XIV: Passo degli Oclini - Il Palone - Corno Nero -
Passo degli Oclini - Corno Bianco - Passo degli Oclini
(a piedi)

In vetta al Corno Bianco. Sullo sfondo il Corno Nero

Iniziare una gita in montagna in discesa? Può capitare, e stavolta è uno di quei casi. Il Passo degli Oclini, a pochi chilometri di distanza dal Passo Lavazé, è una spianata ampia e decisamente amena. Non si trova nella provincia di Trento bensì in quella di Bolzano, ed infatti la predominanza di escursionisti di lingua tedesca è schiacciante. Come detto, la prima parte del mio itinerario, che aggira il versante ovest del Corno Nero, si svolge in discesa. Poco prima del Passo Cugola mi porto sul lungo crinale che, dopo aver toccato l'altura denominata Il Palone, risale fino alla porfirica vetta del Corno Nero. I belati delle pecore al pascolo accompagnano il mio cammino, che non presenta alcuna difficoltà tecnica. Arrivo in cima e fa abbastanza freddo, anche perché quel timido sole che si era affacciato nelle prime ore del mattino è ben presto scomparso. Non indugio dunque più di tanto e scendo verso gli Oclini lungo la via normale, appena un po' più ripida. Giunto a valle, guardo l'orologio: è mezzogiorno, e posso dire di aver completato l'itinerario a tempo di record. Mentre mangio un panino, dalla parte opposta guardo il Corno Bianco, che, come dice il nome, a differenza del monte precedente è costituito dalla "canonica" roccia chiara. L'avevo già salito nel 1985, e il tempo occorrente per raggiungerne la vetta è limitato: mediamente tre quarti d'ora possono bastare. Malgrado il cielo vada annuvolandosi sempre più, decido di fare... l'accoppiata vincente. E di tentare anche la performance fisica: in altre parole, pur senza ammazzarmi, salgo di gran carriera. Un escursionista tedesco, ad occhio e croce più giovane di me di una decina d'anni, tenta di starmi dietro e per un po' ci riesce, ma dopo una decina di minuti molla. Io proseguo col mio passo svelto e senza fermarmi; gli ultimi metri prima della cima richiedono talvolta l'appoggio delle mani, ma senza preoccupazioni arrivo alla croce di vetta. Ho impiegato 29 minuti: niente male! Circa cinque minuti più tardi anche il tedesco giunge alla mèta, mentre io mi sto rifocillando. La sosta non è comunque troppo lunga, perché stanno cadendo alcune gocce di pioggia: non che si tratti di un vero temporale, però è ovviamente il caso di rientrare. Torno sul sentiero che, nella caratteristica cornice dei pini mughi, in breve mi riporta agli Oclini.

[Dolomiti 2002]