V: Rifugio Cauriol - Cima di Canzenagol e ritorno
(a piedi)

E' solo per una coincidenza, ma come nel 2003 anche quest'anno la quinta gita dolomitica si svolge nel cuore dei miei beneamati Lagorai, oltretutto partendo sempre dal Rifugio Cauriol, nell'alta Val di Sadole sopra Ziano di Fiemme. E' un luogo che ormai conosco bene, dato che ho già salito quasi tutte le vette che si affacciano su entrambi i lati della valle, e in particolare il primo tratto dell'itinerario ricalca fedelmente quello da me seguito due anni fa, quando raggiunsi la Cima Busa Alta. Proprio per questo deve sorprendere il fatto che anche qui io abbia trovato il modo di complicarmi la vita smarrendo il sentiero, secondo un copione ahimè frequente nel corso del 2004. Paradossalmente perdo l'itinerario quasi subito, nella parte ben segnalata, e non in quella alta, laddove ci sono pochissime tracce e bisogna arrangiarsi. A dire il vero, c'è però un banale motivo che proprio all'inizio della gita mi mette un po' di fretta addosso, togliendomi lucidità: un... impellente bisognone. Per questo, subito sopra il rifugio, mi dirigo dritto verso la boscaglia, credendo di seguire il giusto itinerario. Liberatomi dell'ingombrante problema, riprendo il cammino. La vegetazione è molto fitta ma non me ne preoccupo più di tanto, perché il ricordo di due anni prima corrisponde ai miei scarponi letteralmente fradici, a causa appunto dell'abbondante rugiada non asciugata dai quei raggi solari che non riescono ad attraversare le folte chiome verdi. Un particolare, tuttavia, non corrisponde: il sentiero 349 di solito è ben segnalato, mentre adesso è già da un po' che non scorgo alcuna pittura bianco-rossa. Non mi perdo d'animo e continuo a salire; su qualche masso mi sembra di notare qualche traccia rossastra e mi convinco di essere sulla giusta strada, indicata da qualche segno più sbiadito del solito. Ma si tratta in definitiva di un inganno che perpetro verso me stesso, perché dopo altri minuti devo rendermi conto che quelli sono solo vecchi licheni... Che fare? Tornare indietro sarebbe ovviamente la soluzione più sicura, al fine di ritrovare il corretto itinerario; però sono già abbastanza in alto e l'idea di spendere altra fatica non mi alletta granché. Do un'occhiata in alto e, anche se lo sguardo è ostacolato da molti alberi, riesco a intravedere il punto verso cui devo dirigermi, ossia l'intaglio fra la Cima di Canzenagol e la Cima Busa Alta. E così procedo nel bel mezzo di un bosco fittissimo, fra ontani verdi, larici e abeti rossi. L'erba è costantemente alta e assai spesso l'insieme dei rami degli alberi è così compatto da costringermi ad aprirmi il cammino con le braccia, ma il vostro Indiana Jones dolomitico persevera indomito. Quando mi trovo davanti a balze rocciose, talvolta mi afferro a qualche tronco e mi tiro su a forza; se, invece, il terreno è proprio impraticabile, studio l'ostacolo e il punto opportuno dove aggirarlo. Alla fine l'impresa riesce: trascorsa un'ora abbondante dalla partenza, quasi all'improvviso la vegetazione si dirada a causa dell'alta quota, e con un certo sollievo rivedo alla mia sinistra le giuste indicazioni. Sono completamente inzuppato d'acqua dalla vita in giù, ma per fortuna pantaloni e calzature hanno mantenuto all'interno una certa impermeabilità. Dopo aver attraversato una distesa di massi, mi riporto sul fatidico sentiero, che ben presto presenta una deviazione.

La Val di Fiemme dalla Cima di Canzenagol

Finalmente sul giusto sentiero!

Proseguendo a destra lungo l'itinerario principale si raggiungerebbe la Cima Busa Alta, mentre a sinistra una traccia conduce alle pendici rocciose della Cima di Canzenagol, verso cui io mi incammino. Si tratta di un vecchio sentiero militare della Grande Guerra che però è ormai ben poco evidente. D'altronde la Cima di Canzenagol è forse la meno battuta fra le vette che si affacciano sulla Val di Sadole, anche perché, coi suoi 2457 metri, rimane leggermente più bassa delle altre. I ciottoli sistemati dai soldati, comunque, almeno in basso si distinguono abbastanza bene nel terreno; più in alto, invece, l'erba alta e i segni del tempo hanno cancellato praticamente del tutto qualunque traccia. Giunto quasi sotto le rocce, cerco di individuare il punto dove l'antico percorso poteva passare. Lontano, alla mia destra, mi sembra di distinguere una scalinatura lungo una cengia: ma si tratta di un esile segno. Frattanto, dalla zona della Busa Alta sta arrivando un gruppetto di escursionisti, come me decisi a salire sulla Cima di Canzenagol. Opto allora di attenderli per vedere insieme dove dirigerci. Si tratta di quattro signori veneti, pratici dei Lagorai; però anche al loro curriculum manca questa cima. Indico loro la traccia sulla destra: rimangono un po' indecisi, poi uno di loro alza il bastone da trekking verso un intaglio assai prossimo alla vetta, che è nel centro, proprio sopra le nostre teste, e fa: "Mi digo che qui x'è più pedalabile!". Decidiamo allora di provare quel passaggio, sicuramente più breve. Il pendio erboso è però parecchio ripido, e spesso vi sono delle roccette dove bisogna arrampicare (un 1° grado al massimo, comunque). I miei estemporanei compagni di gita hanno buon fiato e tecnica e camminano spediti, grazie anche all'aver scelto di non portarsi dietro alcuno zaino. Con attenzione, ma senza vere difficoltà, arriviamo infine in vetta, dove sono poste due croci di differente grandezza. Oggi il panorama non è invero dei più nitidi; malgrado ciò ci scambiamo pareri e opinioni sulle cime che vediamo: Busa Alta, Cardinal, Cauriol, Castel delle Aie, Cadinon, Coltorondo, Moregna, Cece... Loro sono più ferrati di me in materia, anche se io, ormai, mi difendo bene!

Cima Moregna e Coltorondo;
più dietro, la Cima di Cece

Sulla Cima di Canzenagol

Un'occhiata alla cresta del nostro Canzenagol ci fa distinguere meglio, adesso, la vecchia traccia di guerra che io avevo individuato dal basso. I quattro ammettono che era quello il percorso giusto, e che a scendere sarà più prudente servirsene, in quanto meno ripido rispetto alla via da noi seguita per salire. Il fatto che loro non abbiano dietro né viveri, né acqua, li obbliga a non trattenersi ulteriormente in vetta, e presto infatti ridiscendono a valle. L'ovvio contraltare del peso del mio zaino è ora rappresentato dalla dotazione di ogni genere di conforto; posso quindi mangiare e bere senza fretta. Il sole è effettivamente pallido e tira un po' di vento: mi metto la giacca della tuta e indugio ancora, scattando qualche foto. Il tempo non s'è del tutto guastato, ma a un certo punto anch'io scelgo di lasciare la bella vetta per iniziare il rientro. Percorro per intero la cresta del Canzenagol incontrando frequenti spezzoni di filo spinato, che devo stare attento a evitare perché, guarda caso, sono tutti a disposti a livello di... conficcamento nelle cosce, e in poco tempo mi ritrovo all'inizio della scalinatura lungo la cengia.

La più alta delle due croci
sulla Cima di Canzenagol

La cresta del Canzenagol,
da me percorsa in discesa

Grossi pietroni, ormai ricoperti da abbondanti ciuffi d'erba, permettono una discesa sufficientemente sicura; qualche punto è franato, e ciò è ovvio se si considera che sono già trascorsi quasi novant'anni dall'approntamento di queste opere. Il mio commosso pensiero corre, ancora una volta, all'immane fatica compiuta da tanti disgraziati, italiani e austriaci, mandati a scannarsi inutilmente su un territorio così aspro... Oggigiorno, siamo proprio noi escursionisti a dover ricordare certi tragici avvenimenti e rivolgere un sentito ringraziamento a quei poveri uomini, perché è solo in virtù del loro lavoro che possiamo ancora accedere a tante cime, altrimenti inviolabili per i più!

Il sentiero militare visto dall'alto

L'erba ormai alta sui pietroni
scalinati del sentiero militare

Tornato nella conca sottostante, dove il grigio verdognolo della roccia lavica si mescola al rosso acceso delle macchie di rododendri, sto ora ben attento a non smarrire i segnavia. Mi rituffo nel folto sottobosco e cerco di capire dov'è che ho compiuto l'errore salendo. Per scoprirlo, devo attendere di essere a pochi metri (forse un centinaio) dal Rifugio Cauriol: non avevo notato una passerella sopra un rivo, oltre la quale c'erano chiaramente i segni colorati. Sono proprio un allocco! Per una serie di motivi, questa rimarrà purtroppo l'unica gita del 2004 nei Lagorai. E' stata comunque un'esperienza significativa e appagante, perché ho saputo raggiungere una cima che, nel bel libro di Giuseppe Borziello "Escursioni - Lagorai" (Cierre edizioni), è classificata "per escursionisti molto esperti".

[Dolomiti 2004]