VI: Rifugio Cauriol - Passo Sadole - Busa del Castel -
Forcella delle Aie - Castel delle Aie - Passo Sadole - Rifugio Cauriol
(a piedi)

Il Castel delle Aie dal Passo Sadole

I Laghetti delle Aie dall'omonima forcella

La rocciosa vetta del Castel delle Aie

Una volta salito il Cardinal, mi mancava solo il Castel delle Aie per completare la mia "collezione" di vette importanti della Val di Sadole, nel gruppo dei Lagorai. Così, ad appena due giorni di distanza dalla gita precedente, torno sul "luogo del delitto": il Rifugio Cauriol. Il cielo è completamente sereno ma l'azzurro risulta piuttosto pallido: si intuisce che il tempo potrebbe cambiare di lì a poco. Dunque mi incammino subito lungo il sentiero che conduce al Passo Sadole, da me già affrontato diverse volte in questi anni. In un'oretta lo raggiungo: sopra di me, sulla destra, svetta l'isolato Castel delle Aie. Inizialmente devo aggirarlo proseguendo sul versante opposto del Passo Sadole, quello che porta, con deboli saliscendi, alla conca denominata Busa del Castel. Questa zona dei Lagorai esercita sempre su di me un fascino magnetico incutendomi, nel contempo, un certo timore reverenziale. Ci si sente davvero una piccola cosa inoltrandosi in una natura così solitaria e selvaggia, dove spesso si cammina per ore e ore senza incontrare nessuno. L'inquietante silenzio è rotto, di tanto in tanto, solo dagli acuti fischi delle marmotte che hanno le loro tane più in basso, nei valloni pietrosi: aguzzando lo sguardo, capita di vederne qualcuna ritta di vedetta, oppure che sta correndo verso un nascondiglio. In alto, invece, alcuni porfirici pinnacoli dalla forma curiosamente squadrata sono sovrastati dalla luna diurna, assumendo connotati ancor più bizzarri. Rimonto forcellette, scendo per brevi scarpate, attraverso distese ingombre di grossi massi, e finalmente incontro la deviazione per la Forcella delle Aie. Ancora un breve strappo e ci sono: sul versante opposto giacciono, placidi e tranquilli, i pittoreschi Laghetti delle Aie. Mi faccio una foto, poi affronto la salita per la vetta. Il sentiero è poco battuto e inizialmente non si trova proprio; più su, comunque, le tracce sono visibili. La progressione su roccia non presenta difficoltà particolari, ma sto già preparandomi psicologicamente in vista degli ultimi metri prima della cima, i più difficili stando a quello che ho letto su un libro ("per escursionisti molto esperti; 1° grado superiore"), confermatomi poi anche da una persona pratica del luogo ("non capisco perché in quel canalino finale non mettano una corda metallica"). Sono al punto fatidico: la roccia è leggermente più verticale del solito ma poco esposta; inoltre vi sono buoni appigli. Senza alcun timore procedo tranquillo misurando con attenzione i passi necessari, e in pochi minuti mi ritrovo sulla vetta del Castel delle Aie, a quota 2488. Enormi pietre ingombrano tutto lo spazio; non c'è nessuno e il silenzio è assoluto, fatta eccezione per il sibilare del vento. Dopo quasi tre ore di cammino posso dunque riposarmi, firmare il libro e mangiare qualcosa. Sopra di me, il cielo si va rapidamente annuvolando. Presto capisco che non è il caso di sostare ancora, e comincio la discesa. Ripercorro il "passaggio critico", che a dire il vero non mi crea problemi nemmeno in giù, poi aggiro il fianco opposto della montagna, ritrovandomi su un sentiero che scende direttamente al Passo Sadole. Cominciano i brontolamenti di Giove Pluvio; ancora l'acqua resta dentro le nuvole, tuttavia affretto il passo. Ebbene, forse per la leggera frenesia interiore un tratto erboso pressoché verticale finisce col crearmi qualche grattacapo. Impiego un po' a capire quali sono i giusti movimenti, dopodiché lo supero. Il Passo Sadole è ormai vicino, quando cominciano a cadere le prime gocce. Per fortuna l'intensità della pioggia si mantiene contenuta, e con l'ombrello tascabile aperto quasi non me ne accorgo. Tornando verso il Rifugio Cauriol, incrocio una comitiva di giovani romani che sta andando in su. Mi chiedono informazioni sul percorso per la vetta del Monte Cauriol: non mi ci vuole molto per capire che si tratta di gente del tutto sprovveduta di montagna. Non si inizia un'ascensione alle tre del pomeriggio, per giunta con simili condizioni meteorologiche. Benché ora non stia piovendo, provvedo a dissuadere vigorosamente il gruppo dal proseguire. Per fortuna mi viene dato ascolto, e tutti insieme rientriamo al rifugio. Nemmeno un quarto d'ora dopo il termine della gita, l'acqua cade a catinelle...

[Dolomiti 2003]