Tornano a funestare i nostri sonni le adeptiche rivelazioni racchiuse in Anno Demoni, caposaldo dell'italico dark dalla vita tormentata: composto ed inciso nel corso di dieci anni, venne rifiutato dalla RCA nel 1979 a causa dei contenuti estremi. Nel 1992 se ne ebbe una tiratura limitata in LP, oltre a una in CD su Mellow con monicker errato (Jacula anziché Antonius Rex).
La presente riedizione va segnalata poiché include alcune tracce aggiuntive di grande interesse, a cominciare dai quasi otto minuti di "Gloriae Manus", posti in apertura: un vento che soffia sinistro funge da preludio a una macabra melodia per pianoforte, cui segue l'organo accompagnato da squassanti percussioni. Un espressionistico clavicembalo introduce a una brividosa litania in latino, recitata da Antonio Bartoccetti. Il tutto costituirebbe un'ideale colonna sonora per un horror gotico, ambientato in antichi castelli, e lo stesso si può dire a proposito della malinconica nenia cantata da Doris Norton in "Jacula The Witch", ricollegabile a "Jacula Valzer" di
Tardo Pede In Magiam Versus: un pezzo d'indubbio fascino, pur nella sua semplicità. Occulti misteri sono suggeriti nella lunga title-track, dove un oscuro organo cita fra l'altro il "Dies Irae", ed in cui poi si rinviene qualcosa del cosmico ermetismo dark dei Tangerine Dream. "Soul Satan" (che col titolo "The Leaving" appare anche sull'unico disco degli Antares), benché presenti un interessante incastro di chitarra e basso in chiave solistica, appare ritmicamente un po' troppo schematica; si torna tuttavia a livelli di eccellenza con la raggelante "Missanigra", dotata di un'atmosfera che più dark non si può, mentre di "Ego Sum Qui Sum" colpisce il lento incedere dell'organo, ben sottolineato da un violino da oltretomba. Troviamo infine due... "malus tracks", ovvero entrambe le facciate del mitico 45 giri degli Invisible Force, uscito nel '72 dopo Tardo Pede In Magiam Versus di Jacula. "Morti Vident" e "1999 Mundi Finis" non sono altro che le rielaborazioni rispettivamente di "Praesentia Domini" e "U.F.D.E.M.", contenute nel suddetto album.
Come già per
In Cauda Semper Stat Venenum, anche per Anno Demoni non si può tacere che devono essere stati compiuti diversi interventi di miglioria e restauro del master originale, e questo spiega la strana "attualità" di certi riverberi ed effetti. Ma in nessun modo ciò va ad inficiare il valore del disco, forse il più nero fra quelli concepiti dall'inquietante duo Bartoccetti/Norton. Altri, forse, possono aver raggiunto vette artistiche superiori nel corso degli anni '70, nondimeno il gusto del macabro - pur bizzarro o naïf secondo taluni - che aleggia nelle opere a firma Jacula e Antonius Rex rimane unico.

Francesco Fabbri - maggio 2002

Con Neque Semper Arcum Tendit Rex scopriamo un altro 'tassello mancante' nella storia discografica dell'oscura congrega a nome Jacula / Antonius Rex. Se, infatti, Anno Demoni copriva temporalmente il periodo '69-'79 a livello compositivo, è pur vero che non si era a conoscenza di uscite discografiche fra Tardo Pede In Magiam Versus ('72) e Zora ('77). Distribuito nel 1974 in tiratura confidenziale, il lavoro qui rieditato giunge ora a colmare quel vuoto.
Se
Anno Demoni vi aveva intimorito, Neque Semper vi terrorizzerà! I connotati sonori possono dirsi in qualche modo analoghi, ma l'apparato testuale è a dir poco sconvolgente... Fin dalla title-track vengono declamate ermetiche e minacciose verità, nell'apocalittica ambientazione creata dalle lunghe note dell'organo trasportate da un vento ultraterreno. La sabbathiana chitarra di Antonio Bartoccetti sa il fatto suo, e si lascia apprezzare tanto in fase di riff che in chiave solistica. "Pactus" sembrerebbe rispettare i medesimi canoni, ma poi vengono sviluppate inconsuete evoluzioni jazz/ambient/psych su un discreto substrato percussivo. La greve "In Hoc Signo Vinces" richiama il modulo di "Triumphatus Sad" (da In Cauda), però è curioso ed interessante il contrappunto fra la feroce sei corde del leader e le aeree divagazioni tastieristiche. Gli è simile "Non Fiat Voluntas Tua", dove organo, moog e chitarra agiscono all'unisono suscitando un'intensa emozione, ma l'apogeo del disco è in "Devil Letter". Lugubri folate, tintinnii di catene, colpi, passi solitari, porte cigolanti che si aprono: tutto è funzionale al diabolico clima evocativo instaurato dalla lettera riportata in copertina. Coraggioso l'inserimento di lunghi secondi di totale silenzio, che in seguito lasciano spazio ad attimi di caos e ad una sardonica risata. E dulcis (si fa per dire...) in fundo, pare di venir precipitati nel bel mezzo di una scenografia da horror-movie con "Aquila Non Capit Muscas".
Neque Semper è dunque opera velenosa come poche; chi rimanesse dubbioso circa la sua reale datazione, considerando i modernismi timbrici soprattutto del pianoforte e delle percussioni, può andarsi a leggere l'intervista che ho ritenuto opportuno fare ad Antonio Bartoccetti. Ad ogni buon conto, più che su repentine variazioni sonore il fascino di quest'opera risiede nell'alone estremo che la avvolge. Per molti, ma non per tutti...

Francesco Fabbri - febbraio 2003

Atto conclusivo della tormentata vicenda a firma Antonius Rex, Praeternatural si svela finalmente al grande pubblico con le preziose peculiarità che lo contraddistinguono. Da un disco originariamente editato nel 1980 ci si poteva forse attendere qualcosa di diverso dalle opere precedenti, sia sul piano compositivo che su quello meramente sonoro, invece Praeternatural risulta in definitiva prossimo al prometeico spirito che ha (ri)animato non solo le creature Neque Semper Arcum Tendit Rex e Anno Demoni, ma pure la jaculiana In Cauda Semper Stat Venenum! A questo punto, da un simile paradosso temporale emerge un logico dubbio: sono irrevocabilmente Zora e Ralefun le figlie bastarde? O il lavoro odierno di 'ritocco' in studio è stato decisivo?
Ma si tratta di domande oziose, laddove ci si concentri, com'è doveroso, sui cospicui e meritevoli contenuti di
Praeternatural. Ad eccezione di "Vox Populi", pura narrazione (in inglese) della storia e degli intenti alla base della parabola artistica di Jacula e Antonius Rex, e fatte salve anche le consuete parentesi declamatorie all'interno dei pezzi, il disco è sostanzialmente strumentale: qui più che altrove, infatti, assistiamo ad una ricerca effettistica che poi ritroveremo, non a caso, nei primi LP di Doris Norton. Ad esempio nei dieci minuti di "Halloween" un synth volutamente monocorde instilla brividi a fior di pelle, prima di cedere il passo a una macabra cavalcata condotta dagli archi e dal pianoforte; la tensione sale ancora quando il riff è doppiato dalla chitarra elettrica di Antonio Bartoccetti, artefice di un bell'assolo, ed appare notevole pure il pianoforte emersonian-simonettiano nel finale. La breve "Falsum et Violentia" è in pratica una variazione sul celeberrimo tema di Halloween (quello di Carpenter), mentre con la title-track abbiamo il capolavoro. Bartoccetti e la Norton non si fanno problemi nell'innalzarsi verso quei territori cosmici già cari ai Tangerine Dream, poi un'impressionante recitazione annuncia la nascita di un essere preternaturale. Segue un grandioso tema per organo e chitarra, davvero molto dark: si possono unire Bach e Black Sabbath? Certo, e qui v'è la dimostrazione. Si permane su livelli d'eccellenza con gli incubici dettagli di "Montsegur Legend", prima dell'altra suite "Capturing Universe", nel corso della quale sembrano spalancarsi remote segrete di diroccati manieri medievali. Un vocione sintetizzato, cui si accompagna l'aggressiva chitarra, si alterna con un solenne organo molto à la Goblin e a cori quasi gregoriani. Ci ritroviamo di nuovo immersi nelle profondità siderali, ma forse nella loro dimensione più nera e incubica, con gli undici minuti di "Invisible Force": la voce di un bambino (l'essere preternaturale è ora fra noi? Proviene dallo spazio?) si perde fra usci scricchiolanti, e il consueto connubio piano/archi è magicamente intriso di pathos. Viene inoltre accennato un tema che sarà riutilizzato, di lì a poco, nella carriera solistica della Norton ("Hypnotised by Norton", in Parapsycho, e "Erosraptus", in Raptus).
L'orrido e il sovrannaturale si celano ovunque: anche dai normali disegni delle pietre di un antico muro - vedi il booklet - possono emergere creature poco rassicuranti. E forse non è finita qui...

Francesco Fabbri - gennaio 2004

Da sempre avevo pensato che la musica di Antonius Rex possedesse forti connotazioni visive. Magic Ritual, nel suo poco comune supporto DVD plus (in pratica un DVD e un CD audio sui due lati di uno stesso dischetto ottico), giunge adesso come logica testimonianza dell'evoluzione comunicativa da parte dell'enigmatica congrega marchigiana. Il lavoro, alquanto sorprendente sotto molti punti di vista, ha avuto un concepimento assai lungo: le note interne dicono che il cortometraggio è stato girato da Doris Norton nel 1976-77, che la colonna sonora di Antonio Bartoccetti, pur composta all'epoca, è stata incisa solo nel 1990, mentre la produzione e il digital editing risalgono ai giorni nostri e sono stati affidati al figlio del duo, ossia Rexanthony, che ha anche inserito nuove parti.
A giudicare dal risultato finale, l'apporto di quest'ultimo appare decisivo. Il video dell'opera è molto moderno e non fa fatica a inchiodare alla poltrona lo spettatore, in virtù delle shockanti sequenze che si affastellano a ritmo frenetico. Particolarmente sinistre, nell'ottica 'passatista', sono comunque le scene rituali, come quella in cui troviamo una donna, distesa sopra un catafalco, su cui viene officiata un macabra cerimonia da parte di un'inquietante setta. Vi sono poi dei frammenti che, seppur nella loro brevità, sono preziosi in quanto ci mostrano gli Antonius Rex dal vivo negli anni '70. Il resto è un rutilante accavallarsi di varie immagini-simbolo: il pugnale col manico a zampa di caprone, il castello, il vampiro, il medium, la lettera del 1624 firmata Asmodeo... Un bel guazzabuglio con riferimenti a sesso e sangue più o meno espliciti, orbitante di norma in quel glamour grandguignolesco caro a Alice Cooper, Death SS e Marilyn Manson. Benché ricorra la figura dell'adepta, appare talora arduo rinvenire un'autentica trama; se a ciò si somma la cospicua effettistica digitale che va a edificare questo tonitruante delirio, allora si comprende come alla fine della proiezione paia di aver assistito più che altro a un videoclip dilatato fino a 25 minuti, che verosimilmente avrà una grande presa sul pubblico giovane. Invece ai vecchi appassionati che, memori di tracce quali "Jacula Valzer", pensavano di ritrovare quelle immobili atmosfere che hanno caratterizzato il cinema gotico italiano del passato, da Mario Bava in poi, è necessariamente richiesto uno sforzo maggiore: se, tuttavia, tale esercizio sarà ben condotto, la consapevolezza di aver ca(r)pito l'universo creativo di questi singolari artisti darà i suoi frutti.
Quanto al puro aspetto sonoro, il lavoro dell'ensemble è ancora una volta di primo merito. In armonia con le turbinose immagini che si susseguono, vengono sprigionate inusitate inclinazioni tecnologiche, quasi
industrial; troviamo poi un fantastico riff chitarristico sabbathiano, davvero assassino: uno dei migliori mai partoriti da Antonio Bartoccetti! Ottimo anche il drumming di Jean Luc Jabouille che lo sottolinea, come pure l'inserto di piano solistico (courtesy of Rexanthony). Sapientemente dosati i cori para-gregoriani che accompagnano l'opera, davvero distanti dal dark-kitsch di Enigma ed Era, e che anzi accentuano il malsano clima generale, freddo come l'interno di una bara.
Un saggio di perversa eversione, destinato a far parlare a lungo di sé.

Francesco Fabbri - marzo 2005

Concettualmente identificabile come logico seguito di Magic Ritual, di cui rifinisce le intuizioni sonore, e beninteso non solo quelle, Switch on Dark costituisce il vero, assoluto manifesto dei "nuovi" Antonius Rex. Attraverso l'ora in cui si dipana l'opera, gli incubi segreti, le mistiche ossessioni, le arcane rivelazioni del combo trovano un'ideale messa in scena.
Il CD inizia subito con un grande pezzo. "Perpetual Adoration", dopo luttuosi rintocchi di campane a morto, si distende in un evocativo connubio di chitarra acustica e pianoforte, quantomai orrorifico e atmosferico. Ciò prelude, secondo uno schema che ritroviamo anche nelle altre tracce, all'entrata della cupa chitarra elettrica e delle ritmiche moderne. Davvero un imponente saggio di lugubre techno-ambient del terzo millennio! Nera come la pece è la rumoristica avanguardia della più concisa "Damnatus in Aeternum", realmente terrificante nelle sue improvvise deflagrazioni, ma è con gli oltre 19 minuti della title-track che lo sforzo compositivo si fa massimo. Il mosaico è perfetto: l'ipnotica litania, le lunghe, jaculiane note d'organo, gli archi decadenti... Quando le scansioni diventano marziali, pare un cinereo accompagnamento verso un immaginario patibolo; ottime le parti solistiche della chitarra ed azzeccata l'alternanza fra maligni vocioni e aerei cantati femminili. "Darkotic" parte con la consueta effettistica che condisce aromi acustici; dopo la decadente orchestrazione, esplode un funebre dark-metal dove i cori, densi di occultismo, giocano un importante ruolo. Si vive un angoscioso... quarto d'ora con "Fairy Vision": la pioggia e un inquietante, parossistico respiro fomentano il clima d'attesa, rendendolo pregno di emotività; la ripresa dei temi già ascoltati avviene in chiave ancor più infernale, e un epico organo sottolinea probantemente il tutto, insieme a quegli accenti para-gregoriani che caratterizzano pure la conclusiva "Mysticdrug". Oltre al CD, nel digipack troviamo anche un DVD che contiene il videoclip di "Perpetual Adoration": di forte impatto e realizzato in maniera davvero professionale (anche se il look del protagonista maschile sembra un po' quello del commissario Montalbano), costituisce la più palese dimostrazione di quanto accennavo all'inizio, ovvero la continuità programmatica con la precedente release, dato che vi si narra un'iniziazione.
Per chi avesse avuto ancora dei dubbi in proposito, con
Switch on Dark appare inconfutabile che Antonius Rex ha definitivamente forgiato un proprio stile, lontano da paternità putative, originale e del tutto riconoscibile. Se a ciò si aggiunge l'eccellenza dell'incisione, non si può non concludere con due sole parole: decisamente consigliato!

Francesco Fabbri - novembre 2006

[ARTICOLI]