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VIII: Rifugio Cauriol - Forcella Canzenagol - Cadinon e ritorno (a piedi)
Gran belle
gite le due ultime, sia quella dedicata al Sella Ronda in bici,
sia l'altra che mi ha visto affrontare le ferrate della Roda di
Vael e del Masaré. Senz'altro significative come performances
sportive in sé, ma purtroppo con un unico, grosso neo, almeno
dal mio punto di vista: l'impossibilità di ritagliarsi momenti
di autentica solitudine. A questo punto ben si comprende come
io abbia voluto ricercare sensazioni completamente diverse per
questa ottava gita. La Val di Sadole costituisce da diversi anni
uno dei punti di partenza che prediligo per raggiungere le splendide
vette dei miei adorati Lagorai. Per quanto concerne la destra
orografica della valle, avevo già salito il Cauriol (2000), il
Cardinal
(2003), la Busa
Alta (2002)
e il Canzenagol
(2004). Mi mancava ancora solo il Cadinon per completare l'opera.
Tale cima è la più bassa del lotto e forse per questo poco considerata,
ma per me non esistono Lagorai 'maggiori' e Lagorai 'minori':
qui è tutto assolutamente e stupendamente 'maggiore'! Alle otto
e mezzo lascio dunque la macchina ai 1600 metri del Rifugio Cauriol
e mi incammino lungo quel sentiero 349 che ormai conosco bene.
Stavolta, a differenza dell'anno scorso, non perdo inopinatamente
la traccia: ricordo alla perfezione (ahimè) che dopo un centinaio
di metri c'è un segnavia ben poco visibile che guida al di là
di un rivo, sulla sinistra. Presto mi ritrovo in quel folto sottobosco
che alla mattina, a causa della sua esposizione a nord, so già
essere completamente fradicio di rugiada. Oggi, poi, l'umidità
è parecchio alta, come testimoniato dall'ampia velatura del cielo.
La salita è costante e il terreno un po' malagevole a causa del
bagnato che geme in abbondanza dalla vegetazione: dopo una mezz'oretta
mi ritrovo letteralmente inzuppato dalle ginocchia in giù. Ecco
il bivio: a destra andrei verso la Busa Alta; io devo invece proseguire
a sinistra, sempre lungo il 349. Il percorso si fa adesso più
ampio e panoramico, puntando in quota a una suggestiva, desolata
pietraia compresa fra la vetta del Canzenagol e una sua anticima
più a nord. Il silenzio è assoluto e perfetto. Sul sentiero sono
disposti con regolarità dei grossi lastroni, il che mi fa capire
che mi trovo su una di quelle vie militari della Grande Guerra
che qui abbondano. Affacciandomi oltre la cresta del Canzenagol,
finalmente scorgo le due cime del Cadinon: il toponimo è dovuto
appunto al largo 'catino' formato dalle due elevazioni.
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Le due vette del Cadinon: la più alta è quella a destra
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Il sentiero militare poco prima della Forcella Canzenagol
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La mèta non
è lontana, ma c'è da camminare ancora un po'. Devo calarmi a un'insellatura
presso la quale trovo un cartello che indica la Forcella Canzenagol,
metri 2220, non riportata sulle carte in mio possesso. Il luogo
merita una sosta con relativa esplorazione: i segni della Prima
Guerra Mondiale sono evidentissimi, fra trincee, caverne e postazioni
di tiro, il tutto in ottimo stato di conservazione.
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Trincea presso la Forcella Canzenagol
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Postazione di tiro presso la Forcella Canzenagol
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E' tempo di
proseguire; risalgo il 'catino' nel suo punto centrale e da lì in
pochi minuti raggiungo i 2322 metri della vetta più alta, quella
di destra (sud). Inutile dire che non ho incontrato assolutamente
nessuno, pertanto anche in cima mi ritrovo isolato e quindi appagato.
Nel frattempo il cielo s'è fatto parzialmente minaccioso e alcuni
nuvoloni neri indugiano verso est, laddove i Lagorai culminano nella
Cima di Cece, la più alta di tutto il gruppo. Un'occhiata ai tempi:
dal Rifugio Cauriol alla vetta ho impiegato appena due ore e venti,
soste comprese. E' ancora un po' presto per mangiare, così ne approfitto
per riempirmi gli occhi e lo spirito con le incomparabili visioni
selvagge che offrono questi luoghi. A parte il già menzionato crinale
destro della Val di Sadole, dal lato opposto si distingue il Castel
delle Aie e i più vicini - ma meno accentuati - Becco delle Aie
e Mandriccione. Mi volto e, proprio sotto di me, c'è il pittoresco
Lago delle Trote, i cui colori cambiano in continuazione a causa
dei giochi di luce del sole e delle nuvole in perenne movimento.
Giro il consueto videoclip di vetta e faccio un leggero spuntino,
terminato il quale una schiarita mi consente finalmente di distinguere
i particolari a oriente: il Lago Brutto, il Coltorondo, la Cima
Moregna e via via fino alla Cima di Cece. Oltre no, perché le condizioni
meteorologiche si mantengono abbastanza instabili.
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In vetta al Cadinon. Alle mie spalle il Coltorondo
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Dopo un'ora
di sosta ritorno con calma sui miei passi. I caratteristici massi
porfirici dei Lagorai contrastano col verde intenso dell'erba, tratteggiando
un paesaggio lunare davvero fantastico. Eleggo una roccia a mia
fidanzata del giorno e la abbraccio affettuosamente! Poi l'attenzione
è richiamata da un grosso pezzo di bomba della Grande Guerra, il
cui ingente peso mi fa rinunciare all'idea di portarlo con me, limitandomi
a scattargli una fotografia.
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L'ammaliante paesaggio lunare dei Lagorai
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Grosso frammento di bomba della Grande Guerra
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Sono
ormai al limite superiore della vegetazione; il tempo è migliorato
e ne approfitto per fermarmi di nuovo mangiando ancora qualcosa.
Tacitato lo stomaco mi concentro sugli splendidi fiori, in particolare
sui cuscini violetti della saponaria, il vero simbolo dei Lagorai.
Ci sono anche dei rododendri, talora infestati da un caratteristico
fungo parassita, l'Exobasidium rhododendri, che riduce il fiore
a un informe massa giallo-rosea. Mi addentro nel sottobosco, che
a quest'ora fortunatamente ha avuto il tempo di asciugarsi, e infine
sbuco senza problemi al Rifugio Cauriol. Mi sposto alla vicina Malga
Sadole, presso la quale c'è un'antica fontana a cui dedico una foto.
L'iscrizione riporta: Standeschützen
Compagnie, Primiero, 15-3-1915.
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La saponaria, fiore simbolo dei Lagorai
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Un grosso esemplare di Exobasidium rhododendri
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L'antica fontana presso la Malga Sadole
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Sono le tre meno dieci: la gita è stata più corta del solito, ma non per questo meno appagante.
[Dolomiti 2005]
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