi dei parenti in comune. Subito un colpo di fortuna: Cristian c'è, e si dichiara disponibile a incontrarci nell'immediato dopopranzo, muovendosi di persona. Decidiamo di non abusare troppo di tanta buona sorte, dicendogli che saremo noi a raggiungerlo laddove preferisce. E così verso le due e mezzo ci rechiamo a casa sua, a Someda. Cristian sta lavorando all'aperto e mi viene incontro con una cordialissima stretta di mano. Pur non essendo io piccolo (sono alto 1,77), lui mi sovrasta di diversi centimetri; inoltre è a torso nudo, e l'effetto è impressionante: non tanto per il grande tatuaggio del genere tribale che ricopre buona parte del petto e della schiena, ma per il grado di sviluppo dei pettorali, dei bicipiti e di tutti gli altri muscoli; tale particolare risalta in misura ancora maggiore a causa dell'assenza di qualunque particella di grasso, cosicché sulle braccia si possono distinguere le singole fibre, meglio che su un testo di anatomia! L'approccio di Cristian è molto spontaneo, tant'è che mi sento subito a mio agio; chiacchieriamo un po' all'aperto, poi io e mia madre veniamo invitati a entrare in casa, dove il figlioletto Harald, di due anni, sta dormendo. Si tratta di una vecchia dimora splendidamente ristrutturata dallo stesso Cristian e dai parenti di sua moglie: dai rivestimenti di legno promana l'incomparabile fascino delle
stue da sti ègn (= stanze degli anni passati). Cristian ci descrive con calma com'è avvenuto il restauro della sua casa; nel frattempo sua moglie, la gentilissima Verusca, ci chiede se gradiamo un caffè. La discussione prosegue parlando degli aspetti familiari, sui quali Zorro si sofferma volentieri, intercalando il tutto all'ambito sportivo. Vengo così a sapere, nel dettaglio, quello che gli era capitato nella suddetta gara "Anter le Lum": è ancora logicamente contrariato, in quanto si può vincere o perdere per i propri meriti o demeriti, ma non perché il percorso non è segnalato con adeguatezza. Cristian è comunque tranquillo e pacato, addirittura riflessivo. Anche quando il discorso va a toccare il suo ruolo di primo piano nel fondismo internazionale, appare sereno ed equilibrato nel valutare se stesso, restando giustamente consapevole della propria forza ma non assumendo mai atteggiamenti da spaccone o esaltato. Non minimizza i suoi periodi di scarsa forma, è anzi lui stesso a riconoscere che l'ultimo inverno non è andato bene; nel contempo, però, dimostra carattere e spirito di riscossa esternandomi le "buone sensazioni" che adesso attraversano il suo corpo, in vista della prossima stagione di gare. Parliamo poi dei nostri rispettivi siti Internet: Cristian mi rivela di intendersi poco di informatica e, in generale, di aver compiuto degli studi limitati a causa della carriera sportiva; con modestia mi ripete più volte, nel corso del nostro incontro, il detto "a ognuno il suo mestiere". Di rimando, però, io posso ora confermare che lui è una persona intelligente e dotata di buon senso: altrimenti, non si raggiungono certi risultati nel mondo dello sport. E' il momento delle foto; torniamo all'esterno e, sfruttando il bello sfondo dei tabià (= baite) e soprattutto l'abilità della moglie Verusca, già fotografa professionista, facciamo diversi scatti insieme.

Al sole fa caldo, e dopo un po' mi tolgo la giacca. Cristian nota il mio gomito sinistro ancora gonfio e pieno di lividi a causa dei postumi della lussazione che mi ero procurato venti giorni prima cadendo dalla mountain-bike. Sono trascorsi due soli giorni dalla rimozione del gesso e il tono muscolare dell'avambraccio è basso, così come il recupero del movimento. Ebbene, anche qui Zorro dimostra la sua gentilezza prodigandosi in consigli molto utili per la ripresa dell'attività sportiva; certamente si rivela più disponibile lui rispetto al medico dell'Ospedale di Cavalese che mi ha tolto il gesso... Discutendo dunque di infortuni e accidenti vari, faccio un accenno ai tribolati Mondiali di Fiemme 2003, in cui la squadra italiana fu gravemente menomata da un virus. Cristian non figurava nell'elenco ufficiale degli atleti 'in quarantena', però i risultati furono anche per lui poco esaltanti: "In realtà non stavo del tutto bene, solo che ero troppo sano per rischiare di peggiorare stando con i malati, e troppo malato per rischiare di far ammalare i pochi sani rimasti: cosi è andata a finire che mi sono ritrovato da solo in un albergo di Predazzo, insieme con i finlandesi (nda: una strategia di Albarello per far ammalare loro?... :-)). Eppoi mi avevano caricato di troppe responsabilità". Il nostro incontro sta volgendo al termine; faccio i miei complimenti a Zorro per il suo viso aperto e per il suo modo di parlare schietto e sincero. Lui mi confida che non tutti apprezzano queste prerogative, e che talvolta la sua abitudine di dire con franchezza le cose in prima persona gli procura delle noie, specie nelle "alte sfere" dove c'è gente che, non appena i risultati tardano ad arrivare, è subito pronta a puntare il dito... Il carattere di Cristian, a differenza del mio, è molto solare ed estroverso, tuttavia riscontro una grande analogia con me stesso quando lui mi parla di un "tarlo che continua a rodere dentro", riferendosi a persone o situazioni che in passato gli hanno provocato dei fastidi. Non è davvero una persona insensibile, il nostro Zorro, e chi magari lo giudica in maniera frettolosa basandosi su certi aspetti esteriori, dovrebbe tenerne conto. Dunque sbaglia chi parla male di Cristian valutando i capelli tagliati a forma di Z o le parolacce dette in TV (peraltro veniali e che tutti pronunciamo nella vita quotidiana: cerchiamo di non essere ipocriti). Certo questi lati pittoreschi fanno parte del personaggio-Zorzi, ma Cristian è davvero molto altro, e avendolo conosciuto direttamente posso dirlo con sicurezza. E' ovviamente pacifico che la sua forza e la sua notorietà sono tali che non abbisognano in alcun modo di queste mie modeste righe, che comunque non costituiscono una non richiesta "difesa d'ufficio", ma solo un segno di ammirazione per l'atleta e per l'uomo. Prima di salutarci, Cristian mi fa una proposta da... deglutizione immediata: "Mi raccomando, fatti sentire la prossima estate, così una volta andiamo a correre insieme". Obbietto subito: "Guarda che non è possibile: o riesco a starti dietro cinque minuti al massimo, o devo costringerti ad andare a un ritmo per te lentissimo!". Lui ribatte: "Io alterno allenamenti di quantità e allenamenti di qualità: in questi ultimi, tengo una media di sei minuti al chilometro: ce la fai, no?". Eseguo due conti al volo, e... per me sarà un allenamento ad andatura medio-sostenuta, ma ce la farò! Alla prossima, grande Zorro: un grazie di cuore e un in bocca al lupo per i traguardi futuri, sportivi e non sportivi!

Francesco Fabbri - settembre 2004

Quanto a cosce ti batto, caro Cristian! Su tutto
il resto è meglio stendere un pietoso velo… :-)

Io e il "grande cugino" Cristian Zorzi c'eravamo salutati, un anno prima, col proposito di combinare insieme un allenamento podistico. Nel mezzo, durante l'inverno, c'erano stati i Campionati Mondiali in Germania, che solo per un soffio non hanno arricchito il medagliere di Zorro. Comunque i due quarti posti conseguiti nelle staffette (la 4x10 e la sprint) testimoniano ampiamente la ritrovata forma di Cristian; purtroppo la gara sprint individuale si è disputata col passo classico e dunque lui non vi ha potuto prendere parte, ma sono sicuro che, se si fosse svolta col "suo" passo pattinato, un posto sul podio non glielo avrebbe tolto nessuno. Veramente incomprensibile la colpevole condotta della RAI, la quale ha trascurato con negligenza l'evento: la diretta della 4x10 è stata interrotta sulla seconda, decisiva frazione (purtroppo in negativo) di Valbusa, e ciò è avvenuto non per trasmettere un telegiornale, ma per dare la millesima replica del telefilm "Cuore e batticuore"! La staffetta sprint, invece, è stata completamente ignorata... Vergogna! Si parla tanto di sostegno ai cosiddetti 'sport minori', ma mi pare che, al di là delle molte frasi di circostanza pronunciate ipocritamente dai vari Soloni quando fa comodo, poco o nulla succede quando ce ne sarebbe bisogno. Se davvero si vuole dare impulso a quelle situazioni che di 'minore' hanno solo la quantità di soldi in circolazione, la copertura mediatica in occasione di un avvenimento così importante come i Mondiali è il minimo! Disgrazia vuole che si sia in Italia, un paese dove tutto è destinato al solo Dio Calcio, dove "certe" società vengono salvate dal fallimento permettendo loro di spalmare all'infinito i debiti contratti con dolo; invece per il modesto cittadino che, in perfetta buona fede, magari non ha versato poche decine di euro perché gli assolvimenti fiscali sono spesso incomprensibili anche per un laureato, scattano subito le pesanti sanzioni... Con tutto questo non stupisce che lo Stato continui a finanziare in abbondanza il calcio, e viceversa abbia operato cospicui tagli alla Federazione dello sci nordico. Ma qui il discorso ci porterebbe troppo lontano: torniamo al prode Cristian. La 4x10 degli ultimi Mondiali è stata una gara purtroppo sfortunata, per conto mio 'viziata' dall'atteggiamento di gara poco convinto da parte dei suoi compagni, forse appagati dalle medaglie già conquistate. Andando per ordine, l'apripista Di Centa (argento nella 15+15 pursuit) si è accontentato di restare nel gruppo dei migliori: la sua frazione era a tecnica classica, d'accordo, ma anche in TV s'è avuta la sensazione che alla fine non avesse dato tutto. A fare pero il "buco", per dirla in gergo, ci ha pensato Valbusa (argento nella 15 skating), sempre a tecnica classica. Come ciò sia avvenuto non lo so, dato che, appunto, la RAI ha clamorosamente interrotto la trasmissione, fatto sta che, quando la diretta è ricominciata mostrandoci Piller Cottrer, Norvegia e Russia erano ormai irrimediabilmente scappate. La speranza era che Piller, oro nella 15 skating, facesse una gara alla morte per staccare con decisione gli avversari e soprattutto per avvicinare il tandem di testa. E invece no, il nostro atleta si è limitato a controllare i rivali e solo alla fine li ha distanziati, scrollandosi di dosso il tedesco Angerer appena nell'ultimo chilometro. Troppo poco per uno in quelle condizioni di forma; troppo poco, soprattutto, in considerazione del pessimo cliente che sarebbe poi toccato a Cristian Zorzi, ovvero il tedesco Axel Teichmann, neovincitore della Coppa del Mondo... L'inizio della quarta e ultima frazione vedeva dunque: 1^ Norvegia, 2^ Russia, 3^ Italia, 4^ Germania. L'avversario che precedeva Cristian, così come quello che lo seguiva, erano entrambi a circa un minuto. Si poteva pensare a una gara 'normale' per Zorro, col bronzo già assicurato. Io, però, non ero tranquillo: per quel poco che conoscevo sportivamente il cuginone, avevo capito che lui, per dare il meglio, ha bisogno di correre sull'uomo. Quella capitatagli era allora un'ingrata situazione: una specie di gara a cronometro senza punti di riferimento, oltretutto con l'avversario peggiore non davanti, bensì alle spalle. Il primo dei due giri di 5 km non aveva cambiato granché: Cristian aveva anzi avvicinato il russo, mentre Teichmann restava più o meno alla stessa distanza. Nel secondo giro l'atleta di casa s'è scatenato, sospinto dal gran tifo generale. Sulla penultima salita Cristian m'era parso un po' meno brillante e Teichmann mi sembrava più vicino, ma avevo attribuito la prima cosa alla grande potenza di Zorro, che con le sue lunghe leve non ha bisogno di mulinare troppo, mentre il secondo aspetto pensavo (speravo...) che fosse imputabile allo schiacciamento del teleobiettivo. Sull'ultima erta, invece, purtroppo non c'erano più dubbi: il tedesco stava rinvenendo fortissimo, e l'aggancio con Cristian era ormai cosa fatta. Raggiuntolo, Teichmann proseguiva col suo ritmo indiavolato e, negli ultimi metri, riusciva addirittura a prendere e a sopravanzare il russo, cogliendo un argento che ci ha lasciato tutti un po' increduli. Per la pattuglia italiana un quarto posto comunque da non disprezzare, trattandosi di un Mondiale.
E dallo sci passiamo al podismo, altro sport... di fondo. Durante il mese di agosto, Zorro ha colto due significativi successi in Val di Fassa, aggiudicandosi la "Set Mases" di Soraga e la "Torri del Vajolet" di Vigo, gare che ben conosco avendovi partecipato anch'io nel corso degli anni. Viceversa, come da lui già preannunciato, Cristian non s'è visto al via dell'"Anter le Lum" di Pozza, che pure nel 2004 aveva vinto (vedi precedente articolo), rimanendo però infastidito dal percorso effettivamente mal segnalato. Io, invece, ho optato per la terza partecipazione consecutiva a tale gara, nella speranza che l'acquisita conoscenza del tracciato, col relativo, giusto atteggiamento tattico, mi potesse condurre a migliorare la performance personale. L'"Anter le Lum", di fatto, è parecchio pianeggiante e scorrevole, per cui l'unico punto in cui forse potevo dar qualcosa di più era il primo terzo di gara, dove normalmente viaggiavo un po' "di conserva" per non restare senza benzina alla fine. Dato il mio ottimo stato fisico di quest'anno, dovevo arrischiare, partendo subito fortissimo e sperando di non cedere troppo nel prosieguo. Dopo un adeguato riscaldamento, mi sono posizionato al "via" col fermo proposito di una condotta garibaldina. Per le prime centinaia di metri sono addirittura riuscito a restare con i migliori, per poi naturalmente adattarmi a un ritmo più consono alle mie possibilità. L'esito finale è comunque stato per me ottimo: 6 km in 26'43" (1'18" meglio dell'anno scorso), 8° posto di categoria e 28° assoluto. Tutte le donne hanno concluso alle mie spalle, e ciò per me è un fatto inedito... D'accordo, i primi restano e resteranno per sempre su un altro pianeta (il vincitore Alessandro Vuerich ha impiegato lo stesso tempo di Cristian Zorzi del 2004, ovvero 19'24"), tuttavia, se si va a controllare l'anno di nascita di coloro che mi sono finiti davanti, si scopre che, dei 27 atleti che mi hanno preceduto, solo 5 avevano più delle mie 43 primavere!

"Non hai paura di finire fuori forma correndo con me?"

"Spero al contrario che serva
anche questo per entrare in forma!"

"Cercherò allora di fare del mio meglio!"

Col buon viatico di tale livello di forma, ho allora capito che ero in grado di sostenere un allenamento col 'cuginastro' senza sfigurare troppo. Organizzare la cosa non è stato semplice: come si può benissimo immaginare, un campione di quella caratura passa gran parte del tempo lontano da casa; d'estate, poi, le nevi dove allenarsi o far gare si possono trovare solo con trasferte internazionali o addirittura intercontinentali. Intorno a Ferragosto l'ho incontrato a casa sua per fargli un salutino; una seconda volta l'ho incocciato per caso in strada. Entrambi eravamo in mountain bike: era circa mezzogiorno e lui aveva terminato l'allenamento mattutino; io, invece, stavo facendo il percorso della Rampimidi, che mi avrebbe tenuto impegnato anche per parte del pomeriggio. Ci siamo lasciati col proposito di risentirci nei giorni seguenti e fissare l'allenamento. Purtroppo Giove Pluvio, a quel punto, ci ha messo del suo: quando Cristian era in paese e aveva dei momenti liberi, inevitabilmente si aprivano le cateratte del cielo. Ormai temevo che il progetto saltasse... E invece no: il 3 settembre, verso le quattro del pomeriggio, squilla il mio cellulare. E' il mitico Cristian, il quale mi informa che sta andando in palestra per fare dei pesi; verso le sei avrebbe finito e potevamo andare a correre insieme. Logicamente accetto al volo! Manco a farlo apposta, però, verso le cinque il tempo cambia all'improvviso e scoppia un violentissimo temporale. "Mannaggia, neanche stavolta la cosa va in porto!", impreco fra i denti. Alle sei meno un quarto, il miracolo: la pioggia cessa di botto. Infilo subito l'uscio di casa (per l'eccitazione ero già in maglietta e pantaloncini da almeno mezz'ora...) e mi dirigo verso la palestra di via Don Giovanni Jori. Puntualissimo, alle sei Zorro esce. Il cielo è sempre alquanto scuro e i tuoni sembrano non promettere nulla di buono; malgrado ciò, Cristian acconsente a un breve set fotografico (l'operatrice è mia mamma) nel corso del quale faccio riprendere anche un simpatico videoclip, dove l'amico campione ha modo di dimostrare tutta la sua gentilezza e umanità. Ecco infatti il rapido scambio di battute. Io: "Sono qui col grande Cristian Zorzi, mio cugino di terzo grado, tengo a sottolinearlo, il quale ha accettato di allenarsi con me. (Rivolgendomi a lui) Ti voglio però chiedere: non hai paura di finire fuori forma correndo con me?...". Lui, spontaneo e senza esitazione: "Spero bene di no, e anzi che serva anche questo per entrare in forma!". "Cercherò di fare del mio meglio", concludo allora io, lusingato da tanta cortesia. Non è il caso di tergiversare oltre, date le condizioni atmosferiche: dobbiamo partire subito, se vogliamo evitare una possibile e sgradita lavata. "Non ti preoccupare, per oggi mi basta sciogliere un po' i muscoli dopo i pesi, quindi terremo un passo tranquillo", mi dice lui... e parte a spron battuto! Capisco subito che questo, almeno per i miei parametri, sarà un allenamento a ritmo sostenuto: ma me l'aspettavo. Da via Jori giriamo dietro la chiesa e ci portiamo sui prati di Sorte. Vorrei fare due chiacchiere, però quei pochi metri di salita a freddo ricacciano in me il proposito. Devo aspettare che la strada cominci a scendere e che il respiro si stabilizzi un minimo, prima di riuscire a sbocconcellare qualche concetto. Finalmente sento di poterlo fare, e allora rivolgo a Cristian i miei complimenti per i due quarti posti ottenuti nel Mondiale. Lui sembra guardarmi un po' sorpreso, al che mi affretto a precisare: "Lo penso davvero, non ti sto prendendo in giro. So che la quarta piazza può suonare sgradevole perché è la prima fuori dal podio, però sono sicuro che moltissimi atleti, di qualunque specialità, firmerebbero un quarto posto in un Campionato del Mondo!". E poi aggiungo che, ammesso che il risultato della 4x10 si possa ritenere inferiore alle attese, la 'colpa' dell'accaduto per conto mio non si può scaricare su di lui, ma piuttosto sui suoi tre compagni di squadra. Zorro, con la sincerità e la lealtà sportiva che lo contraddistinguono, non ci sta: "Io avevo il bronzo e io l'ho perso: questo è il dato di fatto. Per il resto, forse preferirei essere in terza frazione evitando la responsabilità della quarta, però sono io quello che ha lo sprint migliore e quindi, in vista di un eventuale arrivo in volata, tocca sempre a me correre per ultimo...". Provo a insistere con la mia tesi della situazione infelice in cui si è venuto a trovare quando il testimone è passato a lui, e alla fine Cristian mi fa alcune rivelazioni sia a livello tecnico che umano, però, dato il carattere personale di tali confidenze, ritengo opportuno tenerle per me. Nel frattempo siamo ormai scesi al campo sportivo, alla periferia sud di Moena; facciamo un giro nei suoi pressi, dopodiché risaliamo in su per una strada diversa. Ogni tanto mi concentro sul gesto tecnico di Cristian. Ebbene, la forza e l'agilità, la grazia e la potenza si compenetrano nel suo fisico in un insieme di assoluta armonia; qualunque esteta dello sport non può che restare a bocca aperta ammirando il suo corpo in movimento. Il mio fisico è ben poca cosa al confronto, specie se si comparano torace, spalle e braccia; l'unica parte in cui la mia muscolatura appare superiore sono le cosce, ma evidentemente il correre forte non è solo questione di quadricipiti... E sempre a proposito di gambe, dico a Cristian di essere rimasto stupefatto vedendo in TV l'incredibile tono degli arti inferiori di Teichmann. Avanzo un dubbio: "Sarà tutta farina del suo sacco?...". Così mi risponde: "Sai, è un tedesco...". "Magari figlio della ex-DDR...", aggiungo io. Zorro allarga le braccia, segnalandomi poi che, dopo l'argento della staffetta, nessuno gli ha fatto l'antidoping. L'esame era quantomeno doveroso, dico io, vista l'incredibile rimonta del finale; coincidenza ha voluto, però, che la Germania fosse per l'appunto il paese organizzatore... Siamo di nuovo sui prati di Sorte. Sopra di noi, i nuvoloni sono sempre grigi e la colonna sonora dei brontolii non è mai cessata; però non piove. Decidiamo allora di fare un altro giro per i prati. L'enorme differenza sul piano fisico che intercorre fra me e il cuginone è confermata dalla capacità di parlare sotto sforzo: mentre io riesco ad articolare sì e no tre parole di fila tra un respiro e l'altro, Cristian si esprime tranquillamente come se stesse facendo una normale intervista rimanendo seduto! L'allenamento volge adesso al termine, e concludiamo in via Jori nelle vicinanze della chiesa. Guardo l'orologio: la corsa è durata in tutto circa mezz'ora. Sono un po' provato, lo ammetto, ma non stravolto. Col supporto di una panchina, ci mettiamo entrambi a fare lo stretching di rito. Osservando ancora la perfetta muscolatura della parte superiore del corpo di Zorro, azzardo una considerazione: "Certo che, per voi fondisti, le braccia sono la parte più importante". Cristian mi corregge: "No, l'aspetto davvero fondamentale è la schiena". Resto un attimo perplesso, ma poi mi si affaccia il ricordo delle mie uniche settimane bianche, risalenti alla fine degli anni '70 e all'inizio degli anni '80, dedicate (per libera scelta personale) solo al fondo: malgrado un fisico allora dotato dell'elasticità della gioventù, rammento bene che era proprio la regione lombare a farmi regolarmente male sugli sci, a causa della scarsa consuetudine con quello sport. E' tempo di salutarci; Cristian si avvia verso il suo fuoristrada per tornare a casa, ma prima di lasciargli chiudere la portiera gli esprimo tutta la mia stima e riconoscenza.
E in chiusura desidero ribadire qui il mio affetto per l'uomo-Zorzi, una persona profondamente buona, un vero campione anche di cortesia e di pazienza. Gli sono davvero grato per avermi concesso la splendida opportunità di questo allenamento insieme!
Aggiornamento del 15 gennaio 2006: la staffetta 4x10, composta da Di Centa, Checchi, Piller Cottrer e Zorzi, ha colto uno splendido successo nella prova di Coppa del Mondo disputatasi in Val di Fiemme, cancellando di botto i dubbi e le incertezze del Mondiale in Germania. Zorro, grazie a un'impeccabile condotta tattica e a un imperioso, magistrale sprint sul rettilineo conclusivo, ha battuto nettamente i diretti avversari. Hai visto dunque, caro Cristian, che grazie all'allenamento con me sei entrato in forma? :-)

Francesco Fabbri - gennaio 2006

La staffetta azzurra vincitrice a Torino 2006. Da sinistra:
Zorzi, Piller Cottrer, Valbusa e Di Centa (foto ANSA)

Un trionfo annunciato? Sì e no. E' pur vero che le premesse c'erano tutte, a cominciare dalla smagliante condizione di forma dimostrata da Cristian poche settimane prima al Lago di Tesero, con quello sprint mozzafiato che aveva costretto alla resa i diretti avversari. In più è indubbia la grande tradizione che noi italiani possiamo vantare in staffetta ormai da molti anni, con l'acuto più significativo alle Olimpiadi di Lillehammer nel 1994, dove Silvio Fauner riuscì a regolare sul traguardo nientemeno che il campione norvegese Bjorn Daehlie. Da allora, fra Olimpiadi e Mondiali, altri ottimi piazzamenti ma senza l'acuto del posto più alto sul podio; la sfortunata esperienza del 2005 in Germania, poi, aveva dimostrato che in queste grandi competizioni spesso si verificano episodi contingenti che stravolgono qualunque pronostico. Ciò, tanto per dire, vale anche nello sci alpino, dove la prova di discesa libera è regolarmente vinta da outsiders.
La spedizione fondistica italiana alle ultime Olimpiadi è stata invece straordinariamente prodiga di soddisfazioni, controbilanciando, insieme al pattinaggio, il disastro dello zero assoluto racimolato dallo sci alpino: segno di un'ottima preparazione finalizzata al grande evento. Tornando alla staffetta, in occasione della vittoria di Tesero pareva che i responsabili tecnici dello staff azzurro non fossero così certi di confermare Zorro anche a Torino, dato che la durissima pista di Pragelato, costellata di ripide salite, teoricamente poteva non adattarsi alle caratteristiche del cuginone. "Ma è incredibile, sarebbe un suicidio tener fuori un Cristian tanto tonico e convinto!", ho subito pensato fra me durante la telecronaca. Chiamatolo al telefono qualche giorno dopo, ho cercato di incoraggiarlo: "Vedrai che a Torino ci sarai senz'altro!". "Mah, staremo a vedere...", mi ha risposto, dimostrando di non essere totalmente sicuro del suo posto come staffettista.
Ma eccoci al giorno fatidico della gara. Zorzi c'è! Rispetto a Tesero il solo escluso è Checchi, la cui forma è andata nettamente calando, come il diretto interessato ha ammesso con grande onestà; di conseguenza viene reintegrato il "figliol prodigo" Valbusa, fuori squadra a Tesero a causa di un diverbio coi vertici tecnici. Si ricompone dunque il quartetto di Germania 2005, ma stavolta Albarello mescola le carte azzeccandoci in pieno: nella prima frazione a tecnica classica c'è proprio Valbusa, che dovrebbe rappresentare l'anello debole. Giusta la decisione di metterlo all'inizio, così da avere eventualmente più tempo per recuperare. Una nota di colore dell'ineffabile telecronista Franco Bragagna mi sembra quantomai ingiusta. Volendo far capire il carattere del suddetto Daehlie, lo descrive come "una specie di Cristian Zorzi meno guascone e più simpatico". Ma in base a che cosa il signor Bragagna si permette di sputare certe sentenze? Se conoscesse davvero Cristian anche solo quel poco che lo conosco io, si renderebbe ben conto di come lui sia tutt'altro che sbruffone o antipatico. Anzi, è vero il contrario: Cristian è una persona gentilissima e per nulla presuntuosa. Ma vaglielo a far capire al Bragagna, che sarà anche competente nel suo lavoro, ma le cui telecronache trovo molto faticose da seguire: fra pause strane all'interno dei suoi ragionamenti, fra incisi, sottoincisi e controincisi, fra parentesi tonde, quadre e graffe aperte e mai più chiuse, fra continue interruzioni ai suoi ospiti, il filo del discorso il più delle volte è perso. Meglio parlare della gara. Il cielo è plumbeo e non promette nulla di buono: già cadono i primi fiocchi di neve. Pare un cattivo auspicio, in quanto i nostri non gradiscono la neve lenta. Pronti, via: per fortuna Valbusa tiene bene, rimanendo accodato al gruppo di testa e consegnando a Di Centa il cambio con pochi secondi di svantaggio. Il prode Giorgio (poi vincitore della 50 km grazie a un'accorta condotta tattica), sempre a tecnica classica, fa il suo dovere recuperando il piccolo gap e passando il testimone a Piller Cottrer nelle prime posizioni. La gara si sta mettendo bene, anzi benissimo: abbiamo adesso le due frazioni skating, quelle in cui siamo più forti. Com'era logico prevedere, sulle ultime rampe il bravo Piller Cottrer dà uno scrollone che si rivelerà basilare, staccando i diretti avversari e concludendo i suoi dieci chilometri davanti a tutti. Zorro è adesso in un'ottima situazione, però nel contempo ha una grande responsabilità: saprà amministrare i 5" sullo svedese Mathias Fredriksson e i 20" sul tedesco Angerer, neovincitore di Coppa del Mondo? Oltretutto la nevicata s'è alquanto infittita e questo dovrebbe fatalmente penalizzare, specie in salita, un atleta come lui, potente ma anche un po' più pesante degli altri. Mi trovo d'accordo (almeno qui...) sulla considerazione di Bragagna, che prevede una frazione tranquilla di Zorzi che poi si giocherà la partita sul rettilineo finale facendo valere le sue doti di sprinter. E invece no! Cristian ci stupisce tutti quanti con una condotta di gara completamente diversa, votata all'attacco più totale. Segno di una perfetta condizione psicofisica, certo, ma anche di un'innata tempra da campione, in grado di stravolgere i piani tattici propri e altrui al momento del bisogno. Senza mai guardarsi indietro, tiene un ritmo assolutamente forsennato: pianura, salita o discesa paiono non fargli differenza, e i rivali restano a debita distanza. Fredriksson, addirittura, secondo dopo secondo scivola indietro, mentre Angerer rimane più e meno con lo stesso distacco. La poltrona di casa mia mi sembra scomoda: ho una grande tensione, lo confesso, perché temo che Cristian possa prima o poi 'scoppiare'. Passano i chilometri, ma la progressione di Zorro è inarrestabile: Angerer ha raggiunto Fredriksson, ma non ha guadagnato nulla sul nostro campione. Anzi, il duo pian piano comincia a perdere terreno, e i secondi, lentamente ma inesorabilmente, diventano 25, poi 28, poi 30... Ora non riesco più a restare seduto e sono in piedi a un metro dal televisore, gesticolando e tifando a voce alta. Non mi sento ancora tranquillo: memore degli ultimi Mondiali, so bene che, in caso di difficoltà, si viene risucchiati in un batter d'occhio. L'azione di Cristian permane tuttavia imperiosa. 31, 32 secondi: potrebbe essere fatta... Ecco le ultime, temutissime salite: no, non c'è il minimo cedimento! Al culmine dello strappo conclusivo, per un attimo Cristian si massaggia i muscoli delle gambe, evidentemente provati dallo sforzo disumano. Ma ormai è tutta discesa, e la medaglia d'oro è davvero realtà! In mezzo a un'autentica tormenta di neve, Zorro ha addirittura il tempo di farsi consegnare dal pubblico una bandiera dell'Italia, la cui asta infila sotto il pettorale. Poco prima di tagliare la linea del traguardo, si mette l'indice davanti alla bocca invitando i presenti al silenzio. Devo ammettere che, di primo acchito, avevo interpretato quel gesto come una comprensibile rivalsa nei confronti di tutti coloro che lo avevano criticato negli ultimi tempi, ma poi lui stesso ha precisato di voler semplicemente replicare il silenzio che si creò a Lillehammer in occasione dell'altra staffetta d'oro per l'Italia. Poi, i bastoncini al cielo e il grande boato generale!

Cristian invita tutti al silenzio...

...prima di far esplodere l'entusiasmo collettivo! (foto ANSA)

Una vittoria strepitosa, conquistata con una prestazione superba a livello fisico e anche mentale, con un'autorità che non lascia spazio a discussioni o recriminazioni di alcun tipo. Ammesso che ci fosse ancora bisogno di dimostrarlo, con questa performance Cristian entra di diritto nel novero dei più grandi fondisti di tutti i tempi. A quasi 34 anni la sua maturazione è completa, e Pragelato ci ha detto che il Nostro ora è forte anche sul passo, e non solo nei metri che precedono il traguardo.
Faccio poi i miei complimenti a Cristian anche per la gara sprint olimpica, dove ha rimediato un quarto posto che potrà avere un sapore agrodolce, ma per me un tale piazzamento in una manifestazione così importante non è mai da buttar via. Inoltre, nella tatticissima finale (a un certo punto tutti si sono quasi fermati), è stato chiaramente danneggiato: nessun dubbio che lo svedese Thobias Fredriksson potesse stringerlo in una curva essendovi entrato leggermente prima; ciò che non poteva davvero fare era piantargli un bastoncino sullo sterno per tenerlo a distanza... Nell'intervista di fine gara, Cristian ha anche mostrato in televisione il segno che gli era rimasto sul petto, ma stranamente Albarello, che era lì con lui, ha concluso che non c'erano margini per far ricorso. Boh!
Dopo l'alloro olimpico, per Cristian è cominciata la prevedibile trafila della partecipazione a molteplici trasmissioni televisive, nelle quali ha mostrato il nuovo colore dei suoi capelli: stavolta era il turno del rosso. Lo abbiamo visto addirittura al Festival di Sanremo, ospite sul palco in compagnia degli altri medagliati. Io gli ho inviato una e-mail di felicitazioni il giorno stesso del trionfo, ma per contattarlo telefonicamente ho preferito aspettare un po', cosicché fosse esaurito il periodo dei festeggiamenti più intensi. L'ho sentito quando si trovava in Svezia e aveva già ripreso le gare. "Allora, Cristian, è cambiata la tua vita?", gli ho domandato. "Mah, per ora mi sento solo più stressato", è stata la comprensibile risposta. Gli ho poi detto di non crucciarsi per il quarto posto nella sprint, aggiungendo questa considerazione: "Se, alla vigilia, ti avessero chiesto se preferivi vincere un oro oppure due argenti, cosa avresti detto?". "Che volevo l'oro!", replica senza esitare. Dunque, tutto bene. Grazie ancora, mitico Zorro, per l'immensa gioia che hai donato a me e a tutti gli italiani; grazie per la tua simpatia e per la tua bontà che mi hai sempre dimostrato. Non è da tutti potersi vantare di aver corso con un vincitore di una medaglia d'oro alle Olimpiadi! Concedimi però di ribadire ancora quanto scrissi tempo fa: hai visto che, grazie all'allenamento fatto con me, hai raggiunto un perfetto stato di forma? ;-)

Francesco Fabbri - giugno 2006

Zorro mentre legge il quotidiano free-press "Sports"

Benché fossi quasi del tutto certo del contrario, devo ammettere che non avevo escluso un possibile cambiamento di Cristian dopo l'oro olimpico. Un simile trionfo poteva in effetti averne modificato le abitudini, o anche solo il rapporto con la gente. Ma, conoscendolo, mi sembrava alquanto improbabile che il "cuginone campione" potesse mutare il proprio carattere in maniera così radicale, rinunciando alla sua spontaneità. Ne ho la conferma fin dalla prima volta che lo incontro a Moena lo scorso agosto. Sto tornando a casa dopo un allenamento e passo per piazza Battisti. Forse distratto per la stanchezza non lo noto, tanto che è addirittura lui a venirmi incontro e a salutarmi! Gli rinnovo i complimenti per la sua grande impresa, scusandomi per averlo chiamato al cellulare quando era in Svezia (dunque pagava lui... ma io non lo sapevo...). Lo informo che avrei piacere di fargli un'intervista, nel corso della quale gli consegnerò tre quotidiani free-press trovati a Firenze, dove viene celebrato l'oro della staffetta azzurra. Rimandiamo accordi più precisi al giorno del "Giro de le Notole", la corsa podistica che si tiene appunto a Moena il 14 agosto. Né io né Cristian vi parteciperemo: lui ha già disputato il Trofeo "L'Alpino", una massacrante gara in salita (da Moena al Fango!) che ha nettamente vinto. Io, nel mio piccolo, sono pago del buon piazzamento ottenuto nella "Torri del Vajolet" di Vigo. Oltretutto il giorno della gara il tempo è davvero infame: freddissimo e con pioggia a dirotto! Incoccio in Zorro poco dopo la partenza. E' in compagnia del figlioletto Harald ed è intento a tifare per tutti quelli che conosce e che via via transitano. Un bell'atteggiamento di sportività! Scambiamo qualche parola, poi ci spostiamo nella zona del traguardo. Durante il tragitto ci fermiamo a una gelateria. Molto gentilmente Cristian mi chiede se voglio favorire anch'io, ma non posso proprio accettare: d'accordo che preferisco il freddo al caldo, ma oggi un gelato mi paralizzerebbe seduta stante... Con grande nonchalance, padre e figlio si gustano invece il loro bel cono! Dopo la gara, Cristian mi dice che il maltempo degli ultimi giorni lo ha costretto a saltare diversi allenamenti, per cui deve rivedere il calendario dei suoi impegni futuri. L'incontro successivo, di nuovo casuale, avviene una settimana più tardi nel parcheggio del supermercato. Stavolta fissiamo la data per l'intervista, ma il giorno fatidico, quando lo contatto per una conferma, a rispondermi è un abbacchiato Zorro, che mi comunica che ha avuto da poco una rovinosa caduta con la moto. Nulla di rotto, però ha contusioni ed escoriazioni in tutto il corpo, con tanto di ricuciture, bendaggi ospedalieri e trattamento antibiotico! Faccio all'amico i miei migliori auguri per una veloce ripresa, rimandando ovviamente l'intervista a un tempo più opportuno. Il progetto va in porto in extremis il 5 settembre, appena due giorni prima del mio rientro a Firenze. L'appuntamento è fissato per le 18 in piazza Battisti e, malgrado un impegno sopraggiunto all'ultim'ora, di cui ero stato informato, Cristian si presenta piuttosto puntuale. Il suo morale è comprensibilmente basso: ha ancora dolori un po' dappertutto, dunque la ripresa degli allenamenti procede a rilento. I segni della caduta sono visibilissimi; davvero impressionante è una vasta abrasione all'avambraccio sinistro. Non voglio sottrargli troppo tempo, per cui andiamo subito a sederci a un tavolo all'esterno del Bar Centrale. Finalmente posso offrire io, e così, sorseggiando io un succo di frutta, lui un cappuccino, iniziamo la nostra chiacchierata. Malgrado, come detto, il non ottimale stato d'animo, Cristian è come al solito gentile e disponibile; risponde sempre di getto a tutte le domande senza peli sulla lingua o ipocrisie. Alcune sue considerazioni suonano forse amare, ma anche terribilmente realistiche.
Prima di cominciare, vorrei sapere se posso continuare a chiamarti "Cristian" o "Zorro", oppure se devo dire "Commendator Zorzi", vista l'alta onorificenza che ti è stata conferita dal Presidente della Repubblica in persona... Per te sono importanti questi riconoscimenti?
"Se dati col cuore, sicuramente; se invece vengono assegnati per farsi vedere o per onor di politica, allora no. In questo momento non so cosa pensare... Certo la prima onorificenza, quella di Grand'Ufficiale (ricevuta dopo le Olimpiadi di Salt Lake City, nda), è stata più sentita. Questa sì e no. Certo c'è gente che ci tiene tanto; a me non è che abbia cambiato la vita..."
Tu sei sempre rimasto lo stesso, per quello che posso vedere io...
"Ma sì; sono scazzato o contento, dipende dal tempo..."
Passiamo alle cose serie. Quanto è stato importante l'allenamento fatto con me la scorsa estate per la conquista della medaglia d'oro olimpica? :-)
(ride) "E' stato un riposo, più che un allenamento..."
(rido anch'io) Ti ho costretto ad andare al passo...
"Beh, dai, diciamo che si è trattato di un «riposo attivo»!" (risata generale)
Seriamente (per davvero...): molti amatori mi chiedono quale sia la preparazione adottata da un campione come te. Puoi dirmi, in sintesi, a quanti e quali allenamenti ti sottoponi, in inverno e in estate?

"Un vero allenamento non è mai improntato su una sola stagione, ma su anni e anni di attività. Dunque fornire tabelle precise non sarebbe giusto e neppure corretto. Per me è importante andare a sensazioni, capire fin dove il proprio fisico può arrivare, fare le cose seriamente al momento giusto e magari farle un po più svaccati quando non ci se la sente più."
Però so che tu di norma ti alleni due volte al giorno...
"Sì, ormai questa è la routine. Come un lavoratore fa otto ore al giorno, io mi faccio i miei due allenamenti. Il che non consiste nelle stesse ore, ma alla fine ti prende comunque tutta la giornata."
Segui una dieta particolare?
"No, per niente! Magari non mangio mai le stesse cose e cerco di variare il più possibile, ovviamente senza mai esagerare nelle quantità. Però mangio di tutto, anche cose fritte!"
Eccoci dunque al trionfo in staffetta a Torino 2006, il momento penso più importante e prestigioso, fin qui, della tua attività sportiva. Quando Piller Cottrer ti ha dato il cambio avevi 5" di vantaggio sullo svedese Mathias Fredriksson e 20" sul tedesco Angerer. Un po' tutti noi, credo, dal telecronista Bragagna che l'aveva detto esplicitamente, fino all'ultimo dei tifosi, pensavamo che li avresti attesi per poi giocarti tutto in uno sprint a tre. Invece te ne sei andato via fin da subito in quel modo forsennato, stroncando gli avversari proprio sul ritmo... Si è trattato di una tattica predefinita, oppure è stata l'ispirazione del momento?
"Sono andato d'istinto. La tattica era tutt'altra cosa, era giocarsela allo sprint, non certo partire davanti da lepre, specialmente con così pochi secondi... Ma io stavo bene ed ero convinto di poter vincere, e le due cose hanno fatto sì che me ne andassi via concentrato e in scioltezza. All'inizio sono partito con un ritmo deciso perché volevo vedere come reagivano gli altri. Per prendermi, avrebbero dovuto fare della fatica in più, e comunque io ho sempre mantenuto quel 5% di margine per un'eventuale volata."
C'era chi sosteneva che la pista di Pragelato, con quelle durissime salite, non si addicesse alle tue caratteristiche; in più, quand'è venuto il tuo turno, c'era una fitta nevicata che certo poteva sfavorire, sulla carta, un atleta potente come te... Ti sono mai passati questi dubbi per la testa, nel corso del tuo fantastico forcing?
"Quando certe persone hanno avanzato quei dubbi, antecedentemente alle Olimpiadi, mi sono concentrato per allenarmi ancora meglio. E' vero che, rispetto ai miei compagni, io sono più grande e grosso, e prediligo magari le salite un po' meno ripide; ma se uno è in forma, i due secondi persi in salita possono essere recuperati altrove. Dunque la condizione fisica è alla base di tutto."
Al culmine dell'ultima salita, per un attimo ti sei massaggiato le gambe: ti facevano male? Eri un po' stanco? Oppure era un gesto come un altro per allentare la tensione psicologica?
"Ho solo mollato giù le braccia per scioglierle, e ho toccato le gambe involontariamente. E' pur vero che ero arrivato su stanco, come logico dopo una salita durata cinque minuti, ma d'altra parte penso che anche i miei avversari fossero altrettanto stanchi, se non di più..."
Quand'è che ti sei sentito davvero sicuro di vincere?
"Per l'appunto nel momento in cui mi sono toccato le gambe! Forse, inconsciamente, l'ho anche fatto per ringraziarle di avermi tenuto botta fin là."
Al momento di tagliare il traguardo, quando hai fatto cenno al pubblico di tacere, io avevo sinceramente pensato a un comprensibile sfogo, a una rivalsa nei confronti di coloro che, nei momenti di tua minore forma, avevano un po' smesso di credere in te. Poi, invece, nelle interviste di fine gara, hai affermato che desideravi solo replicare il silenzio venutosi a creare a Lillehammer nel 1994, quando il nostro Fauner si permise di battere il mostro sacro Bjorn Daehlie, che giocava in casa...
"E' vero, in realtà il simbolo era duplice: c'era sì il desiderio di rievocare Lillehammer, ma soprattutto c'era la volontà di far zittire quelle poche persone che fino all'ultimo mi avevano rotto le scatole. E chi lo doveva capire penso lo abbia capito..."
Sembrano davvero lontani quei mesi dell'inverno 2003-2004 in cui i risultati stentavano a venire. Ripensandoci adesso, sei riuscito a darti una spiegazione circa il perché di quella tua momentanea pausa?
"Venivo da due anni, quelli delle Olimpiadi di Salt Lake City e dei Mondiali in Val di Fiemme, assolutamente stressanti. Nel primo caso mi ero ritrovato, da outsider, a vincere due medaglie; nel secondo partivo da favorito e invece non avevo portato a casa niente, pur avendo conseguito tanti risultati in Coppa del Mondo, che erano sì importanti ma che passavano in secondo piano rispetto ai Mondiali. Oltre allo stress, l'aver contratto una malattia virale mi aveva stroncato sia fisicamente che psicologicamente."
Solo qualche parola sulla sfortunata finale della gara sprint, dove non sei potuto andare al di là di un (comunque buono, per me) quarto posto, per via dell'ormai noto episodio del bastoncino che Thobias Fredriksson ti ha piantato sullo sterno in una delle ultime curve. Nessun dubbio che lo svedese avesse il diritto di scegliere la traiettoria preferita, visto che era leggermente più avanti di te; però il tenere così alto il bastoncino interno alla curva è un movimento del tutto innaturale: lo si fa, appunto, solo per ostacolare qualcuno! Sinceramente non ho capito perché Albarello abbia subito deciso che non c'erano margini per fare ricorso...
"Per quanto riguarda le traiettorie, uno dei fatti incriminati risale a prima del momento del bastoncino, quando in una curva io ero leggermente davanti e, nonostante ciò, Fredriksson mi ha chiuso all'interno, stringendomi fisicamente; poi è successo l'altro episodio in cui mi ha tagliato la strada spingendomi col bastoncino. Albarello non ha voluto fare reclamo perché c'erano state delle scelte politiche antecedenti a quella gara, che non posso riferire. Tutti erano intenzionati a presentare il ricorso, ma lui non ha potuto perché c'erano sotto altre cose che poi mi hanno rivelato."
Ma tu, dopo quel brutto gesto di Fredriksson, non hai potuto disputare la volata perché hai sentito dolore, oppure perché ormai avevi perso la posizione buona per giocartela con gli altri?

"Avevo perso la posizione buona, la velocità e per di più la concentrazione, che è molto importante. Mi sono sentito come se qualcuno mi avesse chiuso il bottone della centralina. Devo anche ammettere che ho sbagliato l'approccio alla gara. Avrei dovuto tirare fin dall'inizio, così mi sarei sfogato e due persone si sarebbero sicuramente staccate: Darragon e lo stesso Fredriksson. Molto probabilmente avrei perso la volata con Lind, ma almeno avrei preso l'argento. Il fatto è che sono arrivato alla gara psicologicamente spompo, dopo l'oro in staffetta e i relativi festeggiamenti. A ogni modo non voglio recriminare niente: è andata così e basta."
Hai forse la sensazione che, col passare degli anni, tu stia magari diventando più forte sul passo e un po' meno nello sprint? Sembrerebbe di no, comunque, ripensando alla volata vincente nella gara di staffetta di Coppa del Mondo disputata al Lago di Tesero...
"Più che altro mi sto stufando delle gare sprint. Non parto più convinto come un tempo perché mi rendo conto che non c'è più il rispetto delle regole, e troppi lottano sul filo della scorrettezza, oltrepassandolo spesso e volentieri, ma senza essere puniti. Questo inizia un po' a scocciarmi perché non è più competizione: è guerra. Sì, io sono di indole abbastanza tenace e «cattiva», però non sono propenso al contrasto fisico; ho rispetto dei miei avversari. Quando vedo che gli altri sono così recidivi, come appunto un Fredriksson, parto meno convinto. Ma solo psicologicamente, perché fisicamente credo di essere ancora portato per le sprint."
Dopo la vittoria olimpica ti abbiamo visto ospite in diverse trasmissioni televisive, addirittura sul palco del Festival di Sanremo... Com'è cambiata la tua vita dopo la medaglia d'oro? Ti senti solo "più stressato", come mi avevi detto al telefono a un paio di settimane dal trionfo, oppure ci sono stati anche risvolti positivi?
"Penso di essermi stancato moltissimo nel periodo compreso fra aprile e giugno, perché ho dovuto rincorrere tante manifestazioni e tante serate. Forse ho un po' più di popolarità, ma comunque quella l'avevo già. Magari prima era più circoscritta all'ambito sportivo, ora mi conosce di più l'Italia in generale. Per il resto direi che la mia vita non è cambiata tanto."
Durante la telecronaca della staffetta olimpica, Franco Bragagna a un certo punto ha parlato di un suo incontro con Bjorn Daehlie. Volendo descriverne il carattere, ha detto che è una specie di Cristian Zorzi "meno guascone e più simpatico"... Da quel che posso dire io, tu non sei assolutamente uno sbruffone né tantomeno sei antipatico; anzi è vero l'esatto contrario: sei una persona gentilissima e molto disponibile! E allora da dove diavolo saltano fuori certe leggende metropolitane?...
"Una volta ho parlato col signor Bragagna per una questione circa i modi di giudicare le persone. Non si può valutare qualcuno solo in base a ciò che fa sul campo o dice in un'intervista, ma bisogna conoscerlo anche al di fuori di questi ambiti. Probabilmente lui apprezza le persone colte e intelligenti, e io magari non lo sono. Comunque non mi fa né caldo né freddo!"
Quanto giudichi importante, nella tua maturazione di atleta e di uomo, il fatto di avere una moglie e un figlio? Cos'ha cambiato, nella tua vita pratica, l'avere una famiglia?
"Mah, sicuramente ha comportato delle rinunce al divertimento. Intendiamoci, quando sono a casa preferisco stare con loro; con la moglie c'è più responsabilità, mentre il figlio ti dà più soddisfazione. La moglie è esigente perché io sono sempre via, quando torno a casa c'è dunque un momento di assestamento ed è inevitabile qualche discussione."
C'era un motivo particolare per cui alle Olimpiadi avevi scelto stavolta il colore rosso per i capelli?
"Siccome in passato li avevo fatti sempre bianchi, stavolta volevo fare il tricolore! Poi ero così concentrato negli allenamenti che non ho più avuto il tempo di dedicarmi ai capelli. Inizialmente erano sul viola, poi volevo farli rossi, e alla fine dovevano andare sul rosé. Non è andata proprio secondo le intenzioni, ma l'intento era solo di cambiare un pochettino rispetto alle altre volte."
Tu sei sicuramente un personaggio di spicco all'interno del tuo sport, non solo per via della caratura tecnica, ma anche per la forza della tua personalità. Secondo te, lo sci di fondo ha l'attenzione che merita? Io direi di no, visti i tagli economici che vengono apportati alla Federazione...

"Purtroppo il nostro è uno sport della neve. Se potessimo farlo a Roma, sicuramente avrebbe più riscontro. A livello federale, poi, abbiamo un presidente che non è beneamato nella capitale. Dunque siamo odiati, a partire dai vertici fino a noi stessi. Non ci danno lo spazio dovuto anche perché è finita l'era-Tomba e non c'è più un vero trascinatore. Ma sono anni che lo sci di fondo salva le discipline invernali, e quindi dovrebbero darci più meriti. Invece è la stessa Federazione a non lasciarci spazio, e di questo passo il nostro è uno sport che pian piano andrà sicuramente a morire. Peccato, perché siamo a livelli altissimi: noi dello sci nordico contrastiamo i paesi scandinavi, mentre nello sci alpino rivaleggiamo coi mitteleuropei."
Non ti sembra di essere un po' troppo pessimista?
"Il fatto è che l'italiano medio non è uno sportivo, ma solo un tifoso. A differenza, per esempio, della Germania, dove se hanno il campione del mondo di freccette i mass-media gli danno subito spazio, e c'è tanta gente che si appassiona e prova a praticare quello sport, in Italia tutti hanno il pallone inculcato nella testa, e solo quello..."
A proposito del calcio, ti capita mai di invidiare la maggiore popolarità e, perché no, i maggiori guadagni di quello sport?
"La popolarità sicuramente no, perché oltre certi limiti trovo che non ci sia più vita...
(a questo punto squilla il cellulare di Cristian, ma lui, dimostrando grande rispetto per me e per l'intervista, lo chiude) Quanto al discorso economico, a me basterebbe guadagnare un decimo di quanto prende un calciatore e sarei già contento! Così, almeno, potrei farmi una casa tutta mia. Provo un po' di disprezzo a vedere quanti soldi incassano i calciatori facendo quello che fanno."
Sicuramente faticano molto meno di voi...
"Molto, molto meno! Però è anche vero che sono loro i primi a darci da mangiare, perché è il calcio che mantiene un po' tutti gli sport in Italia..."
Premesso che hai appena 34 anni, che per un fondista non sono oggettivamente molti e quindi hai ancora certamente davanti a te diverse stagioni ad altissimo livello, hai mai pensato a cosa farai quando smetterai di correre? So che sei un Finanziere, ma a esser sincero non ti ci vedo molto a far controlli fiscali nei negozi o cose del genere... Tempo fa mi dicesti che non eri troppo propenso a un eventuale incarico in seno alla Federazione; valutata, però, la tua naturale apertura e la tua carica comunicativa, io credo che saresti adattissimo a insegnare il tuo sport ai giovani, e a trasmettere loro tutta la tua carica di entusiasmo...
"Mi piacerebbe farlo a livello locale, con i ragazzi, per urlare e divertirmi. Non a livello federale: non è il mio ambiente, c'è troppo spesso il «signorsì», e io ne ho già abbastanza di doverlo dire nella Guardia di Finanza... Però in alcune occasioni vorrei proprio essere nella Tributaria, giusto per vedere le facce di certe persone che non parlano bene di me... Ma a fare così mi metterei sul loro stesso piano... "
Come giudica Cristian Zorzi la sua carriera fin qui? Soddisfazioni, rimpianti... C'è un sentimento predominante?
"Io sono contento. Ho impiegato un po' ad arrivare agli alti livelli; ho sofferto tanto, ma è proprio grazie alle delusioni che adesso sono quello che sono. La mia sfortuna è che sono cresciuto dal niente: la mia famiglia non era granché ricca; inoltre i miei si sono separati e questo ha comportato ulteriori difficoltà. Quello che mi sono costruito, l'ho costruito io da solo, a differenza dei miei compagni che provengono tutti da famiglie che li hanno spinti, e senza problemi finanziari. Ecco il mio unico rimpianto, l'aver dovuto soffrire anche nel farmi una casa quando avrei potuto soffrire meno, però forse erano queste le regole del gioco."
Tu hai sempre avuto un particolare rapporto coi tuoi tifosi. Ti fa piacere il loro affetto? C'è un messaggio, o qualcosa di simile, che vorresti lanciargli in chiusura di questa intervista?
"Devo dire che adesso i tifosi che ho sono quelli sinceri. Prima magari c'erano anche i falsi, e questo mi ha procurato alti e bassi nell'approccio pure con quelli che mi volevano bene. Ora sono sicuro che sono rimasti i tifosi veri, quelli che seguono non solo me ma lo sport in generale, e non hanno problemi a dirmi le cose apertamente. Quindi ringrazio tutti, anche quelli con la doppia faccia, perché mi hanno fatto capire tante cose... Però, nell'arco della vita, uno ci ricasca sempre dentro: ci sono troppe persone che ti aspettano al varco per i propri interessi e alle quali tu credi di poterti affidare, e che invece nel momento difficile ti girano la schiena. Questo succederà sempre..."

Dopo l'intervista, il cellulare di
Cristian squilla all'impazzata

Una conclusione agrodolce ma, ahimè, assolutamente vera. Come vero è il personaggio Cristian Zorzi, dotato di grande carica umana e assoluta sincerità. In chiusura gli consegno i quotidiani gratuiti "Sports", "Leggo" e "City" con la celebrazione dell'impresa torinese. Ci soffermiamo sulla meravigliosa foto che lo ritrae all'arrivo in perfetta solitudine, coi bastoncini alzati, sotto una fitta nevicata (vedi sopra). E, a proposito di foto, anch'io comincio adesso a scattargliene alcune. Gli chiedo se desidera che non si vedano le ferite, ma lui mi risponde che non ci sono problemi. A dire il vero avrei preferito ritrarlo con la medaglia d'oro al collo, però questa si trova giustamente in banca, dentro una cassaforte. Peccato non potersi tenere un cimelio del genere in casa, così da ammirarselo tutti i giorni; d'altronde il caso capitato a Isolde Kostner, derubata anni fa dei suoi trofei, impone certe scelte. Tornati in piazza, Cristian riaccende il cellulare, che subito comincia a squillare furiosamente. E' l'ora delle ultime foto insieme, poi mi congedo dall'amico campione. Al quale dedico l'ennesimo ringraziamento, insieme però a un consiglio: caro Zorro, Valentino Rossi è unico... Lasciamo a ciascuno il proprio mestiere! ;-)

Francesco Fabbri - settembre 2006

L'incontenibile gioia di Pasini e Zorzi dopo la vittoria (foto JAMD)

Tanto era stato imperioso il trionfo olimpico di Torino 2006, con un vantaggio così netto da non ammettere repliche, quanto l'alloro colto al mondiale giapponese è invece risultato sofferto e combattuto fino all'ultimo, ma proprio per questo non meno bello e importante. Si trattava stavolta della staffetta sprint, moderna kermesse a coppie a più turni eliminatori. Fin lì, la stagione di Cristian non era stata esaltante, e anche sul conto dell'inedito compagno, Renato Pasini, c'erano più ombre che certezze. Ma la tempra del vero campione si vede nel momento delle difficoltà, e così, proprio nel frangente che conta, il cuginone ha saputo tirar fuori le unghie beffando tutti gli avversari.
Ogni gara di questo tipo richiede, oltre a una grande forma fisica, anche una perfetta concentrazione, così da interpretare al meglio la giusta tattica da adottare, metro per metro. E infatti vittime illustri ce ne sono state: l'eliminazione in semifinale della Svezia, oltre alla caduta della Norvegia in finale. Zorro riceve l'ultimo cambio da Pasini in testa, e con grande forza e caparbietà riesce a resistere al disperato tentativo di rimonta del russo Rotchev, che, in volata, viene accreditato dello stesso tempo: il fotofinish dimostra però che, al momento della spaccata decisiva, Cristian arriva sulla linea con una… punta di scarpa di vantaggio. Quel tanto che basta! Terza la Repubblica Ceca, addirittura senza medaglie la quotatissima Germania degli
stellari Angerer-Teichmann. Giustamente straripante l'esaltazione del duo italiano una volta compiuta l'impresa!

Il concitato arrivo: Cristian (a sinistra) batte il russo Rotchev (foto ANSA)

Nelle interviste del dopo gara, Zorro non nascondeva i timori e le incertezze della vigilia, e anche il fatto che i piani 'a tavolino' non prevedevano il dover ricevere il testimone davanti a tutti all'ultima frazione. Ma, visto come sono andate le cose, evidentemente Pasini aveva intuito giusto, eppoi Zorzi ha sempre fatto bene quando è partito in testa, vedi anche Torino 2006!
Da dimenticare, invece, la staffetta 4x10, dove c'era appunto da confermare il titolo olimpico. La gara è stata del tutto compromessa dalle due disastrose frazioni a passo alternato di Roland Clara e Giorgio Di Centa, pare frenati da un'errata sciolinatura. Pietro Piller Cottrer recuperava comunque qualcosa, e Cristian riusciva a togliersi da un mortificante arrivo in doppia cifra chiudendo al 9° posto. Molto pacati e sereni i suoi commenti al termine, testimonianza della raggiunta, piena maturità come uomo.
Incontro Zorro a Moena nel luglio successivo, in compagnia della sua famiglia, ora allargatasi con la nascita della splendida Carolina. Espansivo e gioviale come sempre, sorride quando mi congratulo con lui. Mi viene però spontaneo aggiungere: "Non so se meriti più complimenti per l'oro mondiale oppure per la tua nuova creatura…". "Sicuramente per lei!", risponde con sicurezza il cuginone, il quale ha davvero ben chiara la giusta scala di valori nella vita. Incredibile Cristian, non devi dimostrare più niente a nessuno: hai vinto tantissimo e sei già nella Storia dello Sport! Quello che verrà in più sarà ovviamente ben accetto, ma chi ti vuole davvero bene, come il sottoscritto, ti apprezzerà e ti loderà per sempre!

Francesco Fabbri - giugno 2008

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