Recentemente ho avuto modo di ascoltare l'unica testimonianza su vinile in ambito prog di un gruppo italiano che, negli anni '70, fu colpevolmente trascurato e snobbato a livello di media, nonostante il sicuro valore della proposta. Sto parlando dei fiorentini Califfi e del loro LP Fiore di Metallo, uscito per la Fonit Cetra nel '73.
Due parole sul disco. Prima di tutto non siamo per nulla al cospetto di un'opera minore, anzi: essa figura nella discografia consigliata del libro di Paolo Barotto
Il Ritorno del Pop Italiano; aggiungo che mi trovo pienamente d'accordo su tale valutazione. Lo stile dell'album è per certi versi accomunabile a quello di altri gruppi, come Dalton e Giganti, che ebbero un passato beat negli anni '60 e che poi si indirizzarono verso territori più complessi ed elaborati. Dunque troviamo scaltrezze melodiche sicuramente frutto delle precedenti esperienze; a esse fanno però da contrappunto soluzioni ariose e potenti, quando non addirittura hard: tali connotati strumentali, a tratti veramente entusiasmanti, giungono con facile prepotenza nelle orecchie dell'ascoltatore.
Attualmente il batterista Maurizio Boldrini è titolare del negozio
Mister Disco a Firenze; è in tale luogo che, disponibilissimo, mi ha rivelato interessanti particolari.
I Califfi, nel primo periodo, facevano beat. Quando nacque il gruppo in tale edizione? E tu ne facevi già parte?
"La band nacque a metà degli anni '60 per iniziativa di mio fratello Franco, bassista, cantante e compositore. Rispetto a lui ci sono dieci anni di differenza, dunque io ero fuori dal progetto perché giovanissimo. Originariamente i Califfi erano il gruppo di accompagnamento di Edoardo Vianello ai tempi di
Abbronzatissima (!), poi si misero in proprio incidendo, nel '65, la versione italiana di You Really Got Me dei Kinks (divenuta Ti Giuro E' Così, nda), e diversi altri 45 giri ben accolti dal pubblico."
Poi, nei primi anni '70, il complesso si sfaldò…
"Sì, ma mio fratello decise di non sciogliere il gruppo e lo rinnovò per tre quarti, chiamando dunque anche il sottoscritto. Preciso che il nostro mutamento di stile non fu certo dovuto a motivi di convenienza, ma rappresentò una naturale evoluzione."
Quali erano i gruppi che, all'epoca, vi piacevano e che ritieni possano avervi in qualche modo influenzato?
"Mah, mi ricordo dei Colosseum, dei Deep Purple; a me piaceva moltissimo il blues, i Ten Years After... Nelle sale da concerto davamo sfogo a questa nostra passione, eravamo per forza di cose più aggressivi che su disco, dove era necessario rispettare maggiormente certi canoni di orecchiabilità."
Cosa mi dici del contratto con la Fonit Cetra e del conseguente album Fiore di Metallo?
(ride) "Guarda, ancora non ho capito per quale motivo abbiano deciso di farci incidere quel disco. Non c'era organizzazione né distribuzione, non venne fatta nessuna promozione se non qualche sporadico passaggio al programma radiofonico Supersonic. Ben presto perdemmo ogni tipo di fiducia e di entusiasmo e arrivammo all'inevitabile scioglimento. Io mi considero fortunato per essere rimasto, in qualche modo, nell'ambiente musicale."
Fiore di Metallo alterna pezzi più tradizionalmente melodici con altri molto studiati ed incalzanti. C'erano forse due anime nel gruppo?
"No, eravamo anzi molto uniti; intendevamo volutamente proporre al pubblico una parte di noi un po' più dolce e un'altra dotata di maggiore vivacità."
Alcuni testi parlano - sia pure in modo non banale - di amore; altri, però, si rivolgono con attenzione verso i problemi del mondo e della società…
"Innanzitutto ti dico che i testi furono composti da mio fratello Franco; essi, per noi, non fungevano solo da elemento complementare alla musica: ci tenevamo a dire qualcosa di sensato e non scontato."
Com'era, all'epoca, la situazione concertistica in Italia? Sussisteva già l'annosa impossibilità di proporre una certa musica?
"Per quanto ci riguarda, purtroppo ci scontrammo col boom delle discoteche. Potrà sembrarti strano, ma già nel '73-'74, quando ci esibivamo dal vivo nelle sale, la gente cominciava ad interpretare la musica in modo totalmente diverso, non voleva ascoltare ma solo ballare. Fu sicuramente uno dei motivi maggiori di frustrazione e scoraggiamento."
A parte PFM, Banco e Orme, il movimento rock italiano degli anni '70 non ha attirato le grandi masse…
"La ragione principale credo vada ricercata nella diffusa esterofilia che allora imperava. Anche oggi il problema sussiste, ma senz'altro in maniera meno totalizzante di qualche tempo fa."
Suonate ancora, voi ex-membri dei Califfi?
"Spesso capita che io e il chitarrista Vincenzo Amadei ci si ritrovi a suonare, per divertirci; con mio fratello un po' meno. L'organista Sandro Cinotti invece fa pianobar a buoni livelli."
Ci sono, oggi, delle nuove band dedite al rock progressivo: Arcansiel, Ezra Winston, Nuova Era, e tante altre. Cosa ne pensi?
"Sinceramente non le conosco; ho solo sentito nominare i Nuova Era ma non sono assolutamente in grado di esprimere un giudizio. Spero comunque che questi fermenti possano portare a uno sbocco concreto, anche se qui in Italia non è facile, a causa della cronica mancanza di strutture."
Chiudo con un giochino. Io sono un dirigente di una major e sono qui per offrirti un contratto vantaggioso per un nuovo disco, con relativa tournée, per i riformati Califfi...
"Perché no? Se tu mi avessi fatto questa "proposta" anni fa, ti avrei senz'altro risposto di no, ma oggi qualcosa è cambiato. Pensa a una trasmissione come
Una rotonda sul mare: i nostri amici della Formula 3 (all'epoca mi insegnò tantissimo il batterista, Toni Cicco) si sono riproposti perché hanno avuto questo tipo di stimolo. O anche lo stesso Maurizio Vandelli. Quindi, per quanto riguarda noi... perché no?"

Francesco Fabbri

(aggiornamento: di fatto, la formazione di "Fiore di Metallo" non si è mai più ricostituita. C'è stato spazio solo per un concerto in un locale fiorentino eseguito dalla line-up del periodo beat - certo quella di maggior popolarità - comprendente il noto Paolo Tofani [poi negli Area] alla chitarra, Giacomo Romoli alle tastiere e Carlo Felice Marcovecchio [futuro Campo di Marte] alla batteria, oltre appunto a Franco Boldrini al basso ed alla voce. Ma, come detto, si è trattato unicamente di un'episodica rimpatriata.)

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